STEFANIA SAPORA

       COGITO ergo SUM.....ergo DIGITO

 

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Presentazione del film “Il pranzo di Babette”, Danimarca 1987, (dal romanzo “I capricci del destino”, di Isak Dinesen, in arte Karen Blixen, 1958), regia di Gabriel Axel, con Stephane Audran, Bodil Kijer, Birgitte Federspiel, Jean-Philippe Lafont, Jarl Kulle, Bendt Rothe, Ebba With, Gudmar Wivesson, premio Oscar come miglior film straniero.

 

Come fa una donna giovane e capace, abituata a vivere nella Parigi della Belle Epoque, ad adattarsi al grigiore e alla rigidità fine ‘800 di una chiusa, misogina e sessuofobica comunità di luterani norvegesi che la limitano nel ruolo di governante?

Su questa curiosità sociologica e psicologica si regge tutto lo svolgimento scenografico e di sceneggiatura del film “Il pranzo di Babette”. Un film che trasmette una certa angoscia da repressione, in cui ogni scena è ridondante per sottrazione di emozioni e di sentimenti, e in cui prevale appunto una certa meravigliata sofferenza nello spettatore per la limitata libertà di espressione e di pensiero di tutti i protagonisti, nessuno escluso, anzi una libertà negata perfino agli ambienti sia esterni che interni, e agli animali, che devono adattarsi alla repressiva e chiusa mentalità dei padroni.

Un film cupo, dunque?, o piuttosto in cerca di una catarsi da sovrabbondanza  che riscatti il grigiore dell’integerrima comunità? La cura e l’attenzione spasmodiche con cui Babette prepara il lauto e ricercatissimo pranzo del titolo conducono lentamente ma inesorabilmente i protagonisti, nella lunga e attesa preparazione del cibo e della tavola, quasi sospesa in un’atmosfera magica, a un’apoteosi di emozioni e di sensazioni nello spettatore e nei protagonisti che come un inno alla vita sconfigge definitivamente e per sempre il senso di morte che aleggiava in ciascuno e in tutti i luterani, profondamente mutati nell’animo dall’incontro con questa parigina generosa che proprio con questa sua generosità e fastosità della rivelazione delle proprie eccelse capacità culinarie consuma la più sottile delle vendette: quella della vita.

 

Novembre 2011

 

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