STEFANIA SAPORA

                 COGITO ergo SUM.....ergo DIGITO

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Tesi di Laurea

 

 

Le forme dell’oggettivazione

 

La dimensione epistemologica nella filosofia di Georg Simmel

   

Di Stefania Sàpora

 

 

 

 

Parte 1 (fino a cap. 4 incluso) e 2

Indice

Indice...........................................................p.1

Premessa......................................................p.7

      Introduzione. La filosofia come critica della conoscenza

e il  suo rapporto con le  altre scienze.............p.17

Capitolo   primo.   Il   ruolo   dell'apriori      nella

conoscenza...................................................p.25

   1.1 Il concetto  di apriori in Georg  Simmel  e  il  suo

            rapporto con l'apriori kantiano…..................p.25

1.2 Il concetto  di  apriori in  Georg Simmel  e  il  suo

rapporto con Cassirer…............................p.31

1.3 La  relativizzazione  dell'apriori  e l'oggettività

della conoscenza....................................p.34

1.4 La storicità dell'apriori......................p.38 1.5 L 'apriori     come   distanza    tra   soggetto    e

oggetto................................p.35

Note al capitolo primo. ..........................p.49

Capitolo secondo.  L'oggettivazione  come  processo:  il

rapporto soggetto-oggetto......................p.52

2.1 La rappresentazione  come  forma  fondamentale   del rapporto dell'uomo col mondo.............p.52

2.2 Differenziazione  e  interrelazione nella fondazione

                                    di soggetto e oggetto.............................p.57

2.3 Il  rapporto  essere  e  pensiero:  l'oggettivazione

                             come astrazione.........................p.60

2.4 L 'oggetto  come  forma,  la  conoscenza  come   dare

                        forma…...........................................p.69

2.5 L 'oggetto come limite........................................p.74

2.6 Il senso della conoscenza come 

                           oggettivazione.............................p.76

   

2.7 Il    fenomeno    come    costruzione   gnoseologica

plurale.....................................................p.79

Note al capitolo secondo............................p.89

Capitolo terzo.   L'oggettivazione   come      categoria

costitutiva del terzo mondo........................p.93

 3.1 Essere    e    valore      come    modi       della

rappresentazione...........................p.93

3.2 La      costituzione    di    un    terzo   mondo di

rappresentazioni oggettive.................p.100

3.3 Il  dualismo  tra  essere e  valore: essere e valore

                                          come mondi della rappresentazione......p.110

3.4 Essere  e   valore  come  criteri di valutazione. 

Il superamento del dualismo tra le rappresentazioni dal

lato  delle  idee:il giudizio e il terzo mondo dei  

                                             contenuti ideali.............p.116

3.5 Il superamento del dualismo  dal lato del soggetto:

il   concetto  di   anima  o   Individuum    metafisico

............................................................p.130

 

 

3.6 Il superamento del dualismo  dal lato dell'oggetto:

la connessione tra terminus a quo e terminus ad quem

        ...................................................................p.136

3.7 Essere  e valore come criteri di rappresentazione e

criteri    di    valutazione dei   fenomeni per  la

costituzione  del mondo dell'essere e del mondo del

valore..........................................................p.141

Note al capitolo terzo……...........................p.145

 

 

Capitolo quarto.  L'oggettivazione dei contenuti logici

del pensiero……........................................p.151

4.1 Il rapporto   tra  scienza  e   senso comune  e  il

prospettivismo della verità……………...................p.151

4.2 La verità   dal   punto  di   vista  della singola

Rappresentazione……………...............................p.157

4.3 Il concetto coma forma........................p.162

 

 

4.4 La forma come universale concreto........p.166

              4.5 Il  fenomeno,  punto   di  incrocio di innumerevoli

linee interpretative………………...........................p.171

4.6 Il  passaggio   dalla   sostanza  alla     funzione

...................................................................p.175

4.7 Il significato della funzione come valore: l'essere

per il soggetto...............................................p.177

4.8 Il    significato  della funzione come rapporto: il

concetto come forma di unione delle rappresentazioni

La forma-funzione..........................................p.179

4.9 Il rapporto tra concetto e idea: la connessione tra

intelletto e volontà nella conoscenza.................p.183

4.10 Il rapporto  tra concetto  e legge: la legge  come

forma    del   rapporto  tra  le   rappresentazioni

....................................................................p.186

4.11 La  verità   come     rapporto   tra  le  singole

rappresentazioni   che   formano  un   sistema  di

conoscenza. Verità della singola rappresentazione e

verità del sistema: il rapporto   tra   il  singolo

contenuto di conoscenza e il sistema……...........p.191

 

 Capitolo quinto. ..................................................p.214

5.1 Oggettivazione  dei  valori:  il  rapporto  fra  la

conoscenza  come  oggettivazione  dell'essere  e la

conoscenza  come forma di oggettivazione del valore

...................................................................p.

5.2 L 'intersoggettività  delle forme della cultura: la

forma come ponte tra soggetti.................p.

5.3 La forma culturale come valore.................p.

 5.4 Il problema del livello della riflessione sul tema

vita-forme: la distinzione tra Leben e Erleben, tra

rapporto e contrasto, tra metafisica e psicologia..

............................................................................p.231

5.5 Conclusioni:   inversione   di   lettura dal Simmel

epistemologo al Simmel metafisico............................p.237

Note al capitolo quinto...................................p.2

 Bibliografia................................................................p.2

 

 

 

 

 

   Premessa

   

Il tentativo di questa tesi è quello  di rintracciare, attraverso la multiforme produzione simmeliana, e con particolare riferimento alla Filosofia del denaro, una teoria della conoscenza di Simmel a partire dalle riflessioni che con asistematicità (1) egli ha inserito in scritti finalizzati ad altre tematiche.  Nel pormi questo obiettivo, più di una volta mi è  sembrato legittimo interpretare e traslare sul piano più propriamente gnoseologico ed epistemologico osservazioni e teorizzazioni dell'Autore che, almeno non esplicitamente (2), non vi facevano riferimento. Il metodo che ho tentato di applicare è stato quindi quello di una meta-riflessione, di un meta-lavoro sulle categorie epistemologiche che Simmel usa in argomentazioni non sempre epistemologiche. 

Di Simmel, infatti, pur nella produzione vastissima di temi e di opere,   non abbiamo    alcuna    elaborazione sistematica di una teoria della conoscenza, che ciononostante ha il pregio di essere estremamente ricca di prospettive e di spunti nell'ottica di una moderna filosofia della scienza, e che si inserisce a pieno titolo in quel generale movimento di rinnovamento e di distacco dai grandi sistemi idealistici che ha caratterizzato la cultura filosofica mitteleuropea a cavallo tra Otto e Novecento.

E' forse questa mancanza di uno studio monograficamente concepito e di una riflessione sull'epistemologia linearmente esposta dall'Autore il motivo della lacuna (3) che si riscontra al livello di  bibliografia critico-teorica su questo tema che pure, come si vedrà, emerge in Simmel con evidenza se non con prepotenza, nonostante la frammentarietà che lo caratterizza.  Di Simmel si conoscono in Italia soprattutto gli scritti sociologici, che hanno contribuito nell'ambito della cultura filosofica a relegarlo in un ruolo di secondo piano - rispetto ad un contributo più solido e decisivo che la sua produzione scientifica pure presenta - specialmente per il riguardo in cui sino a non molto tempo   fa    erano   tenute nel nostro Paese le scienze sociali.

O viceversa vi è noto il Simmel metafisico della Intuizione della vita, votato però a un rapido oblio  in Italia dopo gli anzi '50, come residuo di un atteggiamento che la cultura post-bellica sconvolta da quegli orrori non esitò ad allontanare da sé col marchio dell'irrazionalismo (4). Tant'è che proprio questo testo, nel quale comunque si possono individuare tracce di un Simmel epistemologo, come vedremo, è tuttora ancorato a una vecchia traduzione italiana risalente al 1938 e tra l'altro pressoché introvabile.

Il giro d'orizzonte, vasto, all'interno del quale si collocano queste pagine è dunque quello del problema epistemologico della possibilità della conoscenza e, quindi, della scienza.

La prospettiva adottata è quella di un relativismo che rivede i tradizionali concetti di oggetto e di soggetto, di verità e di oggettività, alla luce della categoria

di funzione, che in questo taglio diviene centrale appunto per il suo carattere aperto che riempie quei concetti di contenuti mai definibili a priori, ma sempre a   partire   dall'interrelazione   dei   loro  campi di significato.

Si chiarisce dunque come, con la centralità assunta dal concetto di funzione, il ricorso a Georg Simmel si imponga per l'importanza che riveste nel dibattito culturale che ha condotto al rinnovamento del problema che qui ci interessa.

Un lavoro minimamente esaustivo su questo tema avrebbe dovuto prendere in considerazione molti altri autori che nel volgere del nostro secolo hanno contribuito alla crescita della riflessione non solo epistemologica nella direzione di un'autoconsapevolezza della storicità intrinseca delle categorie e delle prospettive della conoscenza. Autori che nel loro insieme costituiscono gli anelli per un'ideale prosecuzione di questo lavoro, necessari per ricostruire un quadro appena esauriente dell'orizzonte ideologico nel quale noi tutti ancor oggi siamo immersi, ma che pure nella coscienza comune non è penetrato in modo gravido di conseguenze, come invece è, o meglio dovrebbe essere, nel loro più profondo senso, delle acquisizioni culturali. Alla definizione di questo  quadro sarebbe altresì importante far contribuire  l'analisi  epistemologica  del  pensiero di autori e di settori di studio non specificatamente filosofici, o che con la filosofia hanno intrattenuto rapporti solo marginali, quando non addirittura l'analisi epistemologica dell'apparato metodologico di studiosi gravitanti nell'ambito delle scienze naturali (5). In quest'ideale prosecuzione del lavoro è implicita infatti la convinzione che un vasto movimento culturale sotterraneo, le cui implicazioni vanno ben al di là della consapevolezza situazionale di alcuni autori e di alcuni lavori, ha investito il vecchio continente segnando quella profonda frattura tra Otto e Novecento che la coscienza comune non ha ancor oggi gli strumenti per elevare a nuova sintesi. Ed è altresì implicito il tentativo, forse destinato a rimanere incompiuto perché centrato su di un processo di autoriflessione ancora in fieri, di ricostruire di questo movimento, con un taglio filosofico, i fili dispersi anche oltre il campo specificamente filosofico.

La gratuità di un tale impegno, qualora fosse assolto, mi sembra nulla, come e' forse potuto emergere dalle considerazioni poco sopra sviluppate: le implicazioni morali lo inserirebbero a pieno titolo nel quadro della riflessione sulla crisi dei valori e della generale ricerca di certezze. Il suo contributo potrebbe allora esser quello di una certezza dell'incertezza, se ci si lascia passare il gioco, ossia di un'assunzione consapevole (6) e dunque fondante dell'incertezza, di un rivolgimento positivo del suo senso ultimo.

La mole di un lavoro di tal fatta, e la necessità di una riflessione che spero impostata scientificamente, hanno richiesto una drastica riduzione delle ambizioni e quindi dell'ambito di ricerca effettivamente affrontato in questa sede, del quale si sono comunque volute indicare fui alcune delle possibili linee di sviluppo. 

Venendo ora, prima di entrare nel merito del lavoro, ad alcune considerazioni preliminari, vorrei anticipare che il riferimento costante di Simmel non poteva che essere, in tale prospettiva, Kant, anche al di là dell'opera a lui espressamente dedicata in seguito al ciclo di lezioni tenute all'Università di Berlino nell'anno accademico 1902-1903 (7), tenendo conto che il suo ininterrotto interesse risaliva all'epoca della tesi di laurea, discussa nel 1881.  E l'orizzonte fornitogli dai neokantiani sembra servirgli più per mettere a fuoco le differenze che lo caratterizzano rispetto a questa corrente filosofica che per stabilire dei  punti ei contatto. Questi ultimi invece, anche se come d'abitudine non trovano conferme nelle note o in riferimenti bibliografici, possono forse essere rintracciati, come si tenterà di dimostrare, in alcune importanti problematiche di Ernst Cassirer e di Karl Popper, relative per il primo, alla trattazione dei concetti di sostanza e di funzione da un lato  e di simbolo dall'altro e per il secondo, alla concezione della conoscenza e alla teoria del terzo mondo.

 

Note alla premessa

1: La definizione di Simmel come filosofo asistematico, o "filosofo dell'impressionismo", pienamente inserito in questa corrente culturale, appartiene a Lukacs. Cfr. Lukacs G., "Ricordo di Simmel", in Arte e Civiltà, ISEDI, Milano, 1976, pp.117-122. Dino Formaggio la contesta suggerendo di sostituirvi semmai l'espressionismo, che come stile di un'epoca richiama molto più ha vicino il carattere tragico e contraddittorio proprio della filosofia simmeliana. Cfr.  Formaggio D., Introduzione a Simmel G., Arte e civiltà cit., pp.4 sgg.

2: Nell'opera simmeliana i riferimenti bibliografici sono scarsissimi per non dire nulli, mentre vi si possono individuare libere rielaborazioni e rimandi al pensiero di altri filosofi, richiamati a volte sulla semplice base di pure analogie tematiche o di contrasti. In un passo dell'Introduzione che Simmel scrive al suo I problemi fondamentali della filosofia, ILI, Milano, 1972, p.36, passo che inoltre mi conforta su una possibile legittimità dei paralleli e dei richiami da me esperiti al  pensiero di filosofi a volte lontanissimi dall'Autore, vi è forse una spiegazione di quest'atteggiamento. Riferendosi a un certo tipo di riflessione filosofica come ricerca originale, Simmel considera il "[...]  filosofo [colui] che cerca una propria soluzione [...]. Il suo scopo allora non e' affatto di indole storica, ma concretamente speculativa; cioè il problema non ha per lui valore solo perché Platone od Hegel lo abbiano discusso, ma, al contrario, Platone ed Hegel hanno valore per lui solo in quanto essi hanno discusso il problema. Perciò, nella corrente del suo pensiero le loro dottrine affioreranno solo come onde di forma particolare, senza infrangerne la continuità col porsi come fini a se stesse. [...] In tal modo il proprio movimento spirituale segnerà i contorni del pensiero tradizionale e potrà infondersi in esso, che senza tale trasfusione e consentimento rimarrebbe, nel suo fondo, inaccessibile."

 

3: Recentemente sono però uscite alcune pubblicazioni che trattano dell'argomento: Boella L., Dietro il paesaggio, Unicopli, Milano, 1989; Nedelmann B., ""Psychologismus" oder Soziologie der Emotionen? Max Webers Kritik an der Soziologie Georg Simmels", in Rammstedt O., Simmel und die fruhen Soziologen. Nahe une Distanz zu Durkheim, Tonnies und Max Weber, Suhrkamp, Frankfurt , 1988;   Segre S., Weber contro Simmel. L'epistemologia di Simmel alla prova della "sociologia comprendente", ECIG, Genova, 1937; Helle H.J., "Simmel di fronte a Marx. Une controversia sul metodo della macrosociologia", in Riv. "Annali di Sociologia", I, 1985, pp.211-228; Idem, Soziologie und Erkenntnisstheorie bei Georg Simmel, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmastadt, 1988; Boudon O., "La teoria della conoscenza nella Filosofia del denaro di Simmel", in Riv. "Rassegna Italiana di Sociologia", a.XIX, n.4, ott.-dic.1989, pp.473-501; Cavalli A., "Georg Simmel e Max Weber: un confronto su alcune questioni di metodo", in Riv. 'Rassegna Italiana di Sociologia" cit., pp.503-524. 

4: Simmel G., Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici, Milano, Bompiani, 1938.

5: Un itinerario trasversale di questo tipo è rappresentato dal lavoro di Valerio Tonini, La scienza dell'uomo dalla psicoanalisi alla cibernetica, Vallecchi, Firenze, 1968, cit. in Carlo Mongardini, Introduzione a Simmel G., Il conflitto della cultura moderna, Bulzoni, Roma, 1976, p.VII n.2, che ne riprende la definizione del 1900 come "anno zero" dal punto di vista culturale.

6: Banfi, che considerava Simmel filosofo della crisi,  parla di assumere la crisi con consapevole decisione teoretica. Cfr. Banfi A., "Il relativismo critico e l'intuizione filosofica della vita nel pensiero di Georg Simmel", in Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit. Alla crisi  Banfi, secondo l'interpretazione  di Formaggio, attribuisce il valore positivo di possibilità liberatoria per lo spirito verso  un  più  alto  senso della cultura. Riprenderemo questi temi nell'ultimo capitolo.

7: Simmel G., Kant. 16 lezioni tenute all'Università diBerlino, Milano, Unicopli, 1987.

Introduzione

La filosofia come critica della conoscenza e il suo rapporto con le altre scienze.

Affrontare un discorso sulla concezione simmeliana dello conoscenza   vuol dire  prima di tutto chiarire il significato che riveste in lui il concetto di conoscenza e indicare quale  scienza debba indagarne il campo e i problemi che in esso si presentano. E' infatti a partire dall'individuazione di tale scienza, e dall'indicazione dei rapporti che essa intrattiene con le altre scienze, che può venire in luce il significato che Simmel attribuisce alla conoscenza. Su quale sia questa scienza che per Simmel ha il compito di occuparsi della riflessione sulla conoscenza non sembrano esserci dubbi. Dice infatti espressamente l'Autore: "I presupposti della conoscenza in generale [...] evocano la presenza di una scienza di natura più fondamentale il cui scopo, collocato all'infinito, consiste nel pensare senza presupposti, scopo che la singola scienza si nega di raggiungere  in  quanto  non può fare alcun passo senza verifiche, quindi senza presupposti di natura sostanziale o di metodo. Anche la filosofia, però, che pure fa di questi presupposti il proprio oggetto di studio e di ricerca, non può trascenderli completamente. Qui si colloca il punto di volta in volta finale della conoscenza [che] non è mai determinato in modo definitivo." (1)

Come si deduce da questo brano, la filosofia ha per Simmel anche una direzione innegabilmente epistemologica: essa e' quella scienza che indaga i presupposti della conoscenza in generale. Al contrario delle altre scienze, che di questi presupposti si servono nelle loro ricerche, la filosofia fa di essi il proprio oggetto di studio. Di conseguenza, essa ha come suo principio la necessità di individuare questi presupposti e di sottoporli al vaglio della critica  (2) anche e soprattutto  quando essi  vengono assunti come tacito apparato metodologico nelle teorizzazioni scientifiche.

La filosofia è dunque quella scienza che nella sua espressione più pura si configura come critica della conoscenza.  Nel   pensiero   di   Simmel   si  potrebbe intravvedere però una tacita attenzione a non identificare tout court filosofia ed epistemologia: l'una comprenderebbe  l'altra, ma in essa non si esaurirebbe completamente.

Se quest'interpretazione è corretta, la delimitazione del campo più proprio della filosofia a pura epistemologia, a critica della conoscenza,  la pone su di un piano diverso rispetto alle altre scienze: scienza fondamentale che in questa ricerca degli apriori della conoscenza e dunque della scienza deve continuamente sottoporre i suoi stessi principi alla critica della ragione in un processo infinito che tende ad un irraggiungibile pensiero senza apriori. Solo per quanto riguarda la sua quota epistemologica la filosofia si distacca dalle altre scienze ed è ad esse superiore, mentre per tutta la restante parte, la filosofia rientra a pieno titolo nella conoscenza di cui come epistemologia deve indagare i presupposti. Si stabilisce quindi un circolo tra filosofia come epistemologia e filosofia come scienza: questa comprende quella ma e' a sua volta da quella sottoposta ad analisi. E' un problema  di campi e di piani, se volessimo visualizzare

simbolicamente questo multiforme rapporto tra le diverse scienze: la filosofia come epistemologia e' un campo a sé all'interno del più vasto campo della scienza filosofica tout court, e di quello ancor più vasto della scienza in generale,  e lo è e lo può essere in quanto si colloca su un piano qualitativamente diverso rispetto ad esse, diverso perché il suo oggetto tematico risulta l'autocritica dei principi, non la ricerca nel campo del fenomenico.

Riguardo a questo rapporto tra la filosofia come critica della conoscenza e la scienza in generale, si potrebbe stabilire un confronto tra la concezione simmeliana e quella di Ernst Cassirer. Cassirer, infatti, come Simmel si è occupato  di critica della conoscenza all'interno del medesimo orizzonte kantiano e come Simmel ha inteso relativizzare e funzionalizzare la conoscenza stessa. Ma a differenza di Simmel, ne ha affrontato in modo sistematico il tema, fornendo in questo campo importanti contributi di carattere sia storico che metodologico (3). Cassirer mi sembra importante per il discorso che stiamo conducendo perché sonda con una notevole strumentazione   non   solo   metodologica ma anche più propriamente tecnica il campo delle scienze esatte. I suoi lavori dunque appaiono come l'opera di una figura originale, quella del filosofo-scienziato, che attraverso la padronanza del sapere teorico delle scienze esatte ne ricostruisce da storico il cammino all'interno del corso della cultura europea mettendone in rilievo con una metodologia filosofica le acquisizioni teoriche come altrettante tappe dell'interpretazione della visione del mondo. Dunque a me sembra  che a proposito di questo rapporto tra filosofia come critica della conoscenza e scienza in generale si possa infatti rilevare che una stessa concezione di fondo sia comune anche a Cassirer, quando, riferendosi in particolare alle scienze empiriche, dice: "Certamente il vivo e diretto lavoro della ricerca si trova fin da principio in un punto di vista diverso e intende il problema, per così dire, da un lato diverso da quello della considerazione puramente gnoseologica. Ciò a cui esso guarda e a cui rivolge il suo interesse sono i nuovi campi di fenomeni che si tratta di scoprire, mentre può prendere i fatti noti come un patrimonio  acquisito  che, come tale, non ha bisogno di ulteerioanalisi. [...] solo così, infatti, essa [scienza] si procura la possibilità di spostare in un altro punto il campo del problematico [...]. La passività che la scienza fissa nei singoli punti è quindi un elemento della sua stessa attività. [...] Tuttavia l'autodeterminazione critica del pensiero, sebbene riconosca questo [...] come indispensabile per determinati fini della conoscenza, lo deve tuttavia scomporre di nuovo [...]. Le due direzioni non si possono mai unire in modo diretto: le condizioni della produzione scientifica sono diverse da quelle della riflessione critica. [...] Tuttavia i due punti di vista e anche il cosciente cambiamento nel modo di considerar le cose sono necessari per giudicare la conoscenza come totalità nei motivi del suo progresso, nonché nelle permanenti condizioni logiche del suo sussistere." (4)

A Cassirer e a Simmel la filosofia appare dunque come quella scienza che non si occupa del campo del fenomenico, ma della riflessione critica sui presupposti che tutte le scienze che su questo campo esercitano la loro giurisdizione implicitamente assumono per poterne allargare la conoscenza.

Da queste brevi note sulla scienza che secondo il nostro Autore deve occuparsi di indagare il campo della conoscenza, possiamo  già delineare una sua prima concezione della conoscenza: essa non può procedere se non muovendo da quegli apriori che la filosofia ha come scopo di indagare e di espungere. Una riflessione approfondita sul ruolo che Simmel attribuisce agli apriori nella conoscenza è ciò che tenteremo nel primo capitolo.

 

Note all'introduzione

1: Simmel G., Filosofia del denaro, Utet, Torino, 1984, p.85.

2: Simmel dice altrove che il compito della filosofia è in sostanza di legittimare i presupposti della conoscenza, trasponendoli dunque dal piano dell'effettualità empirica a quello della validità di diritto: in altre parole operando un passaggio dalla quaestio facti alla quaestio juris. Cfr. Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit., p.37 sg.

3: Faccio riferimento in particolare alle opere di Cassirer E., Storia della filosofia moderna, Einaudi, Torino, 1978, voll.I-IV, e Idem, Sostanza e funzione, La Nuova Italia , Firenze, 1973.

 

4: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.281 sg. Ho di proposito espunto dalla citazione i referenti precisi cui l'Autore si rifà quando parla di fatti noti, di passività della scienza, di scomposizione da parte della riflessione critica. L'imprecisione non appaia come un tentativo di distorsione del pensiero di Cassirer, ma si colga come necessaria limitazione, al livello del discorso in cui ci muoviamo, dei problemi da affrontare. Al di là della ricchezza di queste frasi, il loro significato qui per noi deve servire solo a elucidare la sostanziale convergenza tra Cassirer e Simmel rispetto al ruolo della critica della conoscenza nell'ambito della scienza.

 

 

 

 

capitolo primo 

 

           Il ruolo dell'apriori nella conoscenza

1.1 Il concetto di apriori in Georg Simmel e il suo rapporto con l'apriori kantiano.

La chiarificazione di quale scienza secondo Simmel si occupi dell'indagine sulla conoscenza ci ha indirettamente anche fornito la possibilità di individuare in Simmel una prima concezione della conoscenza. La necessità degli apriori nella conoscenza è venuta alla luce in  rapporto dialettico con la scienza che deve indagarne il campo.

Necessità degli apriori - nella conoscenza - e necessità del loro superamento - nella filosofia - : tra questi due poli, apparentemente contraddittori, si muove il pensiero umano.

Il senso della prima nscessità è quello metafisico che attiene alla struttura costitutiva del soggetto, una necessità dunque ontologicamente fondata nella natura stessa del pensiero, un limite. Il senso  della  seconda necessita' e' inveca quello di un compito  che si pone al pensiero stesso: oltrepassarsi oltrepassando il limite.

Questa  continua dialettica tra compito e limite illumina sul significato che l'apriori riveste in Simmel e sul suo rapporto con l'apriori kantiano (1).

Emerge infatti con chiarezza che il progredire della conoscenza, che ne costituisce lo scopo e il senso ultimi, necessita di un doppio fondamento, l'uno relativo alla possibilità stessa della conoscenza, l'altro relativo alla possibilità di un superamento, anche se all'infinito, dell'apriori.

Perché la conoscenza sia possibile è necessaria una distinzione intrinseca alla conoscenza stessa tra la sua forma e il suo contenuto, cioè tra il come della conoscenza e il suo contenuto materiale. Sin qui siamo ancora interni all'orizzonte kantiano: la conoscenza è dar forma attraverso spazio tempo e categorie al materiale sensibile.

Ma esaminiamo ora la possibilità - indicata da Simmel, come abbiamo visto dal passo citato nell'Introduzione, quale  compito  della  critica della conoscenza  - di un superamento, anche se all'infinito, dell'apriori, nonostante la sua necessità. Questa possibilità da parte della conoscenza di superare i suoi stessi apriori  si fonda, come ora vedremo, su di una distinzione intrinseca al solo apriori, tra la sua esistenza e la sua forma, distinzione questa che caratterizza per Simmel la conoscenza, tanto nella sua forma quanto nel suo contenuto, come empirica e storica.

E' questo il punto nel quale la concezione simmeliana della conoscenza sembra allontanarsi da quella kantiana.

Infatti, se Simmel riconosce a Kant il merito di aver definitivamente posto in rilievo con l'apriori la necessità nella conoscenza di certe forme proprie del pensiero che ne condizionano il contenuto (2), pure riconosce a queste stesse forme un carattere provvisorio, quando esplicitamente distingue tra l'apriori in generale e il singolo apriori: "Da Kant in poi sappiamo che ogni esperienza deve mostrare [...] certe forme che sono proprie della mente e per mezzo delle quali ogni dato viene configurato come conoscenza. [...] Alla sicurezza, che ci debbano essere forme di tal genere, non corrisponde una sicurezza altrettanto grande quando ci si chiede quali esse siano. Molto di ciò che era stato ritenuto a priori un tempo, è stato riconosciuto più tardi come empirico e storico. Se quindi da un lato abbiamo il compito di cercare in ogni fenomeno [...] le forme a priori [...], dall'altro vige il principio che si deve ricondurre ogni singolo a priori (ma non l'a priori in generale) alla sua origine genetica nell'esperienza." (3). A me  sembra di poter  interpretare tale distinzione simmeliana tra apriori in generale e singolo apriori come distinzione tra l'esistenza e la forma dell'apriori, la prima necessaria e universale, la seconda soggetta anch'essa, come il contenuto della conoscenza, al divenire storico.

Simmel traspone dunque  la necessità e l'immutabilità che Kant attribuisce all'apriori dal piano della forma a quello dell'esistenza: per Kant le forme dell'apriori sono immutabili ed eterne, per Simmel è solo l'apriori nella sua esistenza ad esserlo, mentre la sua forma è storica così come il contenuto della conoscenza che l'apriori stesso consente. La trascendentalità dell'apriori è da Simmel limitata alla sua sola esistenza.

Tornando ora al problema del doppio fondamento della conoscenza, diviene comprensibile come solo un'impostazione quale quella simmeliana, che riconosce la storicità degli apriori (4), dà alla conoscenza il suo carattere più proprio di progresso infinito. Questo perché solo quando illimitatezza e storicità attengono   non soltanto al  contenuto della conoscenza, ma anche alle sue forme, è possibile un reale progresso di continua recisione sia dei contenuti sia degli strumenti della conoscenza. Kant, dice Simmel, ha garantito l'illimitatezza della conoscenza dal solo lato della materia del conoscere, ma non anche dal lato della forma: "Il mondo che si offre alla nostra esperienza sensibile non è certamente un sistema [...] e la sua conoscenza va all'infinito. Ma lo spirito, la cui interna struttura è circoscritta, costituisce un'unità sistematica e in sé conclusa. [...] La genialità di questa soluzione ci mostra un Kant del tutto all'altezza della sua posizione nella storia dello spirito [...] Tuttavia  noi oggi non accetteremmo questa soluzione. La chiusura sistematica, anche se limitata allo spirito, è ancora troppo per noi; noi crediamo di dover trascinare anche quest'ultimo nel fiume dell'evoluzione." (5) Se lo sguardo si innalza al di sopra delle contrapposizioni e delle contraddizioni interne alla conoscenza, e le considera non come principi assoluti ma nel loro valore di metodi che in quanto tali rinunciano a ogni pretesa di esclusività, dalla contrapposizione nasce una feconda interazione reciproca che fa progredire la conoscenza all'infinito, in quanto il suo limite non e' mai a priori individuabile (6). "Pertanto i metodi conoscitivi possono essere soltanto soggettivi e euristici [...] noi stessi non possiamo mai sapere [...] se siamo realmente arrivati all'ultima istanza, oppure se siamo ancora in cammino verso un'istanza ancora più generale e più profonda [...]." (7). La possibilità della conoscenza nel suo senso più profonda riceve il proprio fondamento solo quando la relatività non riguarda più soltanto i suoi contenuti, ma anche i suoi apriori (8). Il cammino della conoscenza non è un progresso lineare privo di contraddizioni e di problemi - un puro estendersi dei campi che via via entrano nella considerazione scientifica - : è invece un cammino nel quale alle battute d'arresto costituite dall'attrito tra diverse teorse e impostazioni scientifiche sono seguiti dei veri e propri salti consistenti nella revisione non di singoli contenuti ma dei presupposti fondamentali, dell'intero sistema della scienza (9). E' questa la più probante dimostrazione della storicità degli stessi apriori della conoscenza: non si tratta qui di un continuum, ma di un discretum conoscitivo.

1.2 Il concetto di apriori in Georg Simmel e il suo rapporto con Cassirer  

Queste conclusioni, che in Simmel non sono tirate esplicitamente, ma solo ipotizzabili a partire dall'impostazione della sua concezione della conoscenza, trovano invece una chiara e inequivoca espressione in Cassirer, che appunto tematizzò i propri interessi gnoseologici: "Neppure questi principi fondamentali [...] possono avere per noi il valore di dogmi assolutamente immutabili, bensì vanno considerati come le ipotesi ideali più semplici in un determinato momento, mediante le quali noi fondiamo l'unità dell'esperienza.  Noi non ci allontaniamo dal contenuto di tali ipotesi finché una variazione di minor portata, concernente cioè un elemento dedotto, può ristabilire l'accordo fra teoria ed esperienza; ma una volta che questa via si dimostra chiusa, la critica si vede ormai rinviata a questi presupposti stessi e all'esigenza di riformarli. [...] la teoria critica dell'esperienza vuole realmente costituire la teoria universale degli invarianti dell'esperienza [...]. Il procedimento della 'filosofia trascendentale' [...] cerca di scoprire quegli universali elementi formali che rimangono costanti nel mutare dei particolari contenuti materiali d'esperienza. [...] Lo scopo dell'analisi critica verrebbe raggiunto se [...] si riuscisse a fissare concettualmente l'ultimo elemento comune di tutte le possibili forme dell'esperienza scientifica, [...] le condizioni di ogni teoria. Questa meta non può essere raggiunta in alcun grado di sviluppo del sapere: nondimeno continua a sussistere come esigenza [...]. In questo modo di pensare si manifesta con chiarezza il senso rigorosamente circoscritto dell''a priori'. Possono essere chiamati a priori soltanto gli ultimi invarianti logici  che  stanno generalmente alla base di ogni determinazione di leggi di natura. Una conoscenza si chiama a priori non già come se si trovasse prima dell'esperienza, bensì in quanto è contenuta come premessa necessaria in ogni giudizio valido concernente dei fatti." (10)

In queste importantissime riflessioni di Cassirer viene ribadito ulteriormente il ruolo della filosofia come critica della conoscenza e il suo rapporto con la scienza. Ma - ciò che mi sembra più importante - Cassirer da un lato riafferma la necessità della forma e al tempo stesso la necessità dell'esistenza degli apriori, e dall'altro riconosce a  questi stessi apriori il fondamentale valore logico e non ontologico, il loro più profondo significato trascendentale. 

Valore logico e significato trascendentale fanno rientrare a pieno titolo sia le riflessioni di Simmel che la teorizzazione di Cassirer nel quadro dell'orizzonte kantiano. Ma l'accento nuovo che mi sembra di scorgere nei due Autori è in quella distinzione interna all'apriori tra la sua forma e la sua esistenza. E' qui che si opera la scissione tra l'impcstazione  kantiana e  quella  simmeliana oltreché cassireriana dell'apriori.

1.3 La relativizzazione dell'apriori e l'oggettività nella conoscenza

Si aprirebbe qui, con la definizione della storicità dell'apriori, un problema estremamente complesso che in questa sede possiamo soltanto indicare. La relativizzazione dell'apriori operata da Simmel pone alla riflessione epistemologica dei quesiti estremamente stimolanti: se anche l'apriori è soggetto al divenire storico, se anch'esso non è saldo e immutabile, dove risiede l'oggettività nell'esperienza, ossia quando la conoscenza può dirsi scienza? Quali sono i criteri e i parametri che decidono della veridicità di un contenuto di conoscenza ?

Nell'orizzonte kantiano, infatti, l'oggettività è data dall'adeguamento di ogni singolo contenuto di conoscenza alle forme apriori della conoscenza in generale: sono esse - forme universali ed eterne - quei criteri che stabiliscono lo spartiacque tra verità e falsità, l'oggettività  è  già  tutta  interna  all'uso stesso delle forme (11). Queste conclusioni implicite in Kant sono possibili, afferma Simmel nell'opera a lui dedicata,  perché Kant  parte da alcuni presupposti indimostrati (12): la validità dell'esperienza, la possibilità della conoscenza, l'universalità e necessità delle scienze matematiche e fisiche assunte come oggettive, la verità scientifica (13).  A partire da queste scienze, dice Simmel, Kant deduce le forme dell'intelletto che le hanno rese possibili e che quindi, essendo mezzi di conoscenze oggettive, assumono su di sé il valore di mezzi oggettivi, capaci di dare risultati oggettivi anche oltre il campo più proprio di quelle scienze. Ma non è, si chiede Simmel (14),  un presupposto viziato che le scienze matematiche e fisiche siano oggettive, e non è un trasferimento illecito il ritenerle valide anche oltre il loro specifico campo ?  Kant rischia così di ritrovarsi in un circolo vizioso (15) quando fonda la conoscenza oggettiva sulle forme a priori  e queste sul fatto che conducono alla conoscenza oggettiva. Vi e' un rimando reciproco, per cui i fondamenti del conoscere sono da Kant posti nel conoscere stesso, liberandolo da ogni istanza esterna ad esso: "Ic motivo ultimo di questa difficoltà per le condizioni a priori della conoscenza di trovare una legittimazione che non sia a sua volta ricavata da quelle stesse condizioni, sta nella totale ingenuità con cui Kant accetta la conoscenza matematica ed empirica esistente come fondamento do ogni ricerca sulla essenza del conoscere. L'analisi del conoscere ha per lui esaurito il proprio compito, quando abbia dimostrato a sufficienza le condizioni della scienza esistente. [...] Con questo circolo kantiano: le nostre conoscenze sono vere perché e in quanto sono determinate da forme a priori - e queste sono valide perché quella scienza da esse regolata vale indubitabilmente, ci troviamo a un livello ultimo di problemi relativi alla visione del mondo [...]" (16). Col circolo di rimandi che Simmel individua come problema in Kant tra oggettività delle forme e oggettività delle scienze esatte a me sembra  che il nostro Autore voglia implicitamente dire che in Kant le forme che rendono possibile la conoscenza e i criteri che decidono se quella conoscenza è oggettiva sembrano identificarsi, e che quindi l'apriori sembra essere  al  tempo  stesso   ciò  che  serve  a  formare l'esperienza e ciò che decide se quell'esperienza è scientificamente fondata. Se ci si attiene alla lettera kantiana, come sono possibili, allora,  conoscenze oggettive - vere - e conoscenze soggettive - false -, dal momento che ogni conoscenza  possibile utilizza come sua forma l'apriori, e dunque - essendo questo universale - deve necessariamente risultare scientificamente fondata? Kant in realtà sembra identificare possibilità e oggettività della conoscenza, dal momento che fonda ambedue sull'universalità e necessità dell'apriori (17). Il punto della questione si annida forse in quella sintesi tra universalità e necessità di cui l'apriori è la rappresentazione (18).

Il problema complesso  cui accennavo all'inizio del paragrafo, e che per la sua vastità di implicazioni è possibile qui soltanto enunciare, si configura dunque, nella  prospettiva della fondazione dell'oggettività scientifica, come quello di stabilire un criterio diverso dal solo uso delle forme apriori. Quest'uso infatti, per quanto anzi proprio perché necessario in qualunque  esperienza, non  può  fornire  la  prova che cerchiamo dell'oggettività di un'esperienza. Ciò significa  distinguere tra possibilità e oggettività della conoscenza - tra apriori come forma e apriori come criterio -: dove infatti  risiede la differenza tra i due tipi di conoscenza, quella oggettiva e quella soggettiva, se ambedue fanno uso dell'apriori, benché la prima trovi in esso anche la fonte della propria oggettività? Forma ed esistenza dell'apriori si appiattiscono l'una sull'altra, identificandosi. Nell'apriori kantiano sembra prodursi un salto logico dal piano dell'esistenza al piano della forma.

1.4 La storicità dell'apriori

Si è rilevata invece in Simmel una profonda scissione interna all'apriori tra la sua forma e la sua esistenza, scissione che ne rende possibile la storicità. La novità costituita dall'impostazione simmeliana del problema dell'apriori e contemporaneamente il suo inserimento nel quadro teorico del kantismo,  che rendono il rapporto tra l'apriori simmeliano e l'apriori kantiano un rapporto di identità-distinzione,  sono sottolineati da Papi: "Per Simmel questo spazio kantiano fu decisivo perché gli consentì di essere in sintonia con la tradizione del neokantismo allargandone gli spazi culturali e introducendo il classico problema del sistema categoriale apriorico in una dinamica dell'esperienza più attenta e disponibile alle variabili e alle contingenze." (19). Ma, per Papi, Simmel è inserito comunque all'interno di un orizzonte neokantiano. In questa impostazione simmeliana Cavalli, invece, nell'introduzione alla Filosofia del denaro, individuo il post-kantismo di Simmel: "[...] per Simmel la conoscenza non è mai senza presupposti, senza a priori. Ma l'a priori in Simmel è sempre provvisorio. Non è quindi né neo-kantiano, né neo-hegeliano, ma piuttosto post-kantiano e post-hegeliano". (20)

Illuminanti mi sembrano a proposito del problema del post-kantismo che si apre con la relativizzazione dell'apriori le parole con cui Cassirer si interroga sulla portata della filosofia kantiana dopo il cambiamento intervenuto nel sistema della meccanica per la teoria della relatività di Einstein: "Se [...] Kant non voleva essere null'altro che il sistematore filosofico della scienza newtoniana - allora anche la sua dottrina non condivide forse necessariamente la sorte della fisica newtoniana ? Dalla risposta a questa domanda dipenderà il futuro sviluppo della critica gnoseologica. Dove risultasse che le più recenti concezioni fisiche dello spazio e del tempo abbiano finito col condurre tanto oltre Kant quanto oltre Newton, allora sarebbe giunto il momento di procedere oltre Kant in base alle stesse premesse kantiane. La critica della ragione pura infatti non mirava a inchiodare la conoscenza filosofica una volta per sempre su un determinato sistema dogmatico di concetti, ma ad aprirle il 'sentiero sicuro di una scienza' nel quale si possono dare soste e pause sempre soltanto relative, non assolute." (21)

Per arricchire ulteriormente   il significato dell'apriori in Simmel, seguiamo ora il ragionamento che lo conduce alla definizione della sua storicità.

L'intelletto prescrive alla natura le sue leggi, ma queste sono soggette ad evoluzione: non c'è nessuna legge  a  fondamento  del  fatto  che queste e non altre leggi cr debbano essere a sovrintendere alla sintesi dell'esperienza. E' necessaria l'unificazione, non la sua forma.

Esistono infatti per Simmel più forme dell'unificazione, oltre quella trattata da Kant come forma della conoscenza scientifica; e d'altra parte tali forme sono soggette al divenire storico ed è quindi impossibile determinarne in modo oggettivo il contenuto.

E' nella determinazione delle sua forma come immutabile che si appunta la critica simmeliana all'apriori kantiano. Che  noi imprimiamo le nostre leggi dell'intelletto agli oggetti dell'esperienza è a partire da Kant un dato incontrovertibile, ma la definizione di quali siano queste leggi non è altrettanto certo: l'effettualità dell'apriori è diversa dalla riflessione su di esso. Quest'ultima è un'operazione mediata, non immediata, non è la realtà operante ma la riflessione consapevole su di essa, che in quanto tale è storico-ideologica e quindi relativa.

Kant spezza il rapporto tra l'obiettivamente valido e lo psicologico: non gli interessa il darsi empirico dell'apriori   nei   soggetti,   ma   solo le condizioni oggetdive della rappresentazione e la struttura oggettiva della scienza. E' solo così, nel considerare l'intelletto nella sua oggettività, che Kant può proteggerlo dall'errore: svincolandolo dallo psicologico e dal rapporto di corrispondenza - tipico della fede nell'armonia naturale del XVIII secolo - tra oggettivo e soggettivo. La conoscenza del mondo diviene così per Kant un progresso infinito nel suo specifico realizzarsi, ma nel suo complesso essa rispecchia l'unità e sistematicità del soggetto e dell'apriori. La materia del conoscere e' illimitata, ma la forma è sistematica e unitaria. (22)

Ciò che Simmel implicitamente contesta a Kant non è questa sistematicità e unitarietà che la forma trasferisce sul contenuto sensibile della conoscenza, ma la sua mancanza di illimitatezza, di possibilità, la sua assolutezza: la determinazione del contenuto oggettivo dell'apriori. Infatti, per Simmel  anche il modo in cui noi condizioniamo l'esperienza è relativo e a posteriori, sia dal punto di vista psicologico che storico: Kant, secondo Simmel, ha trasferito impropriamente  universalità e  necessità dal  che  al come, dal fatto al modo, dall'esistenza alla forma dell'apriori, ipostatizzando quest'ultima. Per Simmel, quindi,  immutabile e necessario è da un lato che ci sia un unificazione e che questa abbia una forma, e dall'altro che ci sia una materia di tale unificazione, ma non quali siano. Che ci sia cioè un rapporto dialettico di continua evoluzione tra soggetto e oggetto, forma e materia della conoscenza, e che ambedue siano reali soltanto in tale rapporto (26). La distinzione tra forma e esistenza dell'apriori consente di non determinarlo in modo assoluto e al tempo stesso di considerarlo originario.

Solo l'esistenza dell'apriori è` infatti di origine trascendentale e possiede valore assoluto per la conoscenza, è assolutamente necessaria.

La forma invece, ossia le forme che regolano la conoscenza, ha carattere empirico e origine storica. Ciò significa che il valore dell'apriori, essendo la sua forma provvisoria, non è assoluto ma relativo, e che il cammino della conoscenza, pur conservandolo nella sua esistenza, dà ad esso sempre nuove forme e nuovi contenuti   di   pensiero: "[...] l'unico assoluto è la relatività delle cose." (24), dice Simmel, e in questa dichiarazione è già contenuto tutto intero il significato del suo relativismo. Da un punto di vista epistemologico, esso è per lui  l'unica teoria della conoscenza che si salva dalla contraddizione e dal circolo vizioso nascenti dalla necessità di comprovare la validità del suo apriori con un fondamento ancora più assoluto. Dogmatismo, scetticismo, lo stesso criticismo come abbiamo visto, si fondano infatti su principi che non possono essere ulteriormente indagati senza contraddizione, né superati senza inficiare il sistema, e dei quali non è possibile trovare un fondamento che si accordi ad esso. Nel considerare ogni principio e ogni fondamento come relativi - nel doppio significato del loro esser in relazione ad altri e dunque non esclusivi, e del loro esser suscettibili di superamento e dunque non assoluti in senso temporale - il relativismo risolve l'apparente contraddizione del porsi al di sopra di sé dell'apriori, e quindi sostiene il peso dell'autocritica dei principi (25).

Nella storicità e relatività dell'apriori quanto alla sua forma si inscrive dunque il   senso   ultimo   della conoscenza, che e' quelvo di un procedere senza limiti.

Mentre nella sua originarietà e necessità quanto all'esistenza si pone la condizione del rapporto tra il soggetto e la realtà sensibile, ossia la possibilità stessa che la conoscenza venga all'essere.

Ecco dunque forse finalmente chiarito in tutte le sue implicazioni quel doppio fondamento che era sembrato necessario per la conoscenza.

1.5 L 'apriori come distanza tra soggetto e oggetto

L'apriori è quindi l'unica forma attraverso la quale è possibile il rapporto tra soggetto e realtà sensibile.

Viene qui alla luce una categoria fondamentale del pensiero simmeliano: quella di distanza. E' la distanza tra un centro che definiamo Io e gli oggetti (persone, cose, eventi) che costituiscono i suoi contenuti, quella che esprime nel modo più immediato il tipo di rapporto che li lega. Questa distanza che si frappone tra l'Io e i suoi contenuti è l'unico modo possibile per questo Io di   rappresentarli:   la rappresentazione è  al tempo stesso lontananza e vicinanza al suo oggetto. L'apriori costituisce al tempo stesso la condizione e la possibilità di tale rappresentazione: "La trasformazione che la realtà subisce muovendo verso la nostra coscienza è certo una barriera tra noi e il suo essere immediato, ma anche, nello stesso tempo, la condizione per immaginarla e rappresentarla." (26)

E' la stessa distanza riconosciuta necessaria dalle teorie soggettivistiche  e neokantiane, al fianco delle quali Simmel si pone nella comune critica al naturalismo e al materialismo.

Sintesi e generalizzazione sono le forme nelle quali, prendendo le distanze dalle cose, noi ci avviciniamo ad esse: la distanza interiore - ossia la distanza posta dall'apriori - corrisponde al superamento della distanza esterna, alla possibilità di renderle intellegibili.

Nell'articolata concezione dell'apriori che in queste pagine si è tentato di restituire, Simmel ha come referente del discorso, come si può intuire, il realismo (empirico). Questo, osserva esplicitamente, cade in errore "[...] quando pensa di poter fare a meno di un a priori, di  una  forma  che  sgorgando  dalle disposizioni e dai bisogni della nostra natura vesta o trasformi la realtà sensibile." (27). In nessun caso infatti l'oggetto si presenta al soggetto in maniera immediata, ma sempre assume da questo soggetto la forma della conoscenza, indispensabile a dargli un senso, a trasformare l'accadere in storia. Il dato in sé non esiste per Simmel in nessun campo. L'immediatezza non è una caratteristica della conoscenza.

Ciò ci conduce nel vero e proprio centro della concezione simmeliana della conoscenza: l'oggettivazione.

La specificità dell'uomo rispetto agli animali non consiste tanto nella razionalità o nella socialità quanto nella capacità di oggettivazione: "[...] l'uomo è l'animale oggettivo." (28), ossia colui che è in grado di superare la propria e altrui soggettività elevandola in forme transindividuali che gli si pongono di fronte in modo autonomo e con regole e logiche proprie. L'esigenza dell'oggettivazione nasce da quella che Simmel definisce "[...] la primitiva necessità della vita [...]" (29). Da queste parole, a me sembra di poter dedurre che in Simmel l'oggettivazione non possa ricondursi al solo processo conoscitivo, ma sia una forma costitutiva della soggettività, ossia che appartenga proprio all'unico modo possibile per il soggetto di esistere. Essa travalicherebbe, in quest'ipotesi, il campo più specifico della conoscenza, per essere determinante in tutte le sfere della vita dell'uomo. Ma, per poter proseguire oltre sulla strada che sin qui si è tracciata, e ancor prima della verifica direi sperimentale dell'ipotesi più su enunciata, è necessario soffermarsi in profondità sul significato dell'oggettivazione come rapporto reciproco tra soggetto e oggetto, e sul risultato di tale oggettivazione nella costituzione di contenuti oggettivi di pensiero. Tali argomenti costituiscono gli oggetti dei prossimi capitoli, cosicché l'impianto di questa tesi si chiarisce essere relativo all'oggettivazione come orizzonte nel quale il soggetto enuclea il suo rapporto col mondo.

 

Abstract:

 La concezione della conoscenza e l'apriori.  Il  doppio fondamento della conoscenza. L'apriori nella conoscenza: la distinzione tra forma e esistenza dell'apriori, tra trascendentale e empirico, e la differenza con Kant. Storicità dell'apriori e oggettività della conoscenza: il rapporto con Kant. L'assoluto e l'autocritica dei principi: la concezione del relativismo in Simmel. La categoria di distanza: il rapporto tra essere e pensiero, le convergenze con il neokantismo e la comune critica al realismo (empirico). La conoscenza come oggettivazione.  

 

              Note al capitolo primo

1: Per un'analisi del rapporto e delle differenze tra l'apriori in Simmel e in Kant, vedi Frisby D., Georg Simmel, Il Mulino, Bologna, 1985, p.141 sgg. Frisby però si occupa del Simmel sociologo e dunque mette in relazione la domanda trascendentale che Simmel si pone nella Soziologie sulla possibilità della società con la domanda trascendentale di Kant sulla possibilità della conoscenza della natura, che presuppone appunto un soggetto conoscente. Pur essendo l'opera di Frisby incentrata soprattutto sul pensiero sociologico del nostro Autore, è ricca di utili riflessioni riguardo ai rapporti di Simmel con la Volkerpsycologie , il socialismo, il marxismo, oltre ad analizzare il modo in cui il pensiero dell'Autore fu recepito da Weber e da Durkheim, da Benjamin e da Lukacs.

2: Simmel G., Kant cit., p.77 e p.81 sg.

3: Idem, Filosofia del denaro cit., p.172.

4: Il distacco di Simmel da Kant è sottolineato anche da Boudin R., "La teoria della conoscenza nella Filosofia del denaro di Georg Simmel" cit., p.477.

5: Simmel G., Kant cit., p.94.

6: Ibidem, p.94 sg.

7: Idem, Filosofia del denaro cit., p.173.

8: Per Banfi, rispetto alla concezione dell'apriori, Simmel si differenzia da Kant in primo luogo per l'allargamento del ruolo dell'apriori a tutte le sfere della vita spirituale, e in secondo luogo per la relativizzazione cui lo sottopone. Cfr. Banfi A., "Il relativismo critico e l'intuizione filosofica della vita nel pensiero di Georg Simmel", in Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit., pp.10-18. E' per questo che si può dire che Simmel integri superandolo il criticismo kantiano, ed è per questo che Banfi parla di relativismo critico in Simmel.

9: A proposito del cambiamento, della ristrutturazione e dell'abbandono di determinati campi della conoscenza a partire da una nuova scoperta scientifica, che modifica di conseguenza le indagini considerate legittime, cfr. Kuhn T.S., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1978, in partc. p. 24 sg.

 

10: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., pp.355- 357. Mi sembra importante precisare che, sebbene nei passi sin qui citati l'interesse dell'Autore paia incentrarsi esclusivamente sull'oggettivazione scientifica e in particolare delle scienze esatte, e non quindi sul problema della conoscenza in genere, questa restrizione del campo non ne costituisce un'esclusione - esclusione che renderebbe ingiustificato il ricorso a Cassirer nell'ambito del nostro discorso, o quantomeno in quello di una trattazione dell'oggettivazione come necessaria condizione di ogni esperienza in generale. Infatti lo stesso Cassirer ribadisce, a p.391 della stessa opera, l'imprescindibilità di qualunque esperienza dagli apriori logici: "L'idealismo critico [...] richiede l'applicazione [degli apriori] già per ogni fase della conoscenza, anche la più primitiva."

11: Simmel G., Kant cit., p.75 sg. e p.91.

12: Ibid., p.85 sg. 

13: Ibid., p.133.

14: Ibid., p.95.

15: Ibid., p.96.

16: Ibid., p.98 sg.

17: Ibid., p.101.

18: Ibid., p.105.

19: Papi F., Introduzione a Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit., p.X sg.

20: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.10

21: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.467.

22: Simmel G., Kant cit., pp.80-92.

23: Cfr. n.5, il passo già cit., e n.10

24: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.347.

25: Ibid., pp.175 sgg.

26: Ibid., p.667; e, più in generale, cfr. ivi le pp.666-670, passim.

27: Ibid., p.667.

28: Ibid., p.419.

29: Ibid., p.663.  

 

 

Capitolo secondo

L'oggettivazione come processo: il rapporto soggetto-oggetto.

2.1 La rappresentazione come forma fondamentale di rapporto dell'uomo col mondo

"La separazione tra soggetto e oggetto non è così radicale come la legittima distinzione tra queste categorie, sia a livello pratico che scientifico, fa supporre. La vita interiore incomincia piuttosto con uno stato di indifferenza, in cui l'io e i suoi oggetti giacciono ancora indivisi [...]. E' una consapevolezza secondaria, un frazionamento posteriore quello per cui un soggetto si distingue nello stato reale [...] dal contenuto che è in lui. Lo sviluppo porta evidentemente pari passu a che l'uomo dica Io a se stesso e che riconosca oggetti indipendenti all'esterno di questo Io. [...] la metafisica sostiene talora che la natura trascendente dell'essere e' assolutamente unitaria, al di    della  contrapposizione soggetto-oggetto [...].

Quest'unità da cui si sviluppano le categorie di soggetto e di oggetto [...] ci pare soggettiva soltanto perchè ci accostiamo ad essa con il concetto, che si forma successivamente, di oggettività [...]." (3).

In questo importante passo si evidenzia il tipo di approccio al problema della realtà che caratterizza Simmel. Secondo una prospettiva kantiana - anche se, come abbiamo visto con Cavalli (2), di postkantismo e non di neokantismo si tratta - Simmel affronta inizialmente con un taglio psicologico  il problema della realtà: di questa noi conosciamo infatti solo i fenomeni, abbiamo solo rappresentazioni, ed e'  di conseguenza soltanto di esse che una corretta gnoseologia può parlare.

All'interno dunque di un'impostazione filosofica che di proposito tralascia come insondabile tutto ciò che si pone al di là del mondo dai fenomeni, il primo significato di questo processo di progressiva oggettivazione è quello di una progressiva presa di coscienza da parte del soggetto: "La coscienza infatti d'essere un soggetto e' già essa stessa un'oggettivazione. [...]  possiamo  giudicare noi stessi come un qualsiasi 'oggetto', [...] separiamo lo stesso Io, sentito come unità, in un Io rappresentante, soggetto, ed un Io rappresentato, oggetto, senza che esso perda con ciò la sua unità [...] Così, diventando consapevole di se stesso, dicendo Io a se stesso, l'uomo realizza la forma fondamentale del suo rapporto con il mondo, la sua rappresentazione del mondo." (3).

Si introduce qui un'importantissima concezione del pensiero di Simmel: la forma fondamentale del rapporto dell'uomo con il mondo è la rappresentazione, ed essa è precisamente quella che rende consapevole l'Io di se stesso, ossia quella che fonda la divisione tra soggetto e oggetto. Essa è dunque una forma originaria, e, se si ricordano le parole dell'Autore che hanno aperto il capitolo, la prima forma di rapporto cosciente col mondo. Questa concezione sarà determinante per comprendere non solo l'epistemologia ma anche l'etica di Simmel (4).

L'oggettivazione si configura dunque come un aspetto della rappresentazione. Questa svolge dal rapporto indifferenziato  tra   realtà  soggettiva   e   realtà ogvettiva alla differenziazione tra un soggetto e un oggetto sia all'esterno che all'interno della rappresentazione medesima. Soggettivo è infatti l'atto della rappresentazione, oggettivo il suo contenuto, al di là del fatto che si riferisca ad un oggetto reale o possibile (5); soggetto è l'Io che compie la rappresentazione, oggetto è il contenuto di questa pensato come indipendente da essa e dunque dall'Io che lo pensa, ossia come dotato di realtà propria, oggettiva. "Soggetto e oggetto nascono nello stesso atto, logicamente, quando da un lato il contenuto fattuale puramente concettuale e ideale viene dato come contenuto della rappresentazione, e dall'altro lato come contenuto della realtà oggettiva, psicologicamente, quando la rappresentazione, ancora priva dell'Io e nella quale persona e cose esistono in stato di indifferenziazione, si frammenta e quando tra l'Io e il suo oggetto si crea una distanza mediante la quale ognuno dei due termini acquista la sua essenza distinta da quella dell'altro." (6). La chiave per comprendere nel suo giusto significato questo denso passo di Simmel è in quella   distinzione-correlazione   tra  il  piano logico e il piano psicologico dell'atto di rappresentazione. Da un punto di vista logico, si ha distinzione tra l'oggetto come contenuto della rappresentazione e l'oggetto come contenuto della realtà, da un punto di vista psicologico, tra l'oggetto da un lato e il soggetto dall'altro. Soggetto e oggetto sono perciò il frutto del medesimo atto di oggettivazione da parte della coscienza, che crea, per un verso, l'oggetto come contenuto della rappresentazione e contestualmente come contenuto della realtà - fondando piano ideale e piano reale (empirico) col medesimo atto -, e per l'altro verso crea la contrapposizione tra quest'ultimo oggetto e il soggetto come appartenenti al medesimo piano del reale (empirico) ma distanti e dunque facenti capo a sostanze diverse (7).

Volendo riassumere per maggior chiarezza le riflessioni sin qui fatte, mi sembra di individuare cinque elementi in ogni atto rappresentativo: il soggetto, l'atto, il contenuto di quest'atto visto come appartenente al soggetto, il contenuto di quest'atto visto come appartenente alla realtà, l'oggetto esterno all'atto (realismo razionale). Quest'ultimo  non  rientra minimamente nella trattazione simmeliana del problema della conoscenza dell'oggetto (8), oggetto che è invece per lui costituito dal terzo elemento che forma l'atto rappresentativo, ossia dal contenuto di quest'atto visto dal soggetto come appartenente al piano della realtà.

 2.2 Differenziazione e interrelazione nella fondazione di soggetto e oggetto

Quindi i contenuti spirituali dell'Io nella rappresentazione si oggettivano, nell'oggettivazione si differenziano. Il processo di oggettivazione implica infatti una differenziazione tra i contenuti della rappresentazione, una separazione in un soggetto e in un oggetto: "L'evocazione reciproca di soggetto e oggetto [...] coglie lo stesso soggetto, nel momento in cui il mondo intero gli si contrappone come oggetto." (9).

Ritorna qui quella categoria di distanza che nel primo capitolo mi era sembrata fondamentale per la comprensione dell'apriori e che già lì (10) anticipava il rapporto che, in Simmel come nei neokantiani, lega essere e pensiero,  e  quindi - tema specifico di questo cagitolo - soggetto e oggetto. La distanza che come apriori lì si frapponeva tra realtà e conoscenza, torna come differenziazione (11) tra soggetto e oggetto all'interno dei contenuti della rappresentazione e si specifica ora come risultato di un processo di oggettivazione.

Ma alla  luce delle riflessioni sin qui svolte, si delinea pure come la differenziazione tra soggetto e oggetto sia possibile a partire  dalla loro relazione, e come sia inoltre a questa strettamente correlata: un'altra categoria fondamentale per la comprensione del pensiero di Simmel, quella della relazione o interrelazione, trova qui una sua applicazione (12). La distinzione concettuale tra un soggetto e un oggetto avviene in un loro costante riferimento reciproco, e li definisce in un movimento relazionale di determinazione e di parallela differenziazione. E' individuabile pertanto una doppia interrelazione: una prima, l'interrelazione soggetto-oggetto, costituisce il presupposto che consente alla seconda, l'interrelazione tra determinazione e differenziazione, di fondare soggetto  e  oggetto  cove  risultato.  Infatti, "L'Io e

l'oggetto in qualsiasi provincia della nostra esistenza sono concetti correlati, non ancora differenziati nella forma originaria della rappresentazione, e si distaccano solo più tardi da essa, e l'uno dall'altro [...]." (13).

Così come l'interrelazione definisce il rapporto tra soggetto e oggetto, altrettanto definisce quello tra  oggettivazione e differenziazione nella rappresentazione. E' la differenza, la separazione che, unite alla relazione, creano coscienza e dunque visione del mondo. E' emerso infatti che i due processi della differenziazione e dell'oggettivazione  sono due aspetti correlati di uno stesso atto di rappresentazione: il concetto di soggetto e il concetto di oggetto nascono in questo medesimo atto come differenziazioni tra il contenuto del rappresentare e il rappresentare medesimo (14).  La rappresentazione può essere configurata come distanza tra soggetto e oggetto, l'oggettivazione come distanziamento: la prima esprime una distanza già formatasi, il secondo il processo che vi conduce. I due concetti di soggetto e di oggetto quindi sono in Simmel categorie  relazionali,  il   cui   contenuto   non   è stabile e assoluto, ma si definisce a partire dal movimento reciproco di oggettivazione e differenziazione che li costituisce, e dunque non può mai a priori essere stabilito (15). Tra differenziazione e interrelazione si istituisce così una dialettica che  consente di percepire consapevolmente un oggetto come unitario (16). La differenziazione costituisce per Simmel sempre l'oggetto, lo scopo cosciente dell'azione come della conoscenza, ma, poiché si tratta di un concetto reciproco, essa necessita sempre dell'interrelazione, o meglio dell'identità comune intesa come indifferenziazione (17).

2.3 Il rapporto essere e pensiero: l'oggettivazione come astrazione

Ora, dopo aver definito a quali risultati conduca l'oggettivazione, e in qual modo si debba concepire il suo movimento, vediamo nel particolare che cosa l'Autore intenda per  oggettivazione. L'oggettivazione è un processo continuo di astrazione di singoli elementi dal reale e di ricomposizione degli stessi in unità relative.  E' infatti impossibile cogliere dal punto di vista del soggetto il reale nella sua totalità, che risulta sempre inesauribile.

Quella convergenza che nel primo capitolo (18) avevamo rintracciato tra Simmel e i neokantiani nella comune concezione dell'apriori come distanza tra l'Io e i suoi oggetti, deve ora essere approfondita riguardo alla realtà e al suo rapporto con il  pensiero, e si specifica qui meglio nella teorizzazione simmeliana dell'oggettivazione come astrazione. Il rapporto tra essere e pensiero, tra realtà e conoscenza, così come lo concepisce Simmel, si avvicina infatti all'impostazione epistemologica dei neokantiani e in particolare di Rickert  (19). Lo stesso Cavalli, nell'Introduzione alla Filosofia del denaro, mette in rilievo questo tratto comune a Simmel e ai neokantiani (20). E lo stesso Simmel ne è pienamente consapevole  (21). L'inesauribilità del reale intesa da Rickert come continuum eterogeneo (22) necessita dell'astrazione di suoi segmenti per poter essere dominata, e questa astrazione si produce secondo punti di vista di volta in volta  determinati  che "estraggono" dal flusso continuo aspetti considerati significativi (23). Non esistono campi della realtà, ma solo campi della conoscenza. Così l'astrazione è astrazione di Objekt e non di Gegenstaende, ossia di oggetti intesi in senso tematico e non ontologico. Il confine che li separa è dunque un confine trascendentale e non metafisico: appartiene al soggetto e non all'oggetto. Il carattere metodologico del confine, il suo esser fondato nel modo di conoscenza - fondazione che a livello scientifico determina la divisione tra le scienze - e più in generale il suo esser fondato nella conoscenza e non nella realtà - fondazione che determina il suo esser appunto metodologico e non metafisico - se da un lato motiva il confine come relativo e non assoluto, dall'altro rende possibile il suo superamento, il suo sconfinamento (24). E' infatti la distinzione tra Objekt e non tra Gegenstaende che consente tale sconfinamento. Ciò dà alla realtà il carattere della varietà, dell'infinitamente nuovo, della possibilità della ricerca continua: sempre nuove sintesi sono rintracciabili e operablli nel piano vuoto della realtà (N.d.R. vuoto? Infinitamente pieno di tutte le possibilità!),   sgombro   di   coordinate   e  dunque  sempre nuovamente passibile di riceverne di nuove dal pensiero.

Si comprende ora come l'oggettivazione sia un processo di astrazione dal continuum eterogeneo del reale di singoli elementi secondo prospettive di volta in volta diverse e  di ricomposizione degli stessi in unità relative. La loro relatività, dal momento che la totalità del reale è inesauribile,  è in ordine al tempo in quanto unità dinamiche ossia provvisorie, e in ordine allo spazio in quanto unità parziali e non assolute. La relatività delle unità è la relatività del confine che l'oggettivazione di volta in volta stabilisce nel flusso continuo.

Secondo il pensiero di Rickert l'astrazione dall'inesauribilità del reale inteso come continuum eterogeneo può prodursi soltanto o trasformando il continuum in discreto, oppure l'eterogeneo in omogeneo. Quest'ultima trasformazione - dal continuum eterogeneo al continuum omogeneo -  implica l'allontanamento dalla realtà del fenomenico e la creazione di un mondo ideale, quello  delle pure quantità matematiche. La trasformazione del continuum eterogeneo in un discreto eterogeneo  invece  comprende tutti i tipi di conoscenza che si occupano nel reale dividendone l'inesauribilita' secondo due distinte tendenze. Pel primo caso ritroviamo la tendenza individualizzante che a livello scientifico caratterizza le scienze della cultura, secondo la definizione di Rickert, nel secondo la tendenza generalizzante che sul piano scientifico appartiene alle scienze della natura (25). Sentiamo cosa dice espressamente Simmel riguardo all'attrazione e al reale: "Le forze, i rapporti, le qualità delle cose, alle quali alla stessa stregua appartiene anche la nostra essenza propria, costituiscono oggettivamente un intreccio unitario, che viene suddiviso [...] soltanto dai nostri interessi e per essere da noi ulteriormente elaborato. Ogni scienza analizza fenomeni che presentano un'unitarietà in sé chiusa e una chiara delimitazione rispetto ai problemi di altre scienze soltanto dal punto di vista da cui essa si pone, mentre la realtà non si cura di queste linee di demarcazione in quanto ogni sezione del mondo costituisce un aggregato di compiti per le scienze più svariate. [...] Così, questa e' anche una delle formule in cui si può cogliere il rapporto  dell'uomo  con il mondo: la nostra prassi, non meno della nostra teoria, astrae continuamente singoli elementi dall'unità assoluta e dall'intreccio delle cose, nel quale ogni cosa implica l'altra e tutte hanno pari diritti, al fine di ricomporre questi elementi in unità e totalità relative. Noi non abbiamo nessun rapporto con la totalità dell'essere [...]: noi raggiungiamo un rapporto con il mondo, determinato nelle sue particolarità, soltanto operando continue astrazioni dai fenomeni, partendo dalle necessità del nostro pensiero e della nostra azione, attribuendo a queste la relativa autonomia di un nesso puramente interno, un'autonomia che nega la continuità dei movimenti del mondo al loro essere oggettivo." (26)

Al di là delle convergenze messe in luce tra Simmel e Rickert, il confronto offerto dalla lettura di questo passo restituisce una sostanziale diversità rispetto al peso che l'astrazione ricopre nel complesso della vita dell'uomo, e al rapporto che di volta in volta intrattiene con i suoi fini, rapporto che ne modifica di conseguenza il contenuto. In Simmel infatti ritroviamo una centralità dell'astrazione rispetto al complesso dell'esistenza che sembra passare in secondo piano negli interessi di Rickert.

Come chiaramente si deduce dal brano più su riportato, e come pure si è già sottinteso, il processo di oggettivazione necessario ad astrarre dalla totalità inesauribile del reale singoli elementi unitari, processo che conduce alla formazione di un oggetto e alla correlativa distanza di questo dal soggetto, è per Simmel in riferimento alla categoria di funzione. Essa dunque, al contrario che in  Rickert, costituisce lo scopo di tutta la riflessione sull'astrazione, e assume nel quadro del pensiero di Simmel un ruolo fondamentale per la comprensione del suo relativismo, rappresentandone pure il maggior contributo teorico. L'oggettivazione si configura dunque come  un processo di astrazione dalla totalità del reale il quale viene suddiviso e delimitato in funzione degli scopi dell'oggettivazione stessa, dando forma agli oggetti reali o ideali, teorici o pratici. Si comprende ora che la relatività dell'unità, che come risultato dell'astrazione chiamiamo oggetto, non attiene soltanto al suo essere provvisoria rispetto al tempo e parziale rispetto  allo  spazio, ma anche a un'istanza esterna ad esse, alla funzione cui assolve per il soggetto. E si comprende pure che è anzi questa a definire quelle nella loro relatività. E' una diversa prospettiva quella da cui ora si coglie la relatività dell'oggetto. Se prima si è privilegiato come riferimento il continuum eterogeneo del reale, rispetto al quale quest'unità relativa si definiva in rapporto allo spazio e al tempo, adesso si privilegia il processo di costituzione di quest'unità, dunque non più l'unità stessa, ma l'istanza esterna ad essa che, proprio perché esterna,  può consentire l'unificazione. Tale istanza consiste appunto nella funzione cui l'oggetto assolve per il soggetto: è essa che fonda la  relatività rispetto al tempo e allo spazio.

La categoria di funzione, oltre a stabilire un confine con il pensiero di Rickert, consente di aprire un proficuo confronto tra Simmel e Cassirer. Non possiamo però qui soffermarci sul suo significato e sull'uso che ne fa Simmel per non interrompere il discorso sull'oggettivazione come formazione correlata di soggetto e  oggetto.

  2.4 L 'oggetto come forma, la conoscenza come dare forma

Tornando quindi all'ambito delle riflessioni su questo  argomento,  possiamo domandarci come si configura l'oggetto nel quadro teorico che si è venuto delineando.  Credo di dover dare due distinte risposte a questa domanda, l'una relativa all'oggetto dal punto di vista del fenomeno, l'altra all'oggetto inteso dal punto di vista del realismo (empirico). Dalla prima di queste due risposte emergerà pure per contrasto il significato del soggetto.

Richiamandosi a Kant, e concordando con l'impostazione di Rickert, come abbiamo visto, Simmel identifica l'oggetto come unità sintetica, che in lui ha assunto però il significato esplicito di appartenenza funzionale e reciproca (27), delle rappresentazioni che isoliamo e selezioniamo dal flusso continuo come reciprocamente appartenentisi (28). Questa unità è la forma del rapporto di tali rappresentazioni, ed è parimenti la necessità (29) di tale rapporto: "[...] l'uno è necessariamente presente se è dato l'altro, e così  reciprocamente." (30), dice Simmel riferendosi ai singoli elementi che come rappresentazioni isoliamo astraendolo dal reale e che, nel loro complesso, costituiscono ciò che chiamiamo oggetto. E questa unità dell'oggetto come  risultato dell'oggettivazione è il riflesso dell'unitarietà dell'Io che la attua.  Nel mondo esterno non esiste unità, unità di senso, ma solo contiguità eterogenea, flusso continuo.  E' l'anima l'unità vitale che organizza tali contenuti riflettendo in esse la propria unità, e che li rende consapevoli al soggetto oggettivandolo. Essa è la "[...] potenza formatrice dell'uomo nei confronti della casualità e del caos di ciò che naturalmente si produce [...]" (31). L'anima è dunque la forma che rende possibile l'oggettivazione (32). La necessità di dare forma alle cose corrisponde al tentativo di ordinare il caos per renderlo intellegibile. La concezione simmeliana dell'anima e del suo rapporto con l'oggettivazione dei contenuti che costituisce l'oggetto chiarisce così anche l'altro polo dell'oggettivazione: quello del soggetto, che in tutte le mie riflessioni è rimasto sin qui solo implicito. Ma si badi a non confondere  soggetto e anima: per Simmel il primo è, al pari dell'oggetto, un'unità sintetica risultante dall'oggettivazione dei contenuti. La seconda è invece la forma che consente a tale oggettivazione di costituire soggetto e oggetto come unità sintetiche interrelate. Mentre il soggetto è un'unità sintetica di cui l'Io è cosciente, e questa coscienza è il risultato del rapporto dinamico con l'oggetto, l'anima si rivela all'Io soltanto nella sua attivita':  "L'enigmatica unità dell'anima non è immediatamente accessibile alla nostra immaginazione, ma lo è soltanto quando si è frantumata in una molteplicità di raggi. Solo attraverso la loro sintesi successiva essa può venir nuovamente definita come unitaria e determinata." (33). Questa sintesi successiva, che si potrebbe interpretare come la fenomenologia dell'anima, è secondo me  il soggetto, ossia il risultato cosciente dell'anima come attività. E la molteplicità di cui parla Simmel non è altro che il risultato di volta in volta diverso che si stabilisce nell'oggettivazione a partire dall'interrelazione tra soggetto e oggetto e che dà al soggetto il carattere della contraddizione e della frammentarietà.

Se confrontiamo questa teorizzazione simmeliana con quella di Cassirer, non notiamo differenze sostanziali: "[...] i concetti di 'soggetto' e 'oggetto' non sono un possesso dato, naturale, del pensiero [...] non [...] che lo spirito  [..] debba solo entrare in possesso di una realtà esteriore, che gli stia di fronte anch'essa in sé conchiusa [...]. Il concetto dell''io' prende forma, piuttosto, proprio come quello dell'oggetto [...]." (34). Il prendere forma di soggetto e oggetto di cui parla Cassirer corrisponde in Simmel al dare forma dell'anima. Dunque anche per Cassirer soggetto e oggetto sono creazioni storiche che ricevono contenuti che sono in relazione tra di loro, e di conseguenza il rapporto che li lega si modifica, dando ad ognuno di volta in volta un diverso contenuto, o se si vuole un diverso significato. Tutta la cultura di un'epoca contribuisce alla definizione dei concetti di io e realtà, ma solo nel rapporto tra filosofia e scienza tale definizione diviene esplicito problema della conoscenza, assumendo unità concettuale consapevole (35). Sia i contenuti che le forme della conoscenza, cioè sia ciò che inerisce a quello  che chiamiamo  oggetto, sia ciò che inerisce al soggetto - sia l'essere che il pensiero - sono dunque elementi relativi, che afferiscono all'ideale della conoscenza che ogni epoca porta con sé Vi è in ciò una storicizzazione delle categorie, dei dati, dei valori, dei fini della conoscenza come della realtà (36). Questa sottolineatura del carattere storico oltre che relativo in senso stretto dei concetto di oggetto e soggetto mi sembra fondamentale, così come l'accento posto sull'importanza della cultura  collettiva nella concettualizzazione del singolo (37). Infatti a questo punto la relatività dei concetti di soggetto e di oggetto non è solo intrinseca al rapporto che si stabilisce di volta in volta tra i due, e che abbiamo via via approfondito come relatività rispetto al tempo, allo spazio e alla funzione. Ora si inserisce una nuova prospettiva, che definisce tale mobile relazione anche in rapporto a un intero orizzonte ideologico che sovrasta l'individuo e ne influenza dal di fuori la categorizzazione e la concettualizzazione, intrattenendo con lui rapporti che vanno al di là della sua stessa consapevolezza (38).

E,  riprendendo  il  nostro  discorso sulla definizione dell'oggetto  e in pgrticolare sul primo significato che Simmel, sulla scia di Kant e dei neokantiani, vi attribuisce,  cosa significa, tenendo conto delle riflessioni sin qui svolte, appartenenza funzionale e reciproca, ossia cosa significa che l'oggettivazione come astrazione dal reale e  la formazione dell'oggetto come unità delle rappresentazioni sono una funzione? (39). L'oggetto che si costituisce assume un contenuto e un significato dalla funzione con cui è in relazione: "[...] il marmo della Venere di Milo ha un certo significato per il cristallografo, e un significato diverso per il filosofo ascetico. Così un elemento dell'essere riconosciuto alla luce di certe determinazioni come 'uno e identico', può diventare per noi un oggetto in molti modi diversi: nella rappresentazione e nel desiderio." (40)

Da un punto di vista teoretico dunque, l'oggettivazione viene compresa come un'operazione del soggetto, e "[...] tutte le datità oggettive originarie come prodotti soggettivi [...]" (41). L'oggetto si configura così come un risultato, non un dato, non un punto di partenza,  e  peraltro  un  risultato sempre aperto, mai definitvvo. "Il processo non consiste nel fatto che due diversi ordini [42], in sé separati, si uniscano erroneamente e si confondano: il dualismo [43] non esiste ancora, né in astratto, né in concreto. I contenuti rappresentativi si presentano a priori come forme completamente unitarie [...] il porre l'accento sull'Io da un lato, sulla cosa dall'altro, è il risultato di un lungo processo di differenziazione che non è mai perfettamente concluso [...]" (44).

2.5 L 'oggetto come limite

A questa prima concezione simmeliana dell'oggetto come contenuto di coscienza del soggetto, e come contenuto funzionale, se ne contrappone un'altra che vede nell'oggetto "[...] soltanto il punto in cui cessa la nostra libertà, qualcosa con cui siamo in rapporto senza poterlo tuttavia assimilare al nostro Io." (45)

L'accento posto sulla libertà  rimanda alla riflessioni fichtiane sull'oggetto come limite che si contrappone all'attività del soggetto, come antitesi nella dialettica di auto-posizione dell'Io tra Io divisibile e Non-Io divisibile. Questa seconda concezione di Simmel dunque rielabora il noumeno kantiano nella direzione di un realismo (empirico) che tiene conto della lezione fichtiana. L'oggetto come limite positivo, da superare in una continua e infinita attività del soggetto, è tanto l'oggetto morale che quello della conoscenza. E questo limite è positivo perché, ostacolando l'espansione del soggetto, ne rende possibile la coscienza (46). Ma è positivo soprattutto perché l'oggettivazione trova un ostacolo invalicabile nella natura positiva del reale, che possiede una parte d'esistenza irriducibile (47) al soggetto (48). Infatti, "Ogni sfera di oggetti [...] trova il proprio limite delle leggi proprie degli oggetti, leggi che la mia volontà non può infrangere. Tuttavia, questo confine non è determinato soltanto dalla resistenza passiva degli oggetti, ma anche, da un altro lato, dai limiti della capacità di espansione del soggetto." (49). 8.6 Il senso della conoscenza come oggettivazione

Si chiude così il cerchio dal quale eravamo partiti nel primo capitolo: apriori e oggetto inteso realisticamente sono i confini sempre di nuovo nella forma posti per essere superati dal soggetto, nella conoscenza come nell'attività morale - il primo indagabile dalla filosofia come epistemologia, il secondo inconoscibile nella sua accezione realistica -.

Ed è proprio questo carattere  di limite insuperabile solo sul piano dell'esistenza che appartiene  tanto all'apriori quanto all'oggetto così come lo si è inteso nella seconda accezione, ciò che definisce la conoscenza come oggettivazione e questa come originaria forma di rapporto dell'uomo col mondo, l'unica possibile (N.d.R. l’unica possibile?). Se infatti l'oggetto non fosse nella forma un prodotto del soggetto, l'oggettivazione non avrebbe senso, la conoscenza non avrebbe il carattere dell'oggettivazione, ossia della produzione  (N.d.R. produzione?) dell'oggetto, ma avrebbe invece il carattere dell'assunzione dell'oggetto, ossia del rapporto immediato  con  esso,  oppure non avrebbe alcun rapporto con esso, e dunque non ci sarebbe alcuna possibilità di conoscenza. In realtà infatti, al di là dell'impostazione simmeliana, che è poi l'impostazione kantiana seppur  con i dovuti distinguo, non si danno altre soluzioni del problema della conoscenza oltre a quelle del realismo e dello scetticismo (N.d.R. Sbagliato! A meno che per realismo non si intenda quello razionale!). 

A proposito dell'impostazione realistica (nel senso che si è chiarito) di Simmel riguardo al rapporto tra pensiero e realtà, vorrei richiamare l'argomentazione di Popper riguardo alla sua maggiore verosimiglianza rispetto all'idealismo (50). Popper afferma infatti che, pur essendo il realismo al pari dell'idealismo una posizione ideologica e dunque in quanto tale né confutabile né inconfutabile, pure a suo favore è possibile addurre se non delle prove almeno delle argomentazioni. E queste sostengono che sia il senso comune - ossia la conoscenza soggettiva - sia tutte le scienze - ossia la conoscenza oggettiva - si basano sull'assunzione implicita del realismo; così come il linguaggio, poiché possiede, al pari delle scienze, sia la funzione descrittiva sia quella argomentativa (51). Questa interpretazione del realismo, comune sia a Popper che a Simmel, pur nelle diverse prospettive, non vuole affatto sostenere la tradizionale immediatezza della conoscenza, assumendo la realtà come data tout court nel pensiero, ma vuole però sottolineare l'esistenza di una realtà al di fuori del soggetto, esistenza indipendente quantunque inconoscibile. E' questa realtà inconoscibile l'oggetto inteso nella sua seconda accezione  ed è a questa che ho fatto riferimento parlando di una rielaborazione del noumeno kantiano nella direzione del realismo mediata dall'oggette-limite di Fichte.

Concludendo, sin qui ci siamo mossi, come si era specificato all'inizio del capitolo, in un'ottica psicologica  e dunque soggettiva dell'oggettivazione. Fin quando infatti analizziamo il rapporto soggetto-oggetto nei termini di coscientizzazione, rappresentazione, differenziazione, interrelazione, ecc., l'oggettivazione si muove ancora sul piano di un soggetto trascendentale, pur se relativizzato e pluralizzato. L'obiettivo - e il paradosso - della filosofia  simmeliana consiste  infatti  nel  tentare un piano   trascendentale     del    discorso   in    senso relativastico e pluralistico. Da questa impostazione deriva il carattere mobile dell'apriori in Simmel. Dunque fin qui l'oggettivazione è stata intesa come processo, nel suo movimento e nei suoi effetti di costituzione specifica di un soggetto e di un oggetto relativizzati e pluralizzati.

2.7 Il fenomeno come costruzione gnoseologica plurale

A questo punto mi sembra di poter sostenere che, a partire dall'interrelazione dinamica dei concetti di soggetto e di oggetto, il contenuto di tali concetti, finalmente emerso come risultato del processo di oggettivazione, si costituisce, per la sua relatività tanto diacronica che sincronica, come originariamente plurale. Se consideriamo in un'ottica kantiana tale contenuto come fenomeno, ne deriva che il fenomeno si costituisce come un prodotto del pensiero originariamente plurale. Ciò significa dire che dal punto di vista dell'oggettivazione come processo di produzione di contenuti oggettivi di pensiero - oggettivi non in senso scientifico ma logico-teoretico - la costituzione di piu' fenomeni per uno stesso noumeno - noumeno come limite positivo all'attività dell'Io, così come abbiamo inteso poco sopra l'oggetto del pensiero nella seconda accezione -  appare senz'altro legittima, appunto perché il fenomeno non è un dato o insieme di dati biunivocavente corrispondenti a un determinato noumeno. E' solo la relativizzazione e la pluralizzazione del fenomeno (52) che rende possibile all'apriori il passaggio dalla sua universalità e necessità alla sua effettualità empirica. Questa effettualità empirica dell'apriori verrebbe in tal modo a essere in stretta relazione con la pluralità del fenomeno. Questo, come prodotto soggettivo della conoscenza, non solo non deve essere unico per ogni noumeno, ma deve potersi modificare in un processo dinamico continuo. Se infatti il fenomeno fosse unico e stabile, si riproporrebbe al suo livello quel problema del rapporto tra realtà e pensiero che al livello del noumeno Kant ha dichiarato impossibile per il soggetto. Mentre, dunque, il  fatto - il che - è un'assunzione realistica, il fenomeno - il che cosa - è una costruzione gnoseologica plurale. E' solo a partire   da qui che si dà la possibilità di un'oggettivazione come unica forma di rapporto, nella rappresentazione, dell'uomo col mondo, intendendo come uomo il soggetto trascendentale sì, ma pluralizzato e relativizzato, e dunque l'oggettivazione come conoscenza soggettiva, che è l'argomento trattato in questo capitolo.

E, altrettanto,  solo quando si dà una pluralità di fenomeni possibili, ossia tutti altrettanto legittimi dal punto di vista della loro costituzione per il soggetto singolo,  si pone il problema di quale tra essi sia quello oggettivo, ossia si pone il problema dell'oggettività della rappresentazione, della possibilità della conoscenza oggettiva, che sposta il discorso dal piano del contingente al piano del necessario, cioè a quello della conoscenza scientifica. Infatti, se non si assume il fenomeno come originariamente plurale, la possibilità della conoscenza e la sua oggettività si appiattiscono l'una sull'altra identificandosi. E', visto da un'altra prospettiva, lo stesso problema che ci si era posto  nel primo capitolo a proposito dell'apriori (93). Il criterio  che decide  dell'oggettività della conoscenza si configupa cosi' come criterio che decide dell'oggettività di un fenomeno tra altri, riferiti tutti ad uno stesso noumeno, ad uno stesso contenuto del pensiero. Questo criterio in prima istanza esterno si fonderà allora non sull'alternativa - che è stata nel primo capitolo dedotta come impossibile - tra uso e non uso dell'apriori, ma sull'uso di certe sue forme in contrapposizione a certe altre parimenti possibili, ma non altrettanto foriere di oggettività.

Ed è vero che in seconda istanza la decisione di quale fenomeno sia oggettivo, non essendo questo esclusivo, sarà allora fondata come afferma Kant su un criterio interno al sistema di conoscenza di cui quelle forme costituiscono gli apriori concreti, sistema che le adotta come oggettive e che dunque dà ai fenomeni che a partire da esse vengono unificati il carattere dell'oggettività.

Se la decisione su quali siano tali forme oggettive che con la loro applicazione trasferiscono oggettività sul fenomeno che ad esse si adegua, non essendo esclusive ma come abbiamo visto storiche nella loro concreta forma, non può basarsi su di un criterio  interno  al  sistema della conoscenza, ovverossia sul circolo vizioso che abbiamo visto crearsi tra oggettività del fenomeno perché si adegua a delle forme oggettive, e oggettività delle forme perché producono uh fenomeno oggettivo. L'oggettività delle forme deve insomma trovare al di fuori di sé un criterio che la fondi.

Si stabilisce così una scala di valori tra i diversi fenomeni, una scala di oggettività che ci conduce subito su di un piano diverso da quello gnoseologico dell'oggettivazione come rapporto intercostitutivo soggetto-oggetto: sul piano cioè del problema epistemologico della conoscenza scientifica. Qui il significato del rapporto tra  soggetto e oggetto si trasforma in quello del rapporto tra soggettivo e oggettivo. E la legittimità che sul piano dell'oggettivazione afferiva a tutti i fenomeni deve necessariamente sul piano dell'oggettività scientifica restringersi alla scelta di uno solo tra questi. Ma tale scelta tra fenomeni è possibile proprio a partire dalla loro pluralità. Entra qui il discorso sul giudizio riflettente (54).

Dobbiamo  di  necessità abbandonare  queste riflessioni perché il piano sul quale si muovono è già tutto interno alla logica dei contenuti del pensiero, che come si è detto, esula dall'ambito del lavoro che qui viene effettivamente svolto. Ma il passo intermedio che, anche se si volessero affrontare in questa sede tali complessi problemi, mi sembra si dovrebbe compiere per collegare la riflessione sull'oggettività scientifica all'oggettivazione come processo da parte del soggetto empirico è costituito dall'analisi degli effetti dell'oggettivazione non per il singolo ma per tutti i soggetti possibili. Si sarà già compreso che si sta parlando della costituzione, a partire dall'oggettivazione del soggetto, di un mondo, oggettivo per quanto ideale, di contenuti oggeitivi. Ma e' necessario, per ora, soltanto tenere a mente due delle  acquisizioni che il capitolo che stiamo lasciando ci ha fornito: il rapporto soggetto-oggetto come oggettivazione, e come oggettivazione nella rappresentazione, e l'oggetto a un tempo come fenomeno e come limite. A partire da esse si costruiranno le argomentazioni necessarie a sostenere l'ipotesi di un'oggettivazione  oggettiva, ossia di un'oggettivazione che da' gia' per costituiti i contenuti delle oggettivazioni del soggetto, analizzandola quindi non più come processo, ma nell'articolarsi dei suoi contenuti al di là del  soggetto.

 Abstract

L'oggettivazione come presa di coscienza del soggetto. La rappresentazione come forma fondamentale di rapporto dell'uomo con il mondo: oggettivazione e differenziazione nella fondazione di soggetto e oggetto. Rappresentazione, oggettivazione, differenziazione, interrelazione. Il rapporto essere e pensiero: l'oggettivazione come astrazione in Simmel e in Rickert. Oggetto, oggettivazione, funzione. L'oggetto come prodotto: il rapporto con Kant. L'interrelazione soggetto oggetto: l'anima come attività. L'anima come forma: il soggetto e l'oggetto come risultati in Cassirer e in Simmel. Cassirer e la storicizzazione dei concetti di soggetto e oggetto. L'oggetto come limite: il rapporto con Fichte. Forma e esistenza nell'oggetto: il senso dell'oggettivazione e le soluzioni al problema della conoscenza. Il significato del realismo in Simmel e in Popper. Il fenomeno come costruzione gnoseologica plurale. L'oggettivazione come conoscenza soggettiva e l'oggettivazione come conoscenza oggettiva: il processo e il suo contenuto.

 

  Note al capitolo secondo

1: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.99 sg. Si metta a confronto il passo con questa frase di Cassirer: "L'idea dell'io non è affatto più originaria e logicamente più immediata dell'idea di oggetto, giacché sussistono soltanto l'una con l'altra e si possono sviluppare soltanto in un continuo rapporto di dipendenza reciproca." Vedi Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.391.

2: Cfr. n.19, cap.I.

3: Simmel G., Filosofia del danaro cit., pp.100-101.

4: L'approfondimento di questa tematica esula dagli obiettivi di questo lavoro. Rimandiamo però comunque al capitolo III, par.3.1, che, pur non esaurendone la complessità, fornisce degli elementi  per la comprensione del perché di questa affermazione.

5: Non ci si sofferma per ora sull'importanza che riveste in Simmel la categoria del possibile, ossia del logico: verrà ripresa più avanti nella trattazione del terzo mondo; qui, in un discorso sull'oggettivazione, ci porterebbe fuori strada. Vedi il cap.IV, par.4.2 del presente lavoro.

6: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.101 sg.

7: Vedi più in generale, Ibid., pp.99-111.

8: Si vedano, per la concezione simmeliana dell'oggetto nel senso del realismo, ossia dell'oggetto reale, più avanti in questo stesso capitolo, i par.2.4 e 2.5, quando si parla delle due soluzioni adottate dall'Autore riguardo all'oggetto.

9: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.101.

14: Vedi cap.I, par.1.5 del presente lavoro.

11: Bruno Accarino, nell'Introduzione a Simmel G., La differenziazione sociale, Bari, Laterza, 1982, p.XVIII sg., individua la chiave della Filosofia del denaro nel concetto di differenza, e la chiave della Sociologia nel concetto di unità. Sociologia e Filosofia del denaro sono dunque tra loro complementari, e si rimandano l'un l'altra.

12: Riguardo all'importanza del concetto di interrelazione nel pensiero di Georg Simmel, vedi il lavoro di David Frisby, op.cit., p.56 sgg. I concetti chiave del suo pensiero sociologico vengono da Frisby descritti con dovizia di citazioni esemplificative (vedi a tal proposito le pp.135-138), indicando anche quali altri autori ne hanno svolto un'analisi. Cfr. Levins D., Introduction a G.Simmel, On Individuality and Social Forms, Chicago, University of Chicago Press; Mayntz R., Simmel, Georg, International Encyclopaedia of Social Science, vol.14, New York, MacMillan & Free Press, 1968; Nedelann B., Strukturprinzipien der soziologischen Denkweise Georg Simmels, in "Koelner Zeitschrift fur Soziologie", 32, 1980.

13: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.111.

14: Anche per un pensatore di differente matrice quale è Ernst Mach, pur nella diversa impostazione metodologica e nella diversa formazione culturale, i concetti di Io, oggetto, ecc., sono costruzioni e non "dati" o "fatti", come lui li definisce; costruzioni che noi facciamo nella rappresentazione. Cfr. a questo proposito Mach E., Conoscenza ed errore, Einaudi, Torino, 1982, p.140 sgg. e p.452 sgg. Mach affiancò al lavoro di fisico interessi più prettamente filosofici, che si avvertono nella nuova impostazione che diede alla fisica degli elementi. Si occupò, con importanti lavori, di critica e storia della scienza fisica secondo la prospettiva di pensiero della fisica fenomenologica.

15: Rimandiamo più avanti in questo stesso capitolo per l'approfondimento dell'impossibilità di una definizione stabile dei concetti di soggetto e oggetto come categorie relazionali: vedi il par.2.4 16: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.84.

17: Ibid., p.119.

18: Cfr. cap.I di questo lavoro, par.1.5

19: Cfr. Rickert H., Il fondamento delle scienze della cultura, Longo, Ravenna, 1979.

20: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.19.

21: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.669.  Cfr. anche  Idem, La differenziazione sociale cit., p.141, quando dice: "[...] ogni sintesi, come ha detto esaurientemente Kant, non può essere nelle cose, ma solo nello spirito [...] e la realtà, rispetto ai nostri concetti, è sempre mediatrice, e sempre un compromesso tra i concetti, che sono solo lati della realtà staccati e autonomizzati nella nostra testa, lati che la realtà contiene in uno stato di fusione con molti altri. Ecco perché la differenziazione, che apparentemente è un principio di separazione, in realtà è spesso un principio di conciliazione e di avvicinamento [...]". Il rimando a Rickert è evidente: nella conoscenza i lati della realtà di cui qui parla Simmel sono dal soggetto estratti dalla loro fusione in essa e per un'operazione di sintesi del soggetto da essa autonomizzati.

22: Cavalli istituisce un interessante parallelo tra il concetto rickertiano di continuum eterogeneo e il concetto simmeliano di interrelazione, di cui mette in evidenza la dimensione ontologica. Cfr. Cavalli A., "Georg Simmel e Max Weber: un confronto su alcune questioni di metodo" cit., p.507 sg. 

23: La concezione della realtà come continuum e della necessità dell'astrazione da esso di elementi considerati significativi in rapporto ad altri viceversa tralasciati come insignificanti è singolarmente presente  anche in Ernst Mach. Cfr. Mach E., op.cit., pp.135-138 e 452-456. Cfr. anche Gargani A., Introduzione a Mach E., op. cit., p.XXVII sg.

24: Cfr. ancora Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.19 sx., quando afferma: "[...] il confine, [...] non solo non è fissato una volta per tutte in modo definitivo, ma [...] lo sconfinamento è possibile proprio perché esiste un confine [...] che non esiste nelle cose: è un dato di pensiero, non un dato di realtà"

25: Vedi Rickert H., op.cit. Si tralascia in questa sede di considerare la natura della legge in Simmel, e il relativo confronto con Rickert, perché mi sembra che il problema andrebbe affrontato all'interno di un discorso sull'oggettività nella scienza.

26: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.113 sg.

27: La stessa prospettiva funzionalista per quel che riguarda la coroscenza si riscontra  anche in Mach, come nota nell'Introduzione cit., alle pp. XVIII-XXII, Aldo Gargani, che opera un interessante parallelo tra il funzionalismo machiano e il relativismo di Einstein. Anche in Mach l'oggetto della conoscenza si costituisca come connessione di rappresentazioni reciprocamente correlate in un'unità sintetica. Cfr. Mach E., op.cit., p.13, p.146, e, più per esteso, pp.272-276.

28: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.164 sgg.

29: Vogliamo tralasciare per ora l'approfondimento pur importante di cosa sia per Simmel questa necessità dell'appartenenza reciproca delle rappresentazioni che chiamiamo oggetto per non anticipare complesse questioni sull'oggettività e la verità nella conoscenza e allontanarci così dall'analisi della concezione simmeliana dell'oggetto. Vedi per questa parte del lavoro, il cap.IV, parr.4.3, 4.8, 4.9 e in partc.4.10.

30: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.166.

31: Ibid., p.886.

32: Ibid., p.657. Per la concezione dell'anima come forma rimandiamo al cap. sg., dove si parla anche della distinzione simmeliana tra anima e spirito. Inoltre, si è ritenuto di dover rimandare anche la trattazione dell'importanza che riveste in Simmel la categoria di forma, per non spezzare l'unità del discorso pregiudicandone la piena comprensione. 

A questo riguardo, vedi cap.IV, parr.4.3, 4.4, 4.8. 

33: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.426 sg.

30: Cassirer E., Storia della filosofia moderna cit., vol.I, tomo I, p.25.

35: Ibid., p.22 sgg.

36: Ibid., p.19 sgg.

37: Queste riflessioni di Cassirer sulla storicità dei concetti di soggetto e oggetto, e sulla loro definizione a partire anche da un movimento interrelato con tutta la cultura dell'epoca sono importantissime per la comprensione oltre che dell'oggettivazione dal punto di vista della costituzione di un mondo oggettivo di contenuti, anche  del rapporto tra vita e forme e della tragedia della cultura in Simmel. Vedi per il primo argomento il cap.III, per il secondo il cap. V di questo lavoro.

38: A partire da qui dovremmo parlare della costituzione del terzo mondo, e dei suoi rapporti col singolo soggetto, spostandoci dall'ambito dell'oggettivazione come processo soggettivo all'ambito dei contenuti oggettivi del pensiero come risultati di tale processo di oggettivazione, che è argomento invece del cap.V.

39: Si fa riferimento, in questo stesso capitolo, al par.2.3.

40: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.119.

41: Ibid., p.457.

42: Simmel si riferisce qui all'ordine oggettivo e a quello soggettivo.

43: Il dualismo soggetto-oggetto.

44: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.434.

45: Ibid., p.649.

46: Ibid., p.472.

47: A proposito di questa "irriducibile realtà delle cose" nel pensiero simmeliano, Vittorio D'Anna parla di una ripresa diretta della posizione empirista e realista di Alois Riehl come interpretazione antimetafisica della filosofia critica.  Cfr. D'Anna V., Georg Simmel. Dalla filosofia del denaro alla filosofia della vita, De Donato, Bari, 1982, pp.26-29 e p.40 sg. La stessa interpretazione del pensiero di Simmel come conciliazione di realismo e filosofia critica è comune anche a Frischeisev-Koehler: vedi Ibid., n.18, p.29 sg.

48: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.466. Per questa concezione realistica della realtà rimandiamo poco più avanti, alla fine del presente capitolo.

49: Ibid., p.472.

50: Cfr. Popper K., Conoscenza oggettiva, Armando, Roma, 1975.

51: Per funzione descrittiva Popper intende il III livello dell'evoluzione del linguaggio, dopo quello dell'autoespressione e quello della segnalazione, comuni anche agli animali. La funzione descrittiva è quella che fonda la comunicazione tra soggetti, comunicazione che si riferisce sempre al mondo come a qualcosa di esterno da descrivere. Per funzione argomentativa invece Popper intende il IV livello dell'evoluzione del linguaggio, rappresentato dalla capacità linguistica della critica razionale, che corregge le definizioni oggettivanti del reale prodotte dalla funzione descrittiva stabilendo tra di loro nessi e relazioni, ossia teorie, che divengono a loro volta oggetti. La funzione argomentativa è quella che fa fare al linguaggio il salto di qualità da mezzo di comunicazione a mezzo di produzione razionale. Cfr. Ibid., p. 186 sgg. L'importanza di queste argomentazioni popperiane per il nostro discorso, soprattutto di quest'ultima relativa alla funzione argomentativa come produttrice di relazioni tra definizioni, ossia di teorie come oggetti,  si apprezzerà meglio durante la trattazione dell'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero: vedi cap.III, par.3.2.

52: Vedi cap.I, parr.1.3 e 1.4 di questo stesso lavoro.

53: Il concetto di fenomeno come costruzione gnoseologica plurale è individuabile nell'analisi che Frisby fa del concetto simmeliano di individuo e del suo rapporto col concetto di gruppo. Vedi a tal proposito Frisby D., op. cit., pp.90- 97. In questo senso, mi è sembrato possibile ricostruire dell'epistemologia simmeliana, a partire dal rapporto tra individuo e gruppo, anche il rapporto tra universale e particolare. Vedi per questo argomento, il cap.IV del presente lavoro, ai parr.4.4 e 4.5

54: Per lo sviluppo di queste riflessioni, vedi il cap.III, par.2.4 e il cap.IV, parr.4.2 e 4.9 del presente lavoro.  

 

Capitolo terzo

L'oggettivazione come categoria costitutiva del terzo mondo.

3.1 Essere e valore come modi della rappresentazione

Il problema dell'oggettivazione in Simmel si chiarirà nel presente capitolo come  un problema estremamente sfaccettato, che si situa su diversi livelli e piani del discorso, non sempre chiaramente distinti né tematizzati dall'Autore.

Da un lato, infatti,  è rintracciabile un'oggettivazione come forma della rappresentazione del soggetto, quella che abbiamo appena lasciato nel precedente capitolo. Essa però, come vedremo adesso, si specifica e si caratterizza soltanto costituendosi nella serie dell'essere o in quella del valore. Queste due serie si configurano in tal modo nel senso dei due modi spinoziani, ma spostati per così' dire tutti sul lato del soggetto. E' in queste due serie infatti che  il soggetto  assume le proprie rappresentazioni seguendo in ognuna due distinti principi per la costituzione dell'esperienza; esperienza che, considerata non dal punto di vista dell'atto psicologico, del processo, ma dal punto di vista del contenuto di quest'atto, del prodotto, costituisce il terzo mondo dei contenuti oggettivi di pensiero di cui parla Popper.

Da un altro lato, però, si presenta nel pensiero di Simmel un'oggettivazione sovraindividuale che si concretizza nelle forme oggettive della cultura come accumulo del patrimonio di conoscenze e di acquisizioni che da un punto di vista storico i singoli soggetti hanno prodotto. Ed e' questo secondo tipo di oggettivazione che permette un rapporto con lo spirito oggettivo di Hegel introducendo il grande tema simmeliano del contrasto vita-forme e della tragedia della cultura: quella cui fa riferimento Cavalli quando parla di oggettivazione.

Un terzo piano, infine, è quello dell'oggettività logica dei contenuti del pensiero, che scinde tali contenuti dalla loro matrice psicologica per individuarvi una validità logica intemporale che serva da norma e modello per l'oggettivazione intesa nella sua prima accezione - ed è quella che per un verso riallaccia Simmel a Platone, a Kant e a Cassirer, per l'altro apre un confronto con il valore in Rickert. 

Ciò che in questo capitolo tenterò di ricostruire a partire dai frammenti e dalle riflessioni sparse che si trovano nell'opera simmeliana è il significato del primo e del terzo livello dell'oggettivazione oltreché la loro interrelazione nel soggetto, interrelazione che conduce il discorso necessariamente sul piano del giudizio che consente la scelta tra le rappresentazioni, e quindi all'interno di un orizzonte kantiano. Per quanto riguarda il secondo livello dell'oggettivazione, quello sovraindividuale delle forme oggettive della cultura, lo considero come oggettivazione che si costituisce a partire da una delle due serie cui fanno riferimento le nostre rappresentazioni del mondo, la serie del valore, e quindi riservo la sua trattazione ad un momento successivo.

Entrando ora nel merito dell'argomento, dopo queste chiarificazioni che mi sembravano necessarie perché non confondessimo i vari piani su cui si sta via via strutturando  il nostro discorso, riprendiamo, per poter procedere oltre, dal punto nel quale eravamo giunti.

Cavalli mette in evidenza come il problema dell'oggettivazione sia fondamentale in tutto il pensiero di Simmel, ma poi, nella sua argomentazione, impostata sociologicamente, sembra soffermarsi solo sull'oggettivazione come forma di costituzione del mondo del valore, quindi solo sull'oggettivazione come attività morale del soggetto, tralasciandone il significato di oggettivazione dei contenuti logici del pensiero per la costituzione del mondo degli oggetti (1). L'obiettivo che il capitolo appena lasciato si era proposto era invece quello di dimostrare che il problema dell'oggettivazione non si riduce in Simmel al solo piano dell'oggettivazione dei valori. L'oggettivazione,  come forma fondamentale di rapporto dell'uomo con la realtà, costituisce anche il mondo degli oggetti, i quali possono darsi al soggetto solo a partire dall'oggettivazione stessa, e quindi a partire dalla rappresentazione che la ingloba. Si chiarisce così perché, a proposito dell'oggettivazione come presa di coscienza di se stesso da parte del soggetto, si era introdotta   la  rappresentazione  e la si era giudicata fondamentale per comprendere sia l'epistemologia che l'etica simmeliana (2). L'oggetto nel senso del realismo si costituisce come limite sia nella conoscenza che nell'attività morale del soggetto. Ma l'oggetto come  fenomeno, sia esso etico o gnoseologico, è pure l'unico col quale l'uomo possa stabilire un rapporto. Ed  esso è precisamente il risultato dell'oggettivazione che si attua nella rappresentazione, oggettivazione che è la forma necessaria di rapporto dell'uomo col mondo, anche se, ancora una volta, necessaria nella sua esistenza, non nella sua forma.  

La rappresentazione diviene per lo spirito la forma fondamentale di rapporto col mondo, sia nella sfera pratica dell'agire sia in quella teoretica del conoscere. I risultati dell'oggettivazione che nel capitolo precedente abbiamo analizzato come processo del singolo soggetto nei confronti della realtà vengono dunque a costituirsi come contenuti di pensiero dotati di una propria realtà, di una propria legittimità. Essi divengono, come prodotti dal pensiero, i contenuti dell'immagine del mondo assunti nelle due serie del valore  e  dell'essere, che si costituiscono come le due forme originaree della nostra rappresentazione. "Il valore forma [...] in un certo senso la controparte dell'essere ed è proprio come forma comprensiva e categoria dell'immagine del mondo in molti modi ad esso paragonabile." (3).

Sia l'ordinamento in base alla categoria del valore sia l'ordinamento in base alla categoria dell'essere vengono da Simmel considerati due fenomeni originari, ossia fondamentali e irriducibili, mediante i quali si forma la visione del mondo. Essi sono forme della rappresentazione attraverso le quali il soggetto assume un rapporto con le cose: essere e valore sono posizioni del soggetto e non predicati delle cose."[...] l'essere è [...] una forma originaria della nostra rappresentazione [...]  Il valore si comporta nella stessa precisa maniera rispetto agli oggetti." (5) Così l’essere come il valore si configurano come criteri diversi ma non per questo antagonisti di rappresentazione delle cose. Realtà naturale e realtà dotata di valore sono ordini indipendenti l'uno dall'altro ma ambedue fondamentali, ordini nei quali andiamo  a  collocare  i  nostri  singoli contenuti e le nostresingole rappresentazioni (5). L'oggetto come valore e l'oggetto come realtà sono completamente diversi, pur potendo riferirsi allo stesso fenomeno: il primo appartiene al mondo pratico, il secondo al mondo teoretico. Ma sia nel primo che nel secondo di questi due mondi l'oggetto è una formazione correlata a quella del soggetto che si costituisce a partire dalla distanza che proviene dall'oggettivazione (6). In questo dualismo tra essere e valore come due serie che dividono la realtà non dal punto di vista ontologico ma trascendentale, vediamo chiarissimo il rimando a Spinoza e alle due serie del pensiero e dell'estensione. E Simmel stesso esplicitamente vi fa riferimento quando dice: "Se è difficile definire cosa sia in effetti l'essere, non meno difficile è rispondere alla medesima domanda rispetto al valore. Mentre entrambi hanno formalmente lo stesso rapporto con le cose, essi sono fra di loro così estranei come per Spinoza il pensiero e l'estensione; proprio perché entrambi esprimono la stessa cosa, la sostanza assoluta, ma ognuno a proprio modo e in forma in sé compiuta, l'uno non può mai confondersi  con l'altro. Non si sovrappongono mai, dato che colgono i concetti delle cose in base a criteri completamente diversi."  (7). Bisogna però intendere bene questo parallelo che Simmel stesso istituisce con Spinoza. La posizione metafisica di quest'ultimo rispetto al problema della sostanza è lontanissima dalla concezione simmeliana, che intende invece le due serie di essere e valore come risultato di una posizione internamente prospettivistica e relativistica del soggetto. Nel riferimento alla sostanza spinoziana come al sostrato in sé  unitario che può manifestarsi a noi solo nelle due serie dell'essere e del valore si può forse individuare un paragone implicito di Simmel col noumeno kantiano, col quid inconoscibile  che viene espresso dai nostri contenuti secondo i due modi dell'essere e del valore e che solo fenomenizzandosi come essere o come valore, nell'una o nell'altra serie, può divenire per noi conoscibile.

3.2 La costituzione di un terzo mondo di rappresentazioni oggettive

Mondo  del  valore  e  mondo dell'essere sono i due mondi

nei quali il soggetto idealmente colloca ogni sua singola rappresentazione. Essi dunque, come mondi ideali che si formano a partire dal soggetto, si costituiscono come quel terzo mondo di cui parla Popper a proposito dei contenuti oggettivi della conoscenza. La teoria di Popper sui tre mondi ai quali il soggetto appartiene e che egli stesso nel contempo produce caratterizza il primo come fisico, ossia degli stati fisici, il secondo come mentale, ossia dei processi psichici, il terzo come ideale, ossia delle idee (o intellegibili) visti nel loro essere puri contenuti di pensiero, prodotti in parte dal secondo (8).

Se ci soffermiamo sulla concezione popperiana del terzo mondo, vi troveremo molti punti di contatto con l'argomento preso qui in esame, oltreché stimolanti riflessioni per ampliare e approfondire l'orizzonte del nostro discorso. Il secondo mondo è quello costituito dagli atti di pensiero consapevoli e intenzionali dei

singoli soggetti, è quindi quello che produce, con la sua attività, il terzo. Ma questo, pur configurandosi in prima approssimazione come un prodotto del mondo dei soggetti empirici, è dotato, una volta costituitosi, di una propria autonomia e di una propria logica interna che travalicano il soggetto. Infatti ciò che ora, nel terzo mondo, caratterizza i puri contenuti di pensiero non è più il loro essere degli effetti causali del soggetto, dei risultati a lui legati dal punto di vista della loro esistenza. Ormai i puri contenuti si autonomizzano rispetto a questo rapporto di dipendenza dal soggetto, e ciò su cui si deve porre l'accento è il loro essere oggettivo, la loro oggettività. Ma bisogna chiarirne il senso: essa non fa riferimento all'alternativa vero/falso propria della teoria della conoscenza del senso comune, né all'oggettività dell'intemporalmente valido,  ma all'oggettività del trascendentale (9).

A questo punto diviene chiaro che l'oggettivazione come rapporto soggetto-oggetto nel senso in cui è stata affrontata nel precedente capitolo si specifica come operazione appartenente al secondo mondo, e come operazione che produce puri contenuti di pensiero, ossia oggetti del terzo mondo.  Ma se per Popper al terzo mondo afferiscono tutti i contenuti si pensiero prodotti dai  soggetti  empirici,  in  maniera  tale che in prima vstanza si puo' dire che esso si costituisce come un prodotto del soggetto, pure il suo contenuto non si esaurisce soltanto in tali consapevoli prodotti del pensiero, in tali risultati dei processi di oggettivazione del secondo mondo, ma si allarga a contenere anche tutte le implicazioni e tutte le conseguenze logiche che, pur non venendo esplicitamente tematizzate nel secondo mondo, sono contenute nei suoi prodotti come potenziale logico. Ciò che costituisce l'oggetto del terzo mondo popperiano sono infatti non solo teorie e argomentazioni, e ciò al di là del loro essere vere o false, ma anche tutte le relazioni tra idee, tutti i problemi che dal loro incontro e dal loro scontro derivano come conseguenze logiche possibili di quelle teorie, di quelle idee prodotte nel secondo mondo. Quindi se si può ben dire che una parte del terzo mondo è prodotta dal soggetto, sia esso epistemico o etico, pure vi è un'enorme estensione di esso che sfugge al soggetto, e che forse può essere considerata di sua produzione solo intendendo per soggetto l'insieme atemporale di tutti i soggetti possibili (10). Ci risulta agevole dunque comprendere in questa luce come Popper affermi che, sebbene il suo terzo mondo rientri in quel pluralismo filosofico che ha indotto alcuni filosofi a riconoscere l'esistenza di un terzo mondo oggettivo di intellegibili, e, sebbene, in particolare, secondo le sue parole, esso abbia "[...] molto in comune con la teoria di Platone delle forme o idee, e quindi anche con lo spirito oggettivo di Hegel [...]" (11), pure se ne distacca decisamente in alcuni aspetti essenziali. Se lo si paragona con il mondo delle idee platoniche, la comune caratteristica delle idee e dei contenuti oggettivi di pensiero di essere ambedue degli intellegibili dotati di realtà propria passa in secondo piano rispetto  al fatto che il mondo platonico è  assolutamente immutabile ed eterno nella sua verità. Le forme pure che ne costituiscono gli oggetti sono infatti archetipi, modelli delle cose. Ciò che Popper invece  chiama "contenuti oggettivi di pensiero" non ha nulla della verità ideale dell'archetipo: essi sono più propriamente sistemi teorici e sistemi di valori, come mi sembra di poter legittimamente dedurre dal suo riferimento sia al campo scientifico che a quello  artistico  (12),  non  soltanto  però in quanto realta' chiuse e definate, ma anche in quanto frammenti aperti, mutevoli e incompiuti. E' così che egli può dire, parafrasando Platone, che noi non creiamo ma scopriamo tali idee, tali teorie, proprio perché esse sono già appartenenti al terzo mondo come conseguenze logiche possibili, e così, venendo da noi scoperte,  divengono prodotti coscienti del secondo mondo. Ma il senso di questa "scoperta", proprio nella mutata concezione di tali oggetti, è completamente diverso. Nel caso di Popper questa scoperta avviene in quanto già contenuta come sviluppo implicito di teorie o contenuti precedentemente già sviluppati dal soggetto empirico. Per Platone  e,  come vedremo più avanti in questo stesso capitolo, anche per Simmel e per Cassirer, la scoperta è invece quella che il soggetto empirico fa dell'intemporalmente valido, dell'in sé della forma pura: é l'intuizione dell'idea, concettualmente irraggiungibile (13). 

Questa diversa impostazione si chiarisce considerando che in Popper la possibilità di costituzione di un terzo mondo di contenuti oggettivi di pensiero si basa sul linguaggio, che è per eccellenza strumento  del pensiero concettuale, dunque lontanissimo dall'intuitivqta' dell'idea. E, in particolare, per Popper il linguaggio può costituire il terzo mondo per  quella sua caratteristica che lo distingue, e ci distingue, dalle forme comunicative degli animali, trasformando il linguaggio stesso da mezzo di comunicazione a mezzo di produzione razionale: la funzione argomentativa, che scinde il rapporto del soggetto con l'oggetto del reale e rende possibile la relazione tra idee, in altri termini il metalinguaggio (14). 

Se quindi per Platone il mondo delle idee è il mondo delle forme pure in sé concluse, cui il soggetto empirico può attingere solo a partire dall'intuizione, e che dunque rappresenta l'inattuabile nel mondo dei soggetti empirici e l'immutabile rispetto a questo stesso mondo del transeunte,  per Popper, invece, tra secondo e terzo mondo si stabilisce un'interrelazione continua e proficua: non soltanto il secondo mondo influisce sul terzo con nuove scoperte e nuove produzioni di pensiero, ma pure il terzo svolge un'azione di feedback, secondo le parole di Popper, sul mondo  dei  soggetti empirici, decretandone il mutamento (15). Con esso, infatci, il soggetto stabilisce un rapporto di scambio che lo costituisce nella sua soggettività in ogni momento e al di là della sua stessa consapevolezza. Popper argomenta che al "rapporto soggetto-oggetto dell'epistemologia tradizionale", che considerava l'oggetto nella sua datità operando una scissione tra pensiero e realtà, bisogna sostituire un diverso significato del termine oggetto (16). In questa prospettiva di pensiero, l'oggetto con cui il soggetto stabilisce un'interazione continua è il terzo mondo. Non vi e' dunque alcun salto da superare, alcun abisso da colmare tra soggetto e oggetto, proprio perché ambedue appartengono alla medesima sfera del pensiero, potrei dire, se non temessi di essere fraintesa, alla stessa sostanza. L'aspetto creativo del nostro rapporto col terzo mondo e' proprio nel fatto che esso rappresenta per il soggetto la possibilità di autotrascendere la propria singolarità empirica: attraverso la critica immaginativa, noi trascendiamo i limiti della nostra esistenza spazio-temporale. Questo annullamento di tali limiti rende possibile una comunicazione  intersoggettiva  che  fa assumere ad ognisingola esistenza il valore di una potenziale fonte di arricchimento per tutte le altre. La concezione della possibilità di una comunicazione intersoggettiva istituita dal terzo mondo oggettivo è comune sia a Simmel che a Cassirer. In questo senso il terzo mondo è risoggettivizzabile all'infinito, per cui il suo valore risulta incommensurabile da un punto di vista culturale.  (17).

A me  sembra dunque che la trascendentalità del terzo mondo popperiano si riferisca soltanto alla considerazione dell'oggettivazione come rapporto soggetto-oggetto vista dal lato del prodotto di tale oggettivazione, dal lato dell'oggetto come risultato di tale processo. L'essere di questo terzo mondo allora è costituito dai singoli contenuti che ogni singolo soggetto ha prodotto nel corso della propria esistenza, e dunque rappresenta il risultato di tutto questo accumulo di oggettivazioni passate e presenti, che continuano a vivere e a pulsare anche se ognuno dei soggetti che le ha prodotte ha potuto nel corso della sua esistenza attingervi in maniera limitata. In questo senso, e soltanto in questo, Popper  può avvicinare  il suo terzo mondo alfo spirito oggettivo di Hegel, e, aggiungerei io, alle forme oggettive di Simmel (18). Ma, nel punto in cui ai rapporti tra mondo dei soggetti e mondo dei contenuti oggettivi viene attribuito un interscambio (che da un lato arricchisce continuamente ambedue e dall'altro travalica per i modi di tale arricchimento  qualunque possibilità di previsione), avviene il distacco tra il pensiero di Popper e lo spirito oggettivo di Hegel. Secondo le stesse parole di Popper: "Il fatto che lo 'Spirito oggettivo' e lo 'Spirito assoluto' di Hegel siano soggetti al mutamento è il solo punto in cui i suoi Spiriti sono più simili al mio 'terzo mcndo' che al mondo delle Idee di Platone [...]. [Ma] Secondo Hegel, sebbene tanto lo Spirito oggettivo (inclusa la creazione artistica) quanto lo Spirito assoluto (compresa la filosofia) siano produzioni umane, l'uomo non è creativo. E' lo Spirito oggettivo ipostatizzato, è la divina auto-coscienza dell'Universo a muovere l'uomo: 'gli individui ... sono strumenti', strumenti dello Spirito dell'epoca [...]" (19).

Popper dunque critica in Hegel la mancanza di qualsuque autonomia e creatività  del soggetto empirico  e quindi l'impossibilità di un qualsivoglia arricchimento del mondo oggettivo fuori dai disegni trascendenti di una coscienza ultratemporale (20).

3.3 Il dualismo tra essere e valore: essere e valore come mondi della rappresentazione

A questo punto, dopo aver chiarito il rapporto dell'oggettivazione come forma della rappresentazione in Simmel col terzo mondo di Popper, terzo mondo sul quale ci è sembrato necessario soffermarci a lungo per capire bene in che senso Popper parli di oggentività e di oggettivo, riprendiamo on Simmel il significato dell'oggettivazione nella prima accezione individuata all'inizio del capitolo, ossia come rappresentazione possibile soltanto nelle due serie dell'essere e del valore, per vederne il collegamento con Kant da un lato e con Platone e Cassirer dall'altro. Essere e valore, in questa prospettiva, si definiscono come due modi. Proprio in vista della loro dualità originaria, essi sono   modi   non   assoluti  di  guardare alle cose, di assumere le cose in noi; ciascuno esprime il mondo nella sua totalità, ognuno però secondo il proprio specifico significato, e il soggetto ha bisogno di entrambi per poter esistere. L'ordinamento in base al valore come l'ordinamento in base all'essere sono due operazioni del soggetto, che crea due diversi mondi a sé stanti.

Ma come vedremo più avanti (21), non solo la loro esistenza è ideale, nel senso che essi si costituiscono come posizioni del soggetto e non come  attributi della realtà, ma anche la loro separatezza, perché nella concretezza del soggetto essi si intersecano di continuo, e l'uno non può esistere senza l'altro, l'uno e' sempre in relazione all'altro, di cui presuppone l'esistenza perché il soggetto possa concretamente pensare e agire.  

Vorrei poter chiamare l'oggettivazione che avviene nella serie dell'essere oggettivazione dei contenuti del pensiero, mentre quella  nella serie del valore oggettivazione delle forme: nella prima come nella seconda si attua la costruzione di un mondo esterno al soggetto, che gli si pone di fronte come un che di estraneo,  nel  primo  caso  definito  come  natura, nel secrndo come cultura. I principi che infatti presiedono a tali costruzioni sono completamente diversi: nel mondo dell'essere vige il principio del rapporto di causa-effetto, il principio della causalità naturale, che Simmel definisce come terminus a quo, nel mondo del valore, invece, vige il principio della finalità, altrimenti definito del terminus ad quem (22). Secondo questi due principi vengono costruite dal soggetto catene o serie di fenomeni completamente diverse, alle quali è però comune un implicito rimando al concetto di relazione, di interrelazione tra i fenomeni che compaiono come elementi di ogni serie. Ancora una volta qui si esprime il carattere primariamente e originariamente relazionale e relativo che Simmel attribuisce ai concetti. Che terminus a quo e terminus ad quem facciano riferimento a due distinte interpretazioni (23) del reale che si intersecano in tutta la storia dello spirito è da Simmel chiarito esplicitamente quando parla di orientamento causale e orientamento teleologico e afferma che l'origine dei due orientamenti è l'agire pratico: "Il grande contrasto di tutta la  storia  dello spirito: se si debba esaminare e cefcare di comprendere i contenuti degla realtà a partire dalle loro cause o dalle loro conseguenze, il contrasto tra l'orientamento di pensiero causale e quello teleologico, trova il suo archetipo in una differenza interna alle nostre motivazioni pratiche." (24). Seguendo lo schema causa-effetto, il nostro agire si configura come meccanico, e in esso non si presenta alcuna uguaglianza a livello dei contenuti tra la causa e l'effetto: in questo senso l'Io si risolve completamente nel mondo della causalità naturale. Se invece di legare l'azione a una causa, noi la leghiamo al risultato, l'agire si configura come teleologico, ossia come rivolto a un fine, e in tal caso tra causa e effetto vi è un'identità di contenuto in quanto la prima appare come tensione verso il secondo. Da questo punto di vista l'Io cessa di apparire come una parte del mondo della causalità naturale e crea un secondo mondo, il mondo dei valori. Dunque da questo punto di vista serie teleologica e serie causale sono i due modi nei quali il soggetto struttura l'esperienza. I mondi che a partire da questi due modi si formano, il mondo del valore  e il mondo dell'essere,  assumono il significato  di due prospettive diverse di approccio alle cose. I principi che guidano tali costituzioni hanno da questo punto di vista un valore solo regolativo: nell'un caso ci rappresentiamo la realtà come se fosse strutturata secondo il principio causale, nell'altro come se fosse guidata da un principio teleologico. Ambedue le prospettive ordinano la realtà in un piano strutturato e coerente, in cui ogni elemento trova il suo posto e il suo significato. Esse si configurano in tal modo come forme secondo le quali noi mettiamo ordine nei fenomeni, forme del nostro rapporto col mondo. Se questa mia interpretazione è valida, non sembrerà azzardato agganciarci al Kant della Critica del Giudizio, quando, nella divisione delle facoltà dell'anima, col termine Begehrungsvermogen intende letteralmente facoltà di tendere, e non di desiderare (25). Infatti ciò' confermerebbe la sostanziale analogia tra la kantiana volontà come facoltà di tendere, ossia di costruire serie teleologiche, e la simmeliana forma di rappresentazione che costruisce il mondo del valore, cioè struttura le rappresentazioni in serie teleologiche. Considero utile riportare  i passi di Kant nei quali quenta suddivisione riscontrata in Simmel tra serie dell'essere e serie del valore come due approcci alla realtà a partire dai quali si costituiscono due diversi mondi sembra avere la sua origine e la sua matrice più prossima: "Tutta la nostra facoltà di conoscere ha due dominii, quello dei concetti della natura e quello del concetto della libertà [...] ma il territorio, su cui fonda il suo dominio e su cui esercita la sua legislazione, è sempre soltanto l'insieme degli oggetti di ogni esperienza possibile, in quanto essi non sono considerati, se non cose, semplici fenomeni [...]. La legislazione mediante concetti naturali avviene mediante l'intelletto, ed è teoretica. La legislazione mediante il concetto di libertà è data dalla ragione, ed è puramente pratica. [...] L'intelletto e la ragione hanno dunque due legislazioni differenti su di un solo e medesimo territorio dell'esperienza, senza che l'una possa pregiudicare l'altra." (26). E ancora: "L'intelletto e' legislatore a priori per la natura [...] in vista di una conoscenza teoretica [...]. La ragione e' legislatrice a priori per la libertà e  per la  sua propria causalità, in quanto elemento soprasensibile del soggetto, in vista di una conoscenza pratica incondizionata. Il dominio del concetto della natura, che è sottomesso alla prima legislazione, e quello del concetto della libertà, sottomesso alla seconda, sono interamente separati [...] dal grande abisso che divide il soprasensibile dai fenomeni. Il concetto della libertà non determina niente riguardo alla conoscenza teoretica della natura; e proprio allo stesso modo il concetto della natura non determina niente riguardo alle leggi pratiche della libertà; sicché è impossibile gettare un ponte ." (27).

3.4 Essere e valore come criteri di valutazione. Il superamento del dualismo tra le rappresentazioni dal lato delle idee: il giudizio e il terzo mondo dei contenuti ideali.

Essere e valore, dunque, si configurano come le due serie nelle quali dobbiamo necessariamente  collocare ogni singolo contenuto rappresetativo, tra loro così diverse da sembrare impossibile che si getti un ponte che le  unifichi. Ma, d'altro lato, tale collocazione è possibile soltanto se contestualmente il soggetto si pone il problema del posto che le sue rappresentazioni occupano in una scala di validità dell'essere o in una scala di validità del valore. Quindi, in questo secondo senso, essere e valore assumono anche il significato di criteri di valutazione nel giudizio per la costituzione di  due scale diverse nelle quali le rappresentazioni si collocano gerarchicamente in base alla validità del loro contenuto: "Kant ha rilevato come l'essere non costituisca una caratteristica delle cose [...]. Se indico che una cosa è dotata di valore, non per questo si aggiunge ad essa una nuova caratteristica [...]. Ciò risulta da una delle più profonde articolazioni analitiche del nostro pensiero. [...] Così come il significato intrinseco e la determinatezza degli oggetti non vengono sfiorato dalla domanda se si ritrovano nell'essere, tanto di meno lo sono dalla domanda se occupano una posizione e quale nella scala dei valori. Se però dobbiamo arrivare da un lato ad una teoria e dall'altro ad una prassi, dobbiamo porci rispetto ai contenuti del pensiero entrambi i problemi [...]. Il significato   principale   di    questa   esigenza,  che condiziona l'intera costituzione della nostra immagine del mondo, non viene naturalmente per nulla alterato dal fatto che i nostri mezzi conoscitivi sono molto spesso insufficienti a decidere sulla realtà dei concetti e la gamma e sicurezza dei nostri sentimenti non è in grado di classificare le cose in una scala di valori e, in particolare, in una scala stabile e universalmente valida. [...] lo grandi categorie onnicomprensive dell'essere e del valore [...] assumono il loro materiale dal mondo dei puri contenuti. Ad entrambe è comune la caratteristica della fondamentalità, l'impossibilita' cioè, di poter essere ricondotte l'una all'altra o ad elementi più semplici." (28).

Dunque, per poter arrivare da un lato "ad una teoria e dall'altro ad una prassi", il soggetto necessita del giudizio, e questo giudizio, pur non potendo assurgere all'universale ed eterna validità, in quanto non costitutivo ma regolativo, deve comunque potersi affermare come se avesse tale natura, e, perché ciò avvenga, deve poter disporre di un mondo di puri contenuti ideali ai quali conformarsi. E' questo il punto  nel  quale  Simmel si connette al mondo platonico delle idee: "[...] in base al presupposto che è alla base della dottrina platonica, [...] esiste un regno ideale dei valori teoretici, del senso e delle connessioni intellettuali compiute, che non coincide né con gli oggetti [...] né con il conoscere reale da un punto di vista psicologico, che di volta in volta viene raggiunto. Quest'ultimo, piuttosto, solo gradualmente e in modo sempre imperfetto, giunge a coincidere con quello, che comprende ogni verità in generale possibile [...] . Lo specifico modo di esistere di questo ideale conoscitivo, che di fronte alle nostre conoscenze reali appare come norma o come totalità, è lo stesso che spetta alla totalità dei valori morali e delle prescrizioni di fronte all'agire effettivo degli individui." (29).

Questa categoria metafisica del valido e del significativo che appartiene tanto al mondo dell'essere quanto a quello del valore è ciò che consente il rapporto sia di Simmel che di Cassirer con il platonismo.  Il valido e il significativo che noi attribuiamo ai nostri contenuti di pensiero e che li fa assurgere  in  questo  mondo  ideale  ultratemporale  si configara come la norma in base alla quale noi misuriamo le nostre oggettivazioni, il modello delle cose e degli eventi della nostra prassi come della nostra teoria, in quanto tale al di là dell'una come dell'altra, il regno delle essenze in sé, che si pone di fronte ai nostri occhi come la meta da raggiungere in uno sforzo infinito, e in base alla quale noi commisuriamo i nostri singoli atti.

L'oggettività ideale nel senso del platonismo che Simmel attribuisce al mondo dell'essere e a quello del valore è l'oggettività del valido, del significativo,  al di là del suo essere consapevole ai soggetti empirici: "Il concetto di triangolo o quello di organismo, la causalità o la legge di gravità hanno un senso logico, una validità propria alla loro struttura interna, [...] che appartengono [...] alla categoria non ulteriormente risolvibile del valido e del significativo, distinguendosi in modo netto senza dubbio da costrutti fantastici e contraddittori [...]. Analogamente, [...] si comporta il valore che si accumula nei confronti degli oggetti del desiderio soggettivo.  Così,  come  ci  rappresentiamo  come vere certe proposizioni nella consapevolezza che la loro verità è indipendente dal fatto di essere rappresentate, così avvertiamo che le cose, gli uomini, i fasti, non solo hanno il valore che noi gli attribuiamo, ma sono dotati di valore, anche se nessuno glielo attribuisce. [...] Questa categoria si pone evidentemente al di là della controversia relativa all'oggettività o soggetività [...] in quanto nega la correlatività al soggetto, senza la quale un 'oggetto' non è possibile; essa è piuttosto una terza categoria, di natura ideale, che rientra in effetti in tale dualità, ma non si risolve in essa.[...] un regno ideale, che non si trova in noi e che non è neppure connesso agli oggetti [...] come se fosse una loro qualità [...] una categoria metafisica [...]" (30).

Questo stesso significato dell'oggettività in senso platonico è riscontrabile anche in Cassirer. Il campo a cui Cassirer la  attribuisce e' quello della validità logica, cioè quello dei contenuti della conoscenza che assumono su di sé il valore di verità. Il mondo oggettivo-ideale di Cassirer è dunque costituito da contenuti   oggettivi   nel   senso    dell'oggettività atemporale delle scienze matematiche e fisiche, e non si estende, come in Popper, anche alle idee e teorie false. E' "[...] un'idealità mediante la quale non deve essere affermata e stabilita alcuna coordinazione correlativa con le rappresentazioni e con gli atti di pensiero degli individui psicologici, bensì con le condizioni e con i principi universali della verità scientifioa [...]." (31). L'oggettività ideale di Cassirer e di Simmel non è dunque tanto in contrapposizione alla soggettività psicologica dei processi di pensiero, come in Popper, ma soprattutto alla soggettività psicologica della conoscenza empirica. Popper, infatti, distingue tra processo e risultato dell'oggettivazione e attribuisce l'oggettività al solo risultato, qualunque sia il suo valore oggettivo nel senso della validità logica: per lui il terzo mondo non è quello rispetto al quale il soggetto giudica, ossia quello che rende possibile tale giudizio, ma quello che è costituito dai giudizi, veri e falsi, del soggetto. Cassirer, invece, insieme a  Simmel, attribuisce oggettività soltanto a quei risultati  dell'oggettivazione  che  assumono  validità logica intemporale. Ambedue considerano il mondo di contenuti ideali come quello che da un lato, come norma che ci sovrasta, rende possibile il giudizio e dall'altro, come contenuto, costituisce il risultato, valido intemporalmente, del giudizio stesso. E' solo a partire da qui che la teorizzazione di un terzo mondo oggettivo-ideale si situa in un orizzonte platonico.

In Simmel e in Cassirer, dunque, oggettivo vuol dire valido intemporalmente, come categoria che noi applichiamo sia ai prodotti teoretici sia a quelli pratici e il legame con Platone è situato nel punto in cui l'accento cade sul significato archetipico delle idee: mondo dell'essere e mondo del valore, i due mondi distinti nei quali il contenuto logico-ideale dei nostri concetti si suddivide, sono i due mondi ai quali commisuriamo sempre i nostri singoli contenuti per stabilirne il valore di verità. Quando giudichiamo, dal punto di vista delle rappresentazioni intellettuali - cioè nella serie dell'essere - opponiamo tra loro l'oggettivo e il soggettivo, confrontando questo a quello, mentre dal punto di vista delle rappresentazioni della   volontà  -  cioè  nella  serie  del  valore  - opponiamo tra loro il valore e il desiderio, commisurando il secondo al primo.  Attraverso questo ideale confronto che sempre istituiamo tra l'empirico e l'intemporalmente valido, attribuiamo alle nostre rappresentazioni empiriche un valore di validità, una posizione nella scala dell'essere come in quella del valore. Sia l'oggettivo che il  valore si costituiscono dunque come le norme, i modelli delle cose in base alle quali le nostre rappresentazioni vengono di volta in volta giudicate dal soggetto empirico. Questi due concetti assumono su di sé' un significato di ideale validità intemporale dai due mondi dell'essere e del valore che, come il mondo delle idee platoniche, ci sovrastano con la loro perfezione.

Ma ciò che distingue questo mondo ideale normativo dal mondo delle idee di Platone è la sua capacità di mutamento. Ancora una volta, l'esistenza della norma, del modello ideale valido intemporalmente che come richiesta ci proviene dalle cose, è necessaria, ma la sua forma è storica, e si riempie sempre di contenuti diversi. Il valore di questa norma si configura dunque solo  come  regolativo,  non costitutivo. Il giudizio in base al quale noi sttribuiamo validità ideale a un contenuto rappresentativo dell'essere come del valore è un giudizio riflettente, non determinante: noi agiamo come se la sua validità fosse intemporale, o meglio dobbiamo agire come se la sua validità fosse intemporale.  La categoria kantiana del "come se" è per Simmel fondamentale: con essa Kant, dice Simmel (32), introduce il concetto di idea regolativa, e con essa si attua il passaggio, fondamentale in Simmel, dalla sostanza alla funzione (33). La categoria del regolativo, del funzionale, dell'euristico, è al di là dell'oggettivo e del soggettivo: è il terzo regno.

Il legame tra Kant e Platone che si è evidenziato nel pensiero simmeliano è inteso da Banfi come trapasso  di un criticismo relativistico nell'idealismo: "[...] esse [le categorie] sono poste come idee, forme per sé stanti e valide di un'obiettività che determina il campo in cui si muove la vita della persona; esse costituiscono sfere indipendenti e autonome della vita spirituale, la cui indipendenza non è tuttavia che posta all'interno di tal vita stessa, che distanzia, per così  dire,  dal  soggetto  i   contenuti   della   sua esperienza, in una particolare dimensione comune, che crea il mondo della sua oggettività, il regno dello spirito oggettivo. Può apparire ora chiaro in che senso il criticismo così inteso sbocchi nell'idealismo. [...] la produzione dell'idea è proprio la vita spirituale stessa, che si attua solo in questo distanziarsi ideale delle forme della vita dalla vita stessa [...]. La realtà dell'idea [...] è quindi  [...] la sua idealità stessa, la sua distanza infinita dal processo onde nacque [...]." (34). 

Il riferimento a Platone viene ripreso da Simmel relativamente al rapporto tra essere e valore come due mondi separati: il mondo del valore "[...] si libra sopra le cose stesse come le idee platoniche sopra il mondo, un regno alieno e intangibile [...] un mondo a sé stante [...] un cosmo radicalmente diverso da quello formato in base alla loro realtà naturale e immediata." (35). Il dualismo che sembrava superato a livello ontologico sembra qui riproporsi intatto al livello della rappresentazione, al  livello dell'oggettivazione. Dobbiamo dunque  cercare  sia  sul  piano dei contenuti ideali, relle idee, sia sul piano del soggetto trascendentale, sia sul piano degli oggetti che a partire dall'oggettivazione si costituiscono, il punto nel quale è possibile superare la scissione che qui ci si presenta.

Ma la profonda matrice kantiana della filosofia di Simmel già prefigura la soluzione di questo abisso scavato tra mondo del valore e mondo dell'essere a partire dalla categoria del come se, che già abbiamo visto costituire sul piano gnoseologico la chiave di interpretazione corretta per la strutturazione della realtà secondo il principio che guarda al terminus a quo e il principio che guarda al terminus ad quem. Inoltre anche il ricorso a Spinoza ci ha chiarito essere le due serie soltanto due modi, mentre  Popper ha consentito di inserire le due serie in un orizzonte unitario. Ora si tratta dunque soltanto di individuare il punto nel quale per Simmel le due serie - come modi a partire dai quali i due mondi si strutturano e si oggettivano in apparente separazione - si interrelano superando l'abisso che le separa. E' ancora Kant a venirci  in aiuto: "Ma, se i principi che determinano la causalità secondo il concetto della libertà [...] non risiedono nella natura, e il sensibile non può determinare il soprasensibile nel soggetto, il contrario nondimeno è possibile [...] rispetto alle conseguenze che il soprasensibile può avere sul sensibile; e questo è già contenuto nel concetto di una causalità della libertà, il cui effetto [...] deve attuarsi nel mondo; sebbene la parola causa, usata a proposito del soprasensibile, indichi soltanto il motivo che determina la causalità delle cose naturali [...] in conformità alle proprie leggi, ma insieme anche in accordo col principio formale delle leggi di ragione [...] . - Il Giudizio, che presuppone questa possibilità a priori e senza riguardo al pratico, fornisce il concetto intermediario tra i concetti della natura e quello della libertà, concetto che rende possibile il passaggio dalla ragion pura teoretica alla ragion pura pratica, dalla conformità alle leggi secondo l'una, allo scopo finale secondo l'altra, ponendo il concetto di una finalità della natura; [...] la possibilità dello scopo finale [...] può esser realizzato soltanto nella natura, e d'accordo con le sue leggi." (36). Quesso lungo passo dalla Critica del Giudizio è importantissimo perché spiega la possibilità della connessione in Simmel tra essere e valore, tra serie causale e serie teleologica.   Nel passo di Kant appena riportato, il soprasensibile sembra presentarsi come carattere distintivo del soggetto, che attraverso il giudizio getta un ponte connettendo tra loro i due mondi. Il punto di contatto tra le due serie che Simmel sembra mutuare da Kant è questa concezione del soprasensibile che riguarda il soggetto, e che si esplica nel Giudizio. Questo Giudizio è reso possibile per Simmel perché esiste al di sopra di tali mondi un mondo di puri contenuti ideali che forniscono al soggetto, con la loro oggettività, la norma. Infatti, specificando che cosa impedisce che     essere e  valore si costituiscano come due mondi ontologicamente separati, al di là del loro essere i mondi nei quali soltanto il soggetto può rappresentarsi i contenuti della sua immagine del mondo, Simmel dice: "Questo accostamento senza contatto tra realtà e valore non infrange in ogni caso il mondo in un dualismo sterile [...].  Al  di sopra di valore e realtà sta ciò che è comune ad entrambi: i contenuti, ciò che Platone ha con una parola chiamato 'idee' [...]. Al di sotto di questi due sta invece ciò a cui entrambi appartengono: l'anima [...]." (37).  Nel riferimento a Platone, dunque, le idee costituiscono esplicitamente ciò che i nostri contenuti spirituali intemporalmente validi sono prima e al di là - da un punto di vista non genetico ma logico-teoretico - del loro inserirsi nel mondo dell'essere o in quello del valore: le norme ideali in base alle quali noi giudichiamo le  nostre rappresentazioni del mondo.

3.5 Il superamento del dualismo dal lato del soggetto: il concetto di anima o Individuum metafisico

Simmel altrove identifica i contenuti con lo spirito, e di conseguenza distingue concettualmente quest'ultimo dall'anima: "Spirito è il contenuto oggettivo di ciò che all'interno dell'anima diviene consapevole in funzione vitale; anima è per così dire la forma che lo spirito, cioè il contenuto logico-concettuale del pensiero, assume per la nostra soggettività in quanto nostra  soggettività.  Perciò lo  spirito [...] non è

tenuto a formare un'unita', senza la quale non esiste anima. E' come se i contenuti spirituali fossero in qualche modo dispersi e soltanto l'anima li riunisse in sé unitariamente [...]." (38). Ecco che torna il concetto dell'anima come forma nella quale le idee platoniche, ossia i contenuti che costituiscono lo spirito, vengono ad unità divenendo consapevoli alla coscienza. Più volte si è fatto riferimento nel secondo capitolo alla distinzione simmeliana tra anima e spirito, questo costituito dai contenuti consapevoli del soggetto empirico, quella manifestantesi solo come attività che si estrinseca in tali contenuti. Mentre dunque il soggetto e i suoi contenuti spirituali sono le forme in cui di volta in volta l'anima si fenomenizza, quasi dovesse, per potersi esplicare, fermarsi in forme concettualmente rappresentabili, l'anima è l'attività incessante nel suo fluire la cui potenzialità non può esaurirsi in nessuna delle forme empiriche che di volta in volta e come soggetto e come spirito assume. Questa problematica simmeliana del rapporto tra forma e attività, a cui qui mi è sembrato utile accennare dal lato  del  soggetto  per poterne derivare la connessione tra mondo dgll'essere e mondo del valore, verrà ripresa in seguito, dal lato dell'oggetto inteso come oggetto culturale, come rapporto tra vita e forme.  Per ora ci basti intravvedere in Simmel la possibilità di riunificare il dualismo tra mondo dell'essere e mondo del valore a partire dal concetto di anima.

Dunque i puri contenuti sono ciò che sta al di sopra dei due mondi dell'essere e del valore, ciò che è comune ad entrambi, lo spirito. Ciò che sta al di sotto, e che consentendo l'unificazione di quei contenuti li rende consapevoli al soggetto che li inserisce nella serie dell'essere o in quella del valore, è l'anima. Essa quindi, come forma unificante nella rappresentazione, costituisce, potrei forse dire, l'essenza della soggettività, un'essenza, come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, inconoscibile se non nel suo concreto esplicarsi, nella sua attività (39). E' quest'essenza vitale della soggettività che in Simmel può essere definita come Individuum metafisico. Questa stessa essenza  si può forse  collegare, come ora si cercherà di mostrare, a quel soprasensibile che Kant definisce il carattere costitutivo del soggetto.

In maniera forse più esplicita che altrove, il concetto di un residuo metafisico che afferisce all'individuo si ricava dalle riflessioni simmeliane che riguardano il rapporto tra individuo e società, tema sul quale più volte l'Autore ritorna con analisi di approfondita finezza (40).

Per Simmel l'individuo è definito in prima approssimazione dalle innumerevoli cerchie sociali cui appartiene. Egli è il punto di incrocio di tali cerchie che lo costituiscono come rete di relazioni: è "[...] il luogo in cui si collegano dei fili sociali [...]" (41). Ciò indurrebbe a pensare ad un'individualità che, se scomposta nelle molteplici influenze cui è sottoposta dalla sua appartenenza alle cerchie sociali, si dissolva e si risolva in tali influenze. Qui però dal punto di vista non più sociologico ma filosofico si presenta a Simmel un problema: che l'individuo sia solo il frutto dell'influenza delle cerchie con le quali entra in relazione, che la sua personalità sia solo la contiguità di ruoli diversi che nelle diverse cerchie è chiamato a rivestire, significherebbe in ultima istanza implicitamente accettare consapevolmente o no un comkleto determinismo psicologico, in altre parole la possibilità di una predeterminazione non genetica ma esperienziale della personalità, la possibilità di una sua costruzione a tavolino - e quindi orientata praticamente -: ipotesi questa mostruosamente affascinante e ricca di questioni morali (42).

E' forse qui più che altrove, nella concezione simmeliana dell'individualità, che si inserisce l'influenza di Bergson, e che si può riscontrare una certa matrice romantica di Simmel, da lui stesso richiamata come una delle due posizioni fondamentali nella storia dello spirito relative al concetto di individualità (43). Infatti, se da un lato l'Autore sembra accettare che la personalità sia appunto formata dall'intersecarsi delle cerchie sociali cui appartiene, pure la considera irriducibile a queste nella sua essenza più profonda: l'individuo è "[...] il modo particolare in cui ciò accade [...]." (44). Con ciò è eliminato il pericolo di una concezione deterministica della soggettività e viene fatto salvo il suo valore di libertà (45) contro ogni possibile riduzionismo. In quest'accentuazione      della   sfera   pratica   della soggettizita', del valore qualitativo della sua libertà, mi è sembrato di scorgere un possibile aggancio a quello che il Kant filosofo morale definisce il sostrato soprasensibile del soggetto. Questo sostrato soprasensibile - che  si è collegato a Kant dal lato della libertà, a Bergson dal lato dell'irriducibilità della personalità alle forme sociali nelle quali si estninseca e al romanticismo da quello dell'unicità qualitativa dell'individualità - è deducibile da queste chiare parole dedicate da Simmel allo sviluppo dell'individualità: "Esso procede dalla sostanza fondamentale della personalità [46] che questa porta con sé nella vita, e che noi non possiamo rappresentarci nella sua purezza, al di là della forma che le ha conferito l'ambiente storico, ma che sentiamo soltanto come la materia permanente della nostra esistenza personale e come somma mai del tutto esaurita delle sue possibilità." (47). Il significato di questa concezione simmeliana dell'individualità e il suo collegarsi al pensiero di Bergson si specifica come rapporto tra l'essenza vitale della soggettività, assolutamente  irriducibile,  e le forme oggettive della cultura, rapporto fatto di contrasti e connessioni, di rimandi e di circoli che impediscono una definizione stabile e univoca dell'individualità.   

3.6 Il superamento del dualismo dal lato degli oggetti: la connessione tra terminus a quo e terminus ad quem

Queste riflessioni hanno consentito di superare, così come ci eravamo proposti poco sopra,  la scissione interna alle oggettivazioni che si era creata con il dualismo tra essere e valore, ritrovando l'unità sia dal lato del soggetto con il concetto di anima e di Individuum metafisico, sia dal lato delle idee con il concetto di un mondo trascendentale di puri contenuti di pensiero. Essere e valore superano dunque la loro separatezza perché trovano un punto di unione e di sintesi dal lato del soggetto nell'anima, e dal lato delle idee nel mondo dei puri contenuti, nel terzo mondo: il riferimento di essere e valore è l'idea come terzo mondo che ne costituisce l'oggettività, e l'anima come apriori che ne definisce il carattere di posizione soggettiva  e  relativistica.   Rimane  dunque ancora da spiegare la connessione tra serie dell'essere e serie del valore sul piano degli oggetti che come rappresentazioni abbiamo visto costituirsi nei due mondi. Quest'elucidazione richiede che si illustri il processo che secondo Simmel conduce sul piano della prassi alla costruzione di una serie teleologica.

Se è vero che nell'epoca moderna, dice Simmel (48), si assiste al predominio delle funzioni intellettuali, è pur vero che senza l'apporto della volontà l'intelletto rimarrebbe una forma vuota. L'intelletto, il cui simbolo concreto è il denaro, è infatti il mezzo dell'oggettività: "[...] è lo specchio indifferente della realtà, uno specchio in cui tutti gli elementi sono ugualmente giustificati, perché la loro legittimità in questo caso consiste soltanto nel loro essere reali. [...] L'intelletto, in base al suo concetto puro, non ha assolutamente alcun carattere, non perché gli manchi una qualità assolutamente necessaria, ma perché è del tutto al di là di quella unilateralità che costituisce il carattere nell'atto di compiere delle scelte." (49). La sua peculiarità è infatti   quella  di   individuare  e stabilire rapporti causaoi oggettivi, catene di relazioni causali, ossia il mondo dell'oggettività.  Ma perché ciò possa avvenire è necessario che la volontà ponga primariamente un  fine, in senso teleologico e temporale, rispetto al quale l'intelletto possa produrre la catena di relazioni corrispondenti. La volontà, isolando uno dei contenuti del mondo forniti dall'intelletto, lo elegge a fine assumendolo dall'esterno come proprio contenuto e rivestendolo quindi di significato pratico. L'intelletto, che rappresenta il medio tra la volontà e il fine, ossia il mezzo per superare la distanza tra i due, e che rappresenta indifferentemente i contenuti del mondo, può a questo punto elaborare la serie teleologica secondo nessi di causa-effetto. Infatti una volta stabilito il fine, la causalità oggettiva dell'intelletto fornisce le rappresentazioni causalmente collegate al fine della volontà, rappresentazioni che dal punto di vista di quest'ultima assumono il valore di mezzi. Nel porre il fine, la volontà rende indipendente nella catena delle connessioni causali fornite dall'intelletto - che è una catena di dipendenze - un elemento,  definendolo  fine.  A questo  punto gli altri clementi, già dipendenti nella prospettiva causale dell'intelletto, lo divengono anche in quella teleologica della volontà, ma in questo secondo caso rispetto a quell'elemento indipendente scelto come fine, di fronte al quale essi sono ora mezzi. Mentre per l'intelletto quindi qualunque punto della catena è dipendente, per la volontà qualunque punto è indipendente come fine, dipendente come mezzo. Si potrebbe anche dire che se nella prospettiva dell'intelletto ogni elemento è qualitativamente indifferente, nella prospettiva della volontà assume il valore di mezzo o fine. Volontà e intelletto sono dunque interdipendenti: la prima è dipendente dal secondo per la produzione dei mezzi, il secondo dalla prima per la produzione dei fini. Ciò significa che la volontà senza l'intelletto che concatena causalmente gli elementi non può elaborare alcuna serie teleologica per raggiungere il fine, l'intelletto senza la volontà che sceglie un elemento come fine non può elaborare alcuna serie causale. Inoltre, nelle serie teleologiche, il primo e l'ultimo elemento possono considerarsi assoluti, nel senso di liberi, ossia posti dal soggetto, mentre tutti gli elementi intermedi, poiché sono tra loro connessi secondo rapporti di causa-effetto stabiliti dall'intelletto, sono relativi, nel senso di obbligati rispetto a quelli.

L'impossibilita' per Simmel che il soggetto empirico elabori una qualsivoglia serie causale autonoma da una qualsivoglia  serie teleologica, e viceversa, rende attuabile la connessione era mondo dell'essere e mondo del valore anche dal punto di vista dell'oggetto della rappresentazione, ossia anche sul piano della prassi empirica. Infatti, ciò che finora  secondo le indicazioni dell'Autore si è chiamato, dal punto di vista pratico, il fine della volontà, costituisce per Simmel, dal punto di vista teoretico, il valore. Si sono raggiunte così, anche da quest'ultima prospettiva, quell'unità e quella sintesi che l'apparente dualismo tra essere e valore sembrava aver dissolto.

3.7 Essere e valore come criteri di rappresentazione e criteri di valutazione dei fenomeni par la costituzione del mondo dell'essere e del mondo del valore  

Come più volte nel corso di queste riflessioni sull'essere e sul valore è stato sottinteso, e come da esse emerge in modo chiaro, l'essere e il valore si definiscono per un verso come modi e per l'altro come mondi: come forme originarie della nostra rappresentazione del mondo - e dunque come criteri secondo i quali noi dividiamo le nostre rappresentazioni nelle due serie dell'essere o del valore - e come mondi ideali che ci sovrastano come il mondo platonico delle idee rispetto ai quali noi riferiamo le nostre singole rappresentazioni. Per un verso dunque l'essere e il valore sono criteri o modi di rappresentazione, per l'altro criteri o modi di valutazione: nell'un caso hanno valore psicologico, nell'altro valore logico. In nessuno dei due casi però il loro valore li costituisce nel senso metafisico dell'ontologia.

Dalla trattazione simmeliana di essere e valore come due serie nglle quali le nostre rappresentazioni del mondo collocano idealmente i loro contenuti, i quali a partire da nui si costituiscono come autonomi prodotti del pensiero, è risultato che, soprattutto nel richiamo a Spinoza, essi rappresentano due modi diversi di rapporto col mondo, a partire dai quali si costituiscono due mondi diversi che però, nel riferimento di Simmel a Platone, abbiamo visto essere un unico mondo. Questo unico mondo platonico cui si riferisce Simmel è il mondo della norma, dell'idealmente valido, dell'oggettivo nel senso dell'oggettività del vero. Il terzo mondo di Popper è invece il mondo dell'oggettivazione, che si costituisce a partire dalle singole oggettivazioni empiriche, e in quanto tale è avvicinabile al mondo delle forme oggettive della cultura di cui parla Simmel, e che verrà sottinteso  dunque quando su queste ci soffermeremo. Questo terzo mondo popperiano, appunto perché costituentesi per le oggettivazioni del soggetto empirico, comprende anche contenuti falsi e incompiuti, sviluppando una logica propria che travalica i limiti delle oggettivazioni di cui il soggetto empirico è consapevole. Ma questo travalicaye non e', come per Simmel e Cassirer, il travalicare  che   si pone come esigenza da raggiungere, come pretesa alla balidita' da parte dell'empirico e del fattuale, come dover essere dell'idea.

I mondi che derivano da questa creazione del pensiero, quello naturale, quello del valore, hanno ambedue la stessa legittimità da un punto di vista teoretico, in quanto ambedue "prodotti" dal soggetto, e prodotti trascendentali nel senso di non soggettivi. Infatti la loro oggettività è di natura diversa dall'oggettività delle scienze naturali, è l'oggettività del trascendentale, non del vero. Mentre la loro legittimità si fonda nel valore che essi rivestono per il soggetto, e viceversa il loro valore consiste nella loro verità per il soggetto che li fonda (50).

Inoltre, a questa legittimità dei due mondi, si è aggiunto nel paragrafo precedente il superamento del loro dualismo nella connessione tra serie teleologica e serie causale dal punto di vista della possibilità stessa dell'elaborazione di una qualsivoglia serie, dunque dal punto di vista della costituzione stessa di un oggetto della rappresentazione.

Pertanto, pur riferendosi agli stessi contenuti, essere e  valore  costituiscono  due modi diversi di ordinare i fenomeni.   L'oggettivazione fonda così per Simmel sia la sfera teoretica sia la sfera pratica dell'uomo, e parimenti costituisce, oltre a un principio dinamico del rapporto del soggetto col reale fenomenico, anche una categoria euristica dell'epistemologia come dell'etica simmeliana (51).

Ordinamento in base all'essere e ordinamento in base al valore assumono il senso per il soggetto di due prospettive di interpretazione della realtà che procedono parallelamente tra loro  e rispetto a essa.

Abstract:

L'oggettivazione: forma della rappresentazione individuale, categoria costitutiva del terzo mondo, norma ideale, formazione oggettiva della cultura. Oggettivazione e rappresentazione: le due serie dell'essere e del valore come forme originarie della rappresentazione. Il rapporto con Spinoza: essere e valore come modi o criteri di rappresentazione. Il rapporto con Popper: essere e valore come mondi della rappresentazione. Sostanza, noumeno, idea. Il terzo mondo di Popper, lo spirito oggettivo di Hegel, il mondo delle idee di Platone. Oggettivazione dei contenuti e oggettivazione delle forme: i due principi regolativi di causa e di fine. Il rapporto con Kant: il come se, l'essere e il valore come modi o criteri di valutazione. Il giudizio come punto di convergenza in Simmel e Cassirer di Kant e Platone: il mondo delle idee platoniche e il mondo dei contenuti oggettivi. Platone e i  contenuti  spirituali  del soggetto. Anima e spirito: l'anima come fondamento. Il superamento del dualismo tra essere e valore: dal lato del soggetto, il concetto di Individuum metafisico; dal lato delle idee, il mondo di puri contenuti; dal lato dell'oggetto, la connessione tra terminus ad quem e terminus a quo. Essere e valore come modi e come mondi nella rappresentazione e nella valutazione. L'oggettivazione come rapporto soggetto oggetto e non come assunzione di un oggetto da parte di un soggetto: la confrontabilità tra oggetto e concetto e il problema della fondazione della scienza.  

 

Note al capitolo terzo

1: Cavalli collega l'oggettivazione in Simmel soprattutto  alle teorie di Hegel sullo spirito oggettivo e di Marx sull'alienazione, mettendo l'accento sulla tragicità che caratterizza il conflitto vita-forma e sugli aspetti sociali ed economici che lo configurano marxianamente come alienazione. Cfr. Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del danaro cit., pp.31-37. Su questo tema ci soffermeremo dopo aver analizzato l'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero, ossia nel cap.V.

2: Vedi cap.II, par.2.1

3: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.95 sg.

4: Ibid., p.96.

5: Più in generale, per tutta la problematica relativa all'essere e al valore, vedi Ibid., pp.93-99.

6: Ibid., pp.109-111.

7: Ibid., p.97.

8: Cfr. Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.211 e più in generale pp.149-174, pp.198-201, pp.209-219.

9: Popper però, come Platone, definisce quest'oggettività come ontologica. Cfr. Ibid., p.211.

10: Le conseguenze di quest'enorme ampliamento del terzo mondo non devono per ora interessare il nostro riscorso. Esse verranno riprese nel capitolo relativo al contrasto vita-forme. Vedi cap.V, par.5.4

11: Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.150.

12: Cfr."[...] il mondo dei 'contenuti oggettivi di pensiero', specialmente dei pensieri scientifici e poetici e delle opere d'arte.", Ibid., p.150.

13: Sull'importanza dell'idea nel processo di costituzione della conoscenza, e quindi sul suo rapporto col concetto, cfr. il cap.III, par.3.4 e il cap.IV, parr.4.2 e, in partc., 4.9

14: Ne abbiamo già accennato nel cap.II, alla n.50. Cfr. Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.186 sgg., p.213. La stessa importanza attribuita al linguaggio come strumento potentissimo ai fini dell'astrazione concettuale si riscontra anche in Mach. Cfr. Mach E., op.cit., p.90 sgg.

15: Cfr. Popper K., op.cit., p.198 sgg.

16: Ibid., pp.152 sgg. e p.197 sgg.

17: Per l'approfondimento di questo tema, che qui condurrebbe il discorso sul piano della logica delle forme culturali, vedi il cap.V, par.5.2 

18: L'avvicinamento qui operato tra il terzo mondo popperiano e le forme oggettive di Simmal si chiarirà nel capitolo relativo a queste stesse forme, il V, par.5.2.

19: Pcpper K., op cit., p.173.

20: Per il rapporto tra lo spirito oggettivo di Hegel e le forme oggettive di Simmel, vedi ancora cap.V, par.5.5 e n.22.

21: Faccio qui riferimento a un'ipotesi che cercherò di dimostrare dopo aver trattato specificamente l'oggettivazione dell'essere e quella del valore separatamente. Vedi, in questo stesso cap., i parr.3.4, 3.5 e 3.6, e, nel cap.IV, il par.4.9

22: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.293, 235, 299- 305.

A proposito di meccanicismo e teleologia, ossia di terminus a quo e terminus ad quem, Simmel afferma che si equivalgono, essendo ambedue forme di oggettivazione della vita, che questa oltrepassa. Cfr. Idem, "Henry Bergson", in Riv."Aut-Aut" nov.dic.1984, Firenze , p.17.  

23: Simmel parla esplicitamente di interpretazione della realtà fenomenica rispetto allo scopo o alla causa a proposito del rapporto tra individuo e gruppo: cfr. Idem, Sociologia, Ed. di Comunità, Milano, 1989, g .356. Mi sembra inoltre molto interessante che la differenza tra connessione causale e connessione teleologica risieda in ultima analisi nel soggetto logico della connessione stessa: Simmel infatti dice che la connessione causale si trasforma in teleologica non appena il processo viene guardato dal lato dei suoi portatori individuali e non da quello della totalità della connessione. Cfr. Ibid., p.38.

24: Idem, Filosofia del denaro cit., p.299.

25: Kant, Critica del Giudizio, Laterza, Bari, 1982, prefaz., p.3.

26: Ibid., introd., II, p.13.

27: Ibid., introd., IX, p.37.

21: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.25 sg.

29: Ibid., p.639. 30: Ibid., p.104 sgg.

31: Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.412, e, più in generale, anche p.413 sg.

32: Simmel G., Kant cit.

33: Il primo a parlare del passaggio sostanza-funzione in Simmel e del suo rapporto con Cassirer è stato Blumemberg. Cfr. Blumemnerg H., "Geld oder Leben. Eine metaphorologische Studie zur Konsistenz der Philosophie Georg Simmels", in AA.VV., Qsthetik und Soziologie um die Jahrrundertwende: Georg Simmel, Suhrkams, Frankfurt a.M., 1976, pp.121 sgg.  

34: Banfi A., Introduzione a Simmel G., i problemi fondamentali della filosofia        cit., x.11. Nel cap.V, parr.5.1 e 5.4, relativo al rapporto tra vita e forme, i riferimenti banfiani a questa tematica di Simmel potranno venire meglio         compresi.  

     

35: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.233. E' chiaro qui che quando l'Autore parla di "realtà naturale e immediata" lo fa sempre con l'implicito riferimento a quei distinguo sull'immediatezza della conoscenza che la trattazione dell'apriori e del rapporto soggetto-oggetto hanno cercato di mettere in luce. In questa prospettiva "le cose stesse" di cui parla sono quelle che il soggetto forma quando e' rivolto esclusivamente alla conoscenza, ossia al mondo dell'essere, e quindi "la legalità naturale e oggettiva" è quella che l'intelletto apporta alle cose.

36: Kant, Critica del Giudizio cit., introd., IX, p.37 sg.

37: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.97.

38: Ibid., p.657.

39: Il problema dell'anima come fondamento verrà ripreso e ampliato nell'ultima parte del nostro lavoro, quando   l'avvenuta  trattazione   dell'oggettivazione

nelle due serie del valore e dell'essere ne consentirà la piena comprensione. Vedi cap.V, par.5.4.

40: Mi riferisco ai numerosi passi della Sociologia, della Differenziazione sociale, della Filosofia del denaro ecc.

41: Simmel G., Sociologia cit., p.6

42: Tutta una letteratura non solo scientifica ha discusso in questi anni la qossibilità di quest'ipotesi, e tutto un immaginario è nato come precipitato di queste discussioni. Il problema si riallaccia alla questione filosofica della libertà dell'individuo e al suo valore di unicità.

43: Nell'opera a lui dedicata, Simmel critica su Kant la concezione dell'individualità come astratta e quantitativa: essa è propria dell'Illuminismo, che poneva l'accento sul valore di uguaglianza e non su quello di differenza tra le individualità. Kant, dice Simmel, per poter universalizzare i contenuti  della soggettività, deve necessariamente spogliarli del loro valore di unicità e staccarli dal continuum vitale che è invece la vera essenza dell'individualità.

44: Simmel G., Sociologia cit., p.6. Cavalli sottolinea nell'Introduzione a Ibid., pp.XXIII sgg., quest'inesauribilità e irriducibilità dell'individuo anche alla summa di tutti i ruoli sociali possibili da esso rivestiti, avvalorando l'ipotesi di un suo sostrato metafisico.

45: F. Desideri, nell'Introduzione a Simmel G., La forma della storia, Ed. 10/10, Salerno, 1987, p.13, lega "il 'resto' individuale che nessun processo di socializzazione riesce a cancellare" e la conseguente affermazione simmeliana della libertà originaria del soggetto all'esigenza  dell'Autore di salvaguardare  la possibilità per l'individuo di farsi portatore della storia, e  per la forma-storia di costituirsi come fenomeno della libertà.

46: La sottolineatura è mia.

47: Simmel G., Sociologia cit., p.417, n.1. Cfr. anche Idem, I problemi della filosofia della storia cit., p.24, quando, a proposito della differenza tra ciò che si definisce personalità o carattere e questo sostrato metafisico dell'individuo, afferma:  "[...] noi sentiamo che questo unico senso intellegibile del carattere rinvia a una realtà superiore, ad un punto fermo nell'uomo [...]".

48: Le riflessioni dell'Autore che qui si riportano si trovano sparse in più punti all'interno di un discorso che attraversa tutta la sua Filosofia del denaro, e dunque sono costretta a darne riferimenti molto ampi e generici. Cfr. Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.380 sgg., pp.400-405, pp.410-412, pp.607-613, pp.627-630.

49: Ibid., p.611.

50: Per il concetto di verità e il suo significato nel pensiero di Simmel, vedi il capitolo seguente, parr.4.1, 4.2 e 4.11

51: L'accusa dr confondere principi d'indagine del reale e principi di movimento del reale, ossia piano metodologico e piano ontologico, e' rivolta a Simmel da Karl Wolff a proposito delle categorie di interrelazione, differenziazione, relativita', ecc. Cfr. Wolff K., The Sociology of Georg Simmel, Free Press of Glencoe, New York, 1950.  

 

 

Capitolo quarto

  L'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero  

4.1 Il rapporto tra scienza e senso comune e il prospettivismo della verita'.

Si e' fin qui cercato di mostrare  la relazione, nel pensiero di Simmel, del mondo dei contenuti tanto con il Giudizio kantiano  che con il mondo delle idee di Platone. Mi sembra che questa direzione del discorso conduca il tema del rapporto soggetto-oggetto nella realta' a trasformarsi in quello del rapporto tra soggettivo e oggettivo nella conoscenza, ponendo conseguentemente su di un diverso piano  il problema  dell'oggettivita' della conoscenza stessa. Questa prospettiva epistemologica, infatti,  non considera  soggetto e oggetto come due "entita'" ontologicamente distinte. Questo per Simmel significherebbe tener fermo ad un realismo ingenuo di cui piu' volte nelle sue opere  ribadisce l'insostenibilita' (1). Per l'Autore l'oggetto non e',  come  si e' cercato di mostrare,  un gia'-dato, che viene semplicemente traslato nel suo contenuto immutabile dal piano della realta' al piano del pensiero. L'oggetto diviene, e'  un risultato, e un       risultato aperto perche' interrelato col soggetto, cosicche' il problema della confrontabilita' tra soggetto e concetto assume nuovo significato. In questa prospettiva di pensiero, infatti, la confrontabilita' e' tra il concetto dell'oggetto e l'oggetto del concetto; si svolge dunque tutta all'interno del piano della conoscenza. Il merito maggiore che Simmel attribuisce a Kant e', appunto,  l'aver reso possibile la costituzione dell'oggetto: da Kant in poi "[...] il conoscere l'oggetto produce l'oggetto del conoscere." (2). Il muoversi su questo solo piano consente forse di dire che al realismo ontologico Simmel sostituisce il realismo concettuale (3), cosicche' la necessita' di distinguere tra necessario e contingente permane come esigenza epistemologica, ma si sposta all'interno del fenomeno.

La critica simmeliana al realismo ingenuo (4) permette un nuovo collegamento con Cassirer, in quanto i due Autori collimano negli esiti di una concezione della conoscenza che questo lavoro cerca di far emergere. Sentiamo zercio' alcune chiare riflessioni da Cassirer riguardo alla distinzione tra soggettivo e oggettivo nel momento in cui essa si colloca sul solo piano della conoscenza del fenomeno: "[...] si tratta qui non di una rigida parete divisoria che mantenga separati due campi della realta' divisi per sempre, bensi' di un confine mobile che si sposta continuamente nel progredire della conoscenza medesima. [...] solo la funzione che il confronto deve compiere rimane costante, mentre il contenuto materiale dei due campi si trova in un continuo fluire. [...] non si tratta di un cambiamento che avvenga nella sostanza delle cose, bensi' soltanto di un cambiamento che riguarda la valutazione critica delle conoscenze. [...] Finche' ci si attiene alla distinzione metafisica [...] vige soltanto un semplice aut aut [...]. Nella formulazione critica della questione, invece [...] l'opposizione non e' piu' di due termini, bensi' di molti termini [...]." (5).

Mi sembra di poter avvicinare i "molti termini" di cui parla Cassirer alla originaria pluralita' del fenomeno piu' sopra mostrata. Ma e' proprio questa che pone in modo  diverso  il  problema della conoscenza oggettiva e l'indivduaziono del punto in cui per Simmel la scienza e' epistemologicamente possibile. Potremmo tentare di individuare tale punto cominciando col chiederci qual'e' per l'Autore il rapporto tra scienza e senso comune, ossia tra conoscenza oggettiva e conoscenza soggettiva. La sostanziale omogeneita' di pensiero che sotto quest'aspetto lega Simmel a Popper mi permette di inserire da subito una riflessione di quest'ultimo: "Scienza, filosofia, pensiero razionale, tutto deve cominciare dal senso comune." (6). In questa frase Popper esprime l'idea che pensiero comune e pensiero scientifico si pongano lungo una stessa linea di continuita' (7): la visione del mondo che chiamiamo senso comune appartiene anche alla scienza, come punto iniziale delle sue osservazioni (8). Cio' che pero' distingue il procedimento scientifico da quello comune, dice Popper, e' il metodo, che consente alla scienza si autotrascendersi superando l'iniziale indifferenziazione rispetto al senso comune. Un'analoga tematizzazione del rapporto tra i due tipi di conoscenza si ritrova  in Simmel: "[...] il conoscere umano si e' sviluppato partendo  da  necessita' pratiche, perche' la conoscenza del vero e' un'arma nella lotta per l'esistenza [...]" (9) che e' emersa "[...] dalle forme embrionali di conoscenza del sapere quotidiano." (10). Quest'ultimo, com'e' implicito nel passo appena citato, risponde a criteri di utilita' e di adeguatezza allo scopo (11): "[...] e' vero solo cio' che e' utile" (12). Questo induce a una completa dipendenza della verita' dal soggetto e non dall'oggetto della rappresentazione, e quindi a una considerazione relativistica della verita' che solo nella vita e nella storia, e non fuori da esse, si forma e si trasforma: "Pertanto vi sono in linea di principio tante verita' diverse quante organizzazioni ed esigenze di vita in linea di principio diverse." (13). Questa relativita' della verita' dal punto di vista del suo valore assoluto, oggettivo, si potrebbe definirla come una relativita' etica  attraverso cui Simmel legittima un prospettivismo morale che fa salva quella che egli definira', in polemica con l'imperativo categorico, la legge individuale (14). Posto che la verita' come contenuto sia una risposta, essa e' funzione della domanda (15), del tipo di domanda. E' questo  il problema dell'unicita' o molteplicita' della veriqa'. Piu' verita' sono possibili solo a partire da piu' prospettive di conoscenza. All'interno di ognuna di esse, la verita' si configura come singolare non perche' sia "l'unica corrispondente alla realta'" ma perche' si iscrive in una di tali prospettive di conoscenza, in un universo di significato di cui rispetta le regole. Ogni universo di significato, ogni sistema di riferimento  che il soggetto assume come valido, non accetta piu' di una e una sola risposta dello stesso tipo. Non e' una presunta realta' oggettiva a rifiutare piu' verita', ma ciascun sistema, che e' una costruzione del pensiero.

Se si considera ora il concetto di venita' del senso comune, sia Simmel che Popper sottolineano che esso da sempre  presuppone nell'esperienza un rapporto immediato (16) con l'oggetto, che qualifica come "dato"  puro della percezione. La scienza, invece, in quanto conoscenza teorico-concettuale, nel corso del suo sviluppo ha elaborato  un diverso concetto di verita' (17), autonomo rispetto all'utilita' pratica di cui la vita necessita. E' questo concetto di verita' che cerchero' di mostrare. Al di la', infatti, dell'identita'  istituita dal senso comune tra verita' e utilita', nell'epistemologia simmeliana e' possibile forse rintracciare una teorizzazione della verita' secondo due distinte prospettive, che al loro interno danno diversi significati alla verita' (18). Una prima prospettiva (19) potrebbe essere quella che definisce la verita' in  riferimento alla rappresentazione presa di per se', ossia considerata come singolo contenuto di conoscenza. L'altra è quella che determina la verita' come rapporto tra le diverse rappresentazioni che formano un sistema di conoscenza.

4.2 La verita' dal punto di vista della singola rappresentazione: verita' e terzo mondo dei contenuti oggettivi

Dal punto di vista della singola rappresentazione, gia' alcuni dei significati che Simmel attribuisce al concetto di verita' possono esser desunti dalla teoria del terzo mondo descritta nel capitolo precedente, e percio' verranno qui illustrati tenendo presenti quelle acquisizioni.

Nel  rapporto  tra  l'idea  e  la  rappresentazione,  la verita' si defioisce dal punto di vista logico come contenuto idealmente valido della rappresentazione. Secondo una prospettiva logica, dunque, per Simmel la verita' e' l'idea del platonismo, ossia, secondo l'interpretazione neokantiana di Cassirer, il dover essere della cosa.

D'altronde si e' pur visto in precedenza che l'idea, sebbene in rapporto alla rappresentazione sia gia' prestabilita e ne costituisca percio' il modello, possiede una validita' intemporale ma non astorica, nel senso che e' storicizzata e non immutabile. Se consideriamo l'idea cosi' intesa come verita', questa si definisce dunque in rapporto al sistema di valori del soggetto empirico: il vero e' il logicamente possibile, che, gia' contenuto a priori ma inconsapevolmente nell'orizzonte della conoscenza come valore, viene dal soggetto portato a consapevolezza. In un approccio  psicologico la verita' e' unica (come norma che guida ogni sistema di valori), mu non e' assoluta  (20). Infatti, essa e' il medio tra due categorie: la rappresentazione e il sentimento di validita' attribuitole  dal  soggetto.  Dice  infatti  l'Autore: " [...] ogni singola conoscenaa e' il farsi consapevole di qualcosa che e' gia' valido e stabilito nella concatenazione oggettivamente determinata dei contenuti della conoscenza. Dal lato psicologico [...] ogni cosa ritenuta vera e' un sentimento certo che accompagna i contenuti della rappresentazione [...]. Nessuna percezione sensibile e nessuna deduzione logica produce immediatamente la convinzione della verita'; sono soltanto condizioni che provocano il sentimento ultrateoretico dell'affermazione, dell'assenso [...]. Esso costituisce il veicolo psicologico tra le due categorie epistemologiche: tra il contenuto di senso delle cose, valido, [...] e la nostra rappresentazione di esse, che significa la loro realta' per il soggetto." (21). L'intelletto da solo pertanto non e' capace di verita': vi e' bisogno dell'assenso del valore, che riconosce la necessita' oggettiva di quella rappresentazione come realizzazione di un contenuto idealmente gia' stabilito che appartiene alla totalita' del sistema delle conoscenze. La rappresentazione diviene vera quando alla sua correttezza interna si aggiunge  l'assenso  del  soggetto.  Cosi', dal punto di vista psicologico, lp verita' e' un sentimento che va al di la' della deduzione logica, al di la' dell'intelletto e delle sue regole: e' un'attesa che la rappresentazione, come copia, realizza in riferimento ad una totalita' di conoscenze valide oggettivamente, e idealmente possibili. 

Qui viene in luce il significato che Simmel attribuisce alla categoria del possibile (22): la sua concezione della verita' come verita' logica indipendente dalle sue realizzazioni empiriche, dal fatto di venir realizzata (23). Questo primo significato della verita' come sentimento di validita', come assenso che il soggetto attribuisce a una rappresentazione, si ricollega al rapporto tra l'idea e la rappresentazione: alla teoria del terzo mondo di contenuti oggettivi.  Cosi' il fatto che una legge sia vera indipendentemente dal suo essere scoperta, e dall'esistenza della materia cui si applica, non dipende dal fatto che e' vera, ma dal fatto che e' un contevuto dello spirito oggettivo, un prodotto del soggetto trascendentale che travalica sia il singolo soggetto che la materia cui si applica.

Questi significati della verita', come si e' gia' detto, sono deducibili  a partirc dalle riflessioni fatte nel precedente capitolo. Ma devono essere integrati perche' emerga almeno in alcune delle sue molteplici sfaccettature il concetto simmeliano  di verita'. Vorrei cercare di mostrare percio' un diverso tipo di relativita' della verita', che riguarda anche le rappresentazioni considerate oggettive dalla scienza. Questa, pur avendo elaborato nel processo di distacco dal senso comune un nuovo concetto di verita' (24), continua a conservare per Simmel un carattere di relativita'. Far emergere questo significato che l'Autore attribuisce alla verita' scientifica implica naturalmente soffermarsi nuovamente sulla sua concezione della conoscenza. Il percorso per giungere a questa verita', che gia' nel primo paragrafo si e' definita come rapporto tra le diverse rappresentazioni che formano un sistema di conoscenza, puo' consistere nel tentativo di definire il ruolo e il valore che Simmel attribuisce all'universale. Esso si specifichera' nei paragrafi seguenti nelle due forme del concetto e della legge.

 4.3 Il concetto come forma.

Vorrei riprendere (25) quella distinzione tra Objekt e Gegenstand che ha permesso di definire la scienza come una "[...] donazione di forma al materiale [...]", "[...] una donazione di forma ai fatti secondo categorie e norme che per la scienza in questione sono a priori [...]" (26). Da tale distinzione si era gia' dedotto che mentre la conoscenza e' per Simmel un dare forma, il suo risultato e' una forma. A partire dagli elementi che vengono selezionati di volta in volta nella conoscenza in base a quell'idea-guida che abbiamo visto costituire un primo significato della verita', obiettivo della conoscenza diviene la formazione di concetti unitari (27) che si qualificano appunto come forme.  E' possibile giungere a questa conclusione rispetto all'epistemologia simmeliana considerando l'analisi che l'Autore piu' volte conduce in ambito sociologico circa i rapporti tra individuo e gruppo (25). Trasferendo quest'analisi dal campo applicativo della sociologia al campo dell'epistemologia, come Simmel stesso autorizza esplicitamente   a  fare  (29),  viene  in  luce  la sua concezaone del rapporto tra universale e particolare. Vedremo cosi' che il concetto di forma in Simmel e' strettamente connesso a quelli di universale e di particolare. Forse la loro descrizione risulta piuttosto complessa e problematica proprio per gli intrecci e le sovrapposizioni che li legano.

Vorrei anzitutto indicare quale funzione Simmel attribuisce alla forma intesa dal punto di vista concettuale: essa e' un'astrazione che "[...] facilita il dominio del molto e dei molti a partire da un solo punto." (30). La potenza formatrice  fa infatti parte di una tendenza generale dello spirito (61) al "risparmio di energia" (32), che l'Autore definisce intellettualismo. Gli elementi della conoscenza vengono connessi tra loro in una forma, sulla base di integrazioni e salti  che sostituiscono al continuum eterogeneo il continuum noetico della conoocenza (dis-continuum rispetto a quello ma continuum al suo interno come ogni forma della conoscenza)(33). A proposito di questa costruzione di connessioni unitarie nel lavoro storiografico, Simmel afferma: "[...] i punti di condensazione,  gli elementi importanti [...] a cui quel molteplice si riduce ppr la conoscenza devono ora essere saldati in unita': [...] in un processo unico e continuo, in una connessione intellegibile [...]" (34) E piu' avanti, riferendosi alla capacita' di integrazione e di selezione: "Questa struttura [...] consente all'anima di compensare costantemente le interruzioni temporali delle sequenze oggettivamente coerenti [...]" (35).

Possiamo ora soffermarci sul processo analogo che da' origine tanto alla formazione dei concetti che a quella dei gruppi sociali. In esso si compongono movimenti reciproci di differenziazione e sintesi, individualizzazione e generalizzazione  (36) che si rimandano all'infinito.

Dal punto di vista della formazione dei concetti, all'unificazione in una forma concettuale dei contenuti dell'esperienza sulla base di una determinata idea-guida segue nel progresso della conoscenza una differenziazione che fa nascere nuove formazioni concettuali. Una prima sintesi si da' a partire da caratteristiche di evidenza immediata, questo perche' la percezione   coglie   il    fenomeno   come   un   tutto indifferenziato, che assume come tale la   forma stabile e unitaria nella pura  successione temporale, cosicche' forma e funzione coincidono nella totalita' del fenomeno: le due parti sono omogenee tra loro e formalmente identiche.  Ad un livello superiore di astrazione, a questa prima sintesi in una totalita' unitaria e omogenea segue la differenziazione tra le parti, che mette in luce caratteristiche meno evidenti consentendo la formazione di nuovi concetti (37). La differenziazione investe cosi' la totalita' del fenomeno, che non puo' piu' configurarsi come forma stabile, ma come forma dinamica, perche' ora sono compresenti nella coesistenza spaziale   parti diverse le une dalle altre in base alle funzioni cui assolvono (38). In realta', pero', tra coesistenza spaziale e successione temporale la differenza non e' di principio ma di grado: cio' che cambia e' il soggetto della differenziazione e quindi la prospettiva di analisi da cui si guarda la formazione dell'unita': "[...] un mutamento della forma e del soggetto [della differenziazione]". (39). E' possibile infatti ridurre la  dimensione  spaziale  alla  dimensione temporale: la coesistenza spaziale e' sempre relativa a quella temporale, ossia e' sempre  in funzione di una determinata unita' di tempo presa come riferimento ideale in se' omogeneo dal pensiero, che delimita nelle serie temporali una certa frazione come unitaria, tralasciando che essa e' al suo interno sempre ulteriormente scomponibile all'infinito. Infatti se due funzioni hanno luogo nello stesso periodo di tempo, ossia nella coesistenza spaziale, le loro parti non possono che presentarsi nella successione temporale delle frazioni in cui e' possibile scomporre quell'unita' temporale assunta dal pensiero concettuale (40). Con la differenziazione della totalita' in parti differenti tra loro, ciascuna parte puo' nuovamente costituirsi, a partire da nuove sintesi, a sua volta come forma, come totalita' al suo interno omogenea.

4.4 La forma come universale concreto

Nel senso in cui si e' finora parlato del concetto come forma, questa, come verra' meglio in luce ora, e' intesa da Simmel come universale. La forma rappresenta, infatti, la possibilita' di opporre al modo astratto e ideale  in cui tradizionalmente si era concepito l'universale, un concetto che nel contempo faccia salva l'individualita' dei contenuti da cui nasce: l'intento e' appunto  di "[...] affermare l'universale negandone l'astrattezza [...] derivare il singolo da un concetto generale, senza sacrificare la sua realta' materiale [...]" (41), ma anzi garantendo l'immediata connensione con tale realta'. L'esempio piu' evidente che Simmel fornisce di quest'impostazione del problema e' la societa': "Non esiste mai societa' in generale nel senso che quei particolari fenomeni di connessione si siano formati soltanto presupponendo la sua esistenza: infatti non esiste alcuna azione reciproca in quanto tale [e' questo che Simmel intende per societa'] ma particolari modi di essa, con il cui manifestarsi la societa' esiste e che non sono ne' la causa ne' la conseguenza di questa, ma sono immediatamente gia' essa stessa. Soltanto la sterminata quantita'  [...] ha conferito al concetto generale di societa' una realta' storica apparentemente autonoma." (72).  La  forma come concetto universale ha pertanto la sua origine nell'immediatezza delle individualita' che la compongono e da cui il pensiero  le astrae secondo l'idea-guida scelta di volta in volta (nel caso della societa', come si e' ricordato nella citazione, le interrelazioni tra gli individui). Solo in seguito essa assume  un significato che va al di la' della loro mera somma numerica, costituendo  una nuova forma autonoma dotata di una logica propria che trascende ciascuno dei singoli particolari e che anzi si oppone ad essi come un che di estraneo e di sostanziale.

Sul piano epistemologico, cio' significa che l'universale come concetto si configura come quel contenuto generalissimo cui ogni riferimento diretto all'esperienza sia stato sottratto dal neutralizzarsi reciproco di innumerevoli contenuti particolari, come  risultato di un graduale processo di condensazione che ha reciso sul piano gnoseologico ogni rapporto con i suoi referenti diretti e su quello psicologico ogni consapevolezza di tale rapporto col particolare empirico, presentandosi cosi' come un'istanza assoluta avente valore di in se', come forma autonoma, come sostanza.  La sua oggettivita', la sua verita' nasce per Simmel: "[...] solo dall'intersecazione e dalla reciproca limitazione di rappresentazioni singole, di nessuna delle quali si puo' riconoscere, in se' e per se', se non sia magari puramente soggettiva." (43).  E' dall'incontro di ognuna con tutte le altre, per l'elidersi delle contraddizioni che ne nascono, che si forma, per un verso come risultato e per l'altro come fondamento, una rappresentazione oggettiva, la quale deve pero' possedere un grado di formalita' e reciprocamente un grado di indeterminazione superiore a quello delle rappresentazioni singole.

Queste considerazioni ci conducono direttamente nel cuore della concezione simmeliana dell'universale. Come formazione autonoma, l'universale potrebbe apparire a priori rispetto al singolo individuo; viceversa, se lo si guarda dal punto di vista della totalita' dei singoli particolari che lo compongono, poiche'  non avrebbe ragion d'essere al di la' di questa totalita', potrebbe venire considerato a posteriori rispetto ad essa, intesa come complesso logicamente pensabile. In realta' per Simmel, come lui stesso chiarisce nel passo sulla societa',  l'universale rispetto al complesso logico dei suoi  particolaqi concreti non e' ne' a priori ne' a posteriori, essendo anzi precisamente proprio tale complesso. Pertanto la dialettica di rimandi particolare-universale, e la connessa dialettica di prospettive a priori-a posteriori ne fanno emergere senza possibilita' di equivoco il carattere empirico. L'universale rappresentato dalla forma - forma che assume significato e valore in base alla sua funzione (44) - è un universale concreto, in re, che solo nel rapporto col particolare assume legittimita' e necessita'.

Questa concezione della forma  non e' stata correttamente intesa da molti critici simmeliani: la definizione di formalismo infatti dev'essere concepita  "[...] in senso tutt'altro che ristretto. Esso non esclude le idee, come qualcuno ha temuto, dalle forme [...]; ne' [...] l'elemento contenutistico [...]. Il concetto di forma che Simmel ci propone non offre ne' una semplice riproduzione, ne' un'anticipazione normativa della realta' esistente. Esso assume il doppio ruolo di concetto tipo (modello ideale) e di principio metodico     che     permette   di   ordinare   elementi contenutistci non fondati in alcun apparato conoscitivo." (45). 

4.5 Il fenomeno, punto di incrocio di innumerevoli linee interpretative.

Guardando ora all'altro dato del rapporto tra universale e particolare, quello dell'individuale, cosi' come in ambito sociale l'individuo nell'appartenenza a piu' gruppi sociali acquista via via piu' particolarita' e univocita' per l'originale combinazione di tali appartenenze, in campo epistemologico quanto piu' vasta e' la combinazione tra gli universali cui sono sussunte le sue qualita' tanto piu' il particolare e' determinato nella sua singolarita'. Cio' che e' dunque specifico dell'individualita' e' la combinazione tra universalita', tra concetti universali (46).  Queat'interpretazione del fenomeno, dell'individuale, come punto d'incrocio di innumerevoli universali che lo definiscono in modo via via piu' preciso si puo' dedurre in vari punti dell'opera simmeliana (47), ma l'esempio piu' chiaro viene forse dalla definizione di individuo, che deriva per Simmel dal suo rapporto con le cerchie sociali in cui e' inserito: "[...] il punto d'incrocio di innumerevoli fili sociali [...] [che] diventa individualita' per le particolari quantita' e combinazioni con cui si raccolgono in essa gli elementi del genere." (48). A me sembra che qui venga prepotentemente in luce con tutta chiarezza il concetto simmeliano di fenomeno, il significato epistemologico dell'oggetto. Esso si configura come il punto di incrocio di innumerevoli connessioni della conoscenza, ognuna delle quali attraversa il fenomeno secondo una sua specifica direzione, immettendolo in une specifica serie e assegnandogli uno specifico posto. Cosi' il fenomeno assume  una forma che deriva dalla funzione cui assolve in quella determinata connessione con gli altri elenenti della  stessa serie. In questo senso si puo' parlare del fenomeno, dell'oggetto come una forma-funzione, identificando i due termini. E' Simmel stesso che introduce quest'identita' tra forma e funzione quando parla di "[...] funzione come pura forma [...]" (49) e di "[...] forma o funzione [...]" (50). In questa prospettiva la sostanza si funzionalizza:  a seconda del punto di riferimento, ossia della specifica forma di conoscenza in cui e' inserito,  il fenomeno assume una forma piuttosto che un'altra. In se', infatti, esso non e' nulla (51); anzi e' rivestito di senso e contenuto solo in rapporto ad altri, ossia a un sistema da intendere unitariamente,  che nel caso che qui ci interessa e' la scienza. Il fenomeno in questa prospettiva e' dunque  un punto dello spazio e del tempo attraversato da infinite possibili linee interpretative che ne modificano il contenuto in funzione propria. Queste ultime lo attraversano secondo prospettive diverse della conoscenza e cosi' facendo lo inseriscono in infinite serie  di connessione tra elementi dell'essere. E' questo significato del fenomeno come  punto di passaggio in se' indifferente cio' che lo costituisce come funzione, determinando dal punto di vista gnoseologico il cambiamento nella considerazione dell'oggetto da  sostanza a funzione della conoscenza. Questa trasformazione e' stata sottintesa da tutto il percorso che fin qui questo lavoro ha compiuto, ma soltanto ora il soffermarsi sul concetto di fenomeno come forma-funzione l'ha potuta rendere esplicita.  

4.6 Il passaggio dalla sostanza alla funzione

Simmel, pur riconoscendo nella storia del pensiero la rilevanza della suddivisione tra sostanza e accidenti, la considera uno stadio mitologico di iniziale orientamento nel caos del reale che ha poi preteso uno statuto di unicita' che non le spettava (82).  La contrapposizione ontologica, effetto di un pensiero primitivo, deriva dal bisogno dogmatico di ritrovare nel continuum fenomenico dei punti fermi, stabili, fissi che fungano da riferimento in quanto fondati solo su di se', e che quindi vengono dal soggetto empirico rivestiti di valore assoluto. Questo pensiero primitivo assegna ai fenomeni percepiti una sostanza che ne e' al tempo stesso causa e fondamento oggettivo, istituendo tra la rappresentazione delle cose e le cose stesse un'identificazione che da' alla conoscenza il carattere dell'immediatezza (53).

Per Simmel come per Cassirer (54),  tutta la storia del pensiero e'  leggibile come progressivo passaggio dall'oggetto come sostanza a se' stante all'oggetto come funzione  della  conoscenza.   La  dissoluzione  di ogni dogmatismo ontologico rappresenta infatti uno dei caratteri della modernita': la vita spirituale moderna va nella direzione di "[...] dissolvere cio' che e' solido, identico a se', sostanziale, in una funzione, in una forza, in un movimento [...]" (55). Riguardo alla sostanza Simmel pertanto afferma che "[...] non c'e' alcuna unita' reale da scoprire [...] [questa] e' solo un concetto [...]" (56). La critica al carattere ontologico del concetto di sostanza conduce a dissolvere qualunque unita' e a trasformarla in un concetto prospetticamente mobile, cosicche' cio' che e' unita' da un determinato punto di vista non lo e' da un altro. La sostanza si presenta dunque come un'unita' concettuale, ideale, post rem: come una forma. Anche se nella prassi, nella consapevolezza del soggetto empirico, la forma e' considerata originaria, cio' che la produce e' una funzione unitaria, che la individua a posteriori ed empiricamente, non a priori e metafisicamente (57). Una delle fondamentali capacita' dello spirito e' quella di costruire simboli, ossia di sostanzializzare in oggetti particolari le astrazioni compiute a partire da determinati  rapporti  e   fenomeni,  di  modo  ohe tali oggetti risultano essere al tempo stesso le forme pure di tali rapporti e le sostanze di cui lo spirito ha bisogno nella prassi.

Cosi', pur esponendoli tra loro come due diversi modi di concepire i fenomeni, Simmel opera a livello epistemologico una riduzione del concetto di sostanza a quello di funzione, affermando che ad un esame piu' approfondito lo stesso concetto di sostanza si rivela un concetto di funzione (58): cio' che ha rilevanza dal punto di vista del soggetto, e che  da questo puo' venir riconosciuto, non e' l'essere in se' delle cose,  in quanto tale assolutamente indifferente, ma l'essere per noi, ossia l'essere per un determinato scopo. Questo "essere per" che caratterizza tutte le cose ha il doppio significato di essere per il soggetto e di essere le une per le altre. Quest'impostazione della conoscenza giunge cosi' alla dissoluzione di qualunque unita' ontologicamente intesa, ma puo' evitare il circolo vizioso di un universo di significati e di determinazioni senza alcun contenuto stabile perche' si appella da un lato all'Io come unico punto di riferimento  (dalla  cui  prospettiva di  volta in volta vengono determinati i contenuti del mondo) e dall'altro, come si chiarira' ora,  al movimento stesso della conoscenza.

4.7 Il significato della funzione come valore: l'essere per il soggetto

Nel primo senso in cui si puo' intendere il concetto di funzione, cioe' quello dell'essere per il soggetto, Simmel puo' dire: "La funzione e' il generale rispetto allo scopo specifico a cui essa serve, il sentimento religioso e' il generale rispetto al suo contenuto di fede, la conoscenza e' il generale rispesto ai suoi singoli oggetti [...] nei confronti della molteplicita' dei quali essa si comporta come sempre uguale a se stessa. Tutte queste sono forme e configurazioni che comprendono i materiali piu' diversi. [...] il senso del valore [...] si libera dalla sua materia e si incorpora nella sua funzione, che e' generale e anche astratta." (59). Il passaggio dalla sostanza alla funzione che si attua nel procedere dello spirito e' dunque, come si deduce  da  questo passo, un trasferimento di valore, di senso, di significato dall'una all'alkra, e' una differenziazione che lascia libera la forma-funzione di riempirsi di contenuti autonomi. E' il valore cio' che passa dall'una all'altra: "[...] la maggior parte delle cose non hanno valore, ma lo possono avere e per fare cio' devono continuamente  emergere al di fuori di se' ed entrare in rapporto con altre cose.  [...]. Il nostro senso del valore si connette soltanto agli effetti che le cose producono." (60). Si puo' dunque affermare che il passaggio dalla sostanza alla funzione e' un passaggio di valore, nel senso che il soggetto da' forma a quei determinati  contenuti della conoscenza ai quali attribuisce valore, e questi divengono oggetti della conoscenza in quanto hanno valore per il soggetto. Infatti, dice Simmel,: "Costituisce un aspetto fondamentale del mondo spirituale, il fatto che noi incorporiamo in particolari formazioni i rapporti tra piu' elementi dell'essere; queste formazioni costituiscono evidentemente anche essenze di per se' sostanziali, ma la loro rilevanza per noi consiste soltanto nel fatto che esse permettono di visualizzare un rapporto [...]." (61). 4.8 Il significato della funziyne come rapporto: il concetto come forma di unione delle rappresentazioni. La forma-funzione.

Nel passo appena citato si puo' individuare la connessione dei due significati dati al concetto di funzione. Infatti che le forme abbiano lo scopo di visualizzare i rapporti tra gli "elementi dell'essere" costituisce il secondo significato in cui si puo' intendere il concetto di funzione in Simmel, quello di relazione tra tali elementi. Dissolvendosi il significato sostanziale, le forme divengono funzioni aventi lo scopo di connettere quegli elementi in relazione tra loro. "L'attivita' conoscitiva stessa, infatti, che produce tale dissoluzione, pare sottrarsi da parte sua al flusso dell'eterno sviluppo e alla determinatezza puramente comparativa dei singoli contenuti." (62). Questa determinatezza si riferisce proprio alla relativita' delle determinazioni, i cui contenuti si stabiliscono non in se', ossia isolatamente, ma in relazione a un prima e a un dopo con cui il singolo elemento e' in rapporto.

Il  discorso  che  si  e'  fin  qui svolto sul passaggio soshanza-funzione (e sul significato della funzione come rapporto) specifica in una prima direzione il significato epistemologico della forma. Il principio che dal punto di vista gnoseologico consente di racchiudere sotto un concetto unitario un insieme di interazioni e' infatti la funzione, che pertanto determina la forma come forma-funzione. Se dal punto di vista metafisico qualunque elemento e' sempre ulteriormente scomponibile e la semplicita' e' una categoria inapplicabile in senso assoluto, cio' che rende possibile l'unificazione degli elementi della conoscenza in una forma concettuale e' quindi un'operazione dell'intelletto, che unifica quegli elementi in base ad una funzione. Cio' che da un punto di vista gnoseologico e' in ordine di tempo primario sono le interazioni, non il nome che le unifica, il quale non e' appunto dotato di alcuna sussistenza, di alcun sostrato reale. Il contenuto di quel nome e' pertanto l'unificazione di piu' rappresentazioni in un concetto, che risulta dunque come forma di unione delle rappresentazioni.  Che poi tale nome si riferisca a un insieme in se' ulteriormente scomponibile, e dunque ne' semplice  ne'  originario,   e'  un fatto  assolutamente secondario e iadifferente per lo scopo che ha prodotto quel nome (63).

Una corretta impostazione del lavoro scientifico deve dunque essere avvertita nell'uso di categorie e concetti, considerando sia le une che gli altri come forme che esprimono unitariamente rapporti tra fenomeni, cosi' da ricondurle ai processi di sintesi intellettuale da cui si sono formate come  rappresentazioni unitarie. Nella scienza moderna infatti "[...] ogni elemento occupa un posto limitato da determinarsi soltanto in base al rapporto con cio' che lo precede e con cio' che lo segue; che essa rinunci all'essenza in se' delle cose e si accontenti di determinare i rapporti tra le cose e il nostro spirito, considerati dal punto di vista di quest'ultimo." (64). Se invece le considera come sostanze (65), la conoscenza scientifica ipostatizza in unita' originarie e assolute dei processi in se' estremamente complessi e rende impossibile la comprensione dei  rapporti che esse vogliono esprimere; infatti, considerando originarie quelle unita', si puo' procedere soltanto sulla base di una rigida causazione dall'una all'altra o  viceversa.   Nel  momento  in  cui invece il lavoro scpentifico e' avvertito dell'arbitrarieta' delle concettualizzazioni e delle sintesi e' inevitabile che le consideri delle forme dinamiche la cui determinazione non e' univoca, cosi' come non lo e' quella dei loro rapporti reciproci.

Ma l'arbitrarieta' di quelle concettualizzazioni, di quelle rappresentazioni unitarie, non sconfina nell'arbitrio soggettivo, non esclude la loro oggettivita' e validita' scientifica.   E' il movimento della conoscenza che garantisce la possibilita' dell'oggettivita' alla conoscenza: essa risiede nella rispondenza a certi criteri stabiliti dalla comunita' scientifica come validi, e dunque nell'accordo comune di tutte le sintesi e concettualizzazioni nel campo o sistema scientifico in questione. Il concetto di funzione ha percio', come si e' cercato di mostrare, un doppio significato: da un lato esso vuole indicare nell'oggetto della conoscenza cio' che lo costituisce in unita' a partire dal manifestarsi di interazioni, dall'altro sembra riferirsi, dal punto di vista del soggetto della conoscenza, allo scopo in base al quale l'oggetto   viene   concepito,   alla  finalita'   della conoscenza stcssa, significato questo nel quale il concetto di funzione potrebbe assimilarsi a quello di progetto. La conoscenza dunque non e' mai diretta e immediata esperienza, ma sempre anticipazione di un determinato contenuto.

4.9 Il rapporto tra concetto e idea: la connessione  tra intelletto e volonta' nella conoscenza.

Quest'anticipazione e' forse individuabile nell'idea. Cassirer afferma che l'idea in Platone e'  il  modello, l'universale che oltrepassa l'oggetto specifico e particolare e attinge al mondo dei puri contenuti. La forma dell'oggetto e' pertanto in funzione del fine che il soggetto le attribuisce, del valore che esso assume per il soggetto: "Ogni essere semplicemente essente e' un dover essere." (66)  In cio' dunque ogni esserci e' sempre in relazione ad altro, a un qualcosa che lo trascende, e la conoscenza e' proprio la ricerca di una proporzione, di un'armonia tra l'esserci e il dover essere, tra fenomeno e idea.  L'idea trascende la cosa ma e' con essa in continuo rapporto, poiche' soddisfa la sua definizione e la sua destinazione. Cosi' cio' che distingue un semplice agglomerato da un'unita', da un concetto unitario di oggetto, da un fenomeno, e' il fine, che rende l'eterogeneita' degli elementi una serie, una forma unitaria, strutturata secondo un suo proprio telos. Perche' infatti sia possibile la costruzione di una serie di elementi internamente connessi e ordinati in un concetto, tali da concorrere nel loro complesso a costituire una forma unitaria,  e' sempre necessaria un'idea-guida, un'idea regolativa: si stabilisce cosi' un rapporto tra concetto - come forma di unione delle rappresentazioni -  e idea - come ideale che rende possibile quell'unificazione.  Cosi' nella conoscenza, mentre l'idea e' regolativa, il concetto e' costitutivo (67). E poiche' l'idea  fonda la connessione tra elementi eterogenei in un complesso unitario rappresentato dal concetto, la conoscenza e' sempre rapporto col terzo mondo ideale dei puri contenuti. Noi formiamo una totalita' concettuale in se' connessa interpretando il materiale della conoscenza come espressione di un contenuto ideale in esso presente, facendo  assurgere  a  validita' intemporale cio' che si presenta bella sua individualita' di contenuto inserito nel flusso dell'eterno divenire.

Qui il problema dell'essere si trasforma nel problema del significato: e' questo il punto nel quale la conoscenza come forma specifica di oggettivazione attua quella connessione tra serie dell'essere e serie del valore, tra intelletto e volonta', di cui nel terzo capitolo si era gia' parlato a proposito dell'oggettivazione in generale. Perche' un oggetto nel senso del rickertiano Objekt sia sottoposto a conoscenza, e' necessario un atto di scelta del soggetto che lo ponga, lo faccia assurgere a fine della conoscenza. In questo senso l'oggetto e' un valore, assumendo un significato che esula dal contesto specifico della conoscenza di cui di li' a poco diverra' oggetto. Il valore e' infatti, come le parole stesse di Simmel ci avevano gia' chiarito, qualcosa che si appone dal di fuori ai fenomeni. "Il punto di vista unitario in base al quale avviene la sintesi [tra elementi eterogenei] e' la loro relazione con uno scopo unitario [...] cioe' la loro relazione con il terminus ad quem [...]"  (68).    L'identita'   funzionale  puo'   dunque tralascpare l'eterogeneita' dei contenuti, e mettere a fuoco l'uniformita' formale. Una volta determinato il fine della conoscenza, con un atto di consapevole scelta del soggetto, alla serie teleologica che considera i fenomeni dal punto di vista del loro essere per il soggetto, del loro avere valore, si sostituisce la serie causale, che inserisce i fenomeni nella dimensione dell'essere non piu' per il soggetto, ma l'uno per l'altro in una serie il cui principio e' la legge, e' il rapporto di causa-effetto. Soltanto qui entriamo nel vero e proprio sistema della conoscenza: al terminus ad quem si sostituisce il terminus a quo. 

4.10 Il rapporto tra concetto e legge: la legge come forma  di rapporto tra le rappresentazioni  

E' questo il punto nel quale alla liberta' del soggetto nella     scelta, si sostituisce la necessita' della legge: nella conoscenza, infatti, se il primo passo, come chiarisce bene Simmel, e' libero, tutti gli altri sono necessitati da quello. Al  rapporto    tra concetto e idea sinora consideyato, che pone i contenuti della conoscenza in rapporto con un ideale che ne costituisce la norma e la misura esterna,  si    sostituisce cosi'  il rapporto tra concetto e legge, tra i singoli contenuti e la funzione che ne regola la connessione.   

Cerchero' di puntualizzare il senso in cui Simmel intende la legge come rapporto di causa-effetto e la sua necessita', indicando cosa dei fenomeni esprime la legge, in che senso essa puo' dirsi necessaria e quindi in che rapporto si pone rispetto ai fenomeni, costituendo proprio la possibilita' della loro comprensione. La radicale critica simmeliana del concetto di causa cosi' come e' stato inteso dalle due posizioni fondamentali ma antitetiche dell'oggettivismo kantiano e del soggettivismo humiano puo' servirci a questo scopo. Nella storia del concetto di causalita' Simmel individua la dicotomia    insuperabile tra universalita' della legge da un lato - universalita' che ha valore al di la' di ognuno dei    singoli casi in cui la legge si manifesta - e soggettivita' del singolo caso, dall'altro. Simmel vuole porsi al di la' di questa  dicotomia  e  considerare  la  validita' oggettiva della legge  sna al di sopra di ognuno    dei suoi singoli casi, sia, nello stesso tempo, come espressione di tutti i possibili e di tutti i reali. Cio' significa che mentre ogni caso non    puo' esaurire il contenuto della legge, la somma assoluta dei casi -    pensabile ma non conoscibile dal soggetto empirico - e' espressa dalla legge. La diversita' tra "ognuno" e "tutti"  e' dunque differenza tra prospettive gnoseologiche:    nell'un caso si fa riferimento al rapporto tra legge e caso come    autonomia della prima nei confronti della dipendenza del secondo;    nell'altro caso all'identita' tra legge e somma assoluta dei suoi   casi. "Certo, la teoria della conoscenza deve distinguere la legge eterna di natura dalla  somma temporale delle sue attuazioni: ma io non capisco che funzione essa possa avere all'interno della prassi del conoscere all'infuori della determinazione di qgni singola attuazione." (69). Kant e Hume sono cosi' per Simmel interni alla stessa    prospettiva gnoseologica, che vede nella legge un che di altro rispetto ai singoli casi e si arresta a questa considerazione, ribadendola l'uno, contestandola l'altro.  Procedere  oltre  per  Simmel  non  vuol  dire scanfessare l'affermazione che vuole la legge "altra" rispetto ai singoli casi, ma riconoscerla come espressione dell'appartenenza del singolo caso a una totalita' di cui la legge costituisce la formula astratta, la regola, la funzione: la forma del rapporto tra le rappresentazioni (70). Essa rappresenta la necessaria connessione dei fenomeni    tra loro, cio' che rende possibile il connetterli come elementi    in una serie. E' dunque sul piano empirico che avviene la distinzione tra legge e somma temporale, mentre sul piano logico vi e' identita' in quanto la legge esprime la formula di tutti i casi possibili cui si applica, necessaria al di la' del suo effettivo manifestarsi.  La necessita' cui fa riferimento Simmel e' quella che caratterizza il mondo dei puri contenuti, il terzo regno delle idee valide oggettivamente:  e' appunto la necessita' della legge, non la necessita' del fenomeno in cui quella legge si  esprime. Essa non appartiene al piano della realta' ma al piano della conoscenza: le leggi  da sole non sono in grado di restituire l'esistenza reale in  quanto sono espressione puramente ideale  di  quella,  e  quindi ne  esprimono soltanto il contenuto idealmente valido, non  l'effettivita' reale. Perche' sia possibile il passaggio dal piano ideale delle leggi al piano reale dell'esistenza empirica dei fenomeni,  e' necessaria la categoria dell'essere, che Simmel intende come la sostanza assolutamente indifferenziata, la pura materia. L'essere  e le leggi sono ambedue "[...] puri fatti [...]" "[...] in  linea di principio indipendenti tra loro [...]" (71). Perche' dunque sia possibile un rapporto tra tali puri fatti assolutamente distanti tra loro, e' necessario un termine medio, la forma, il concetto, che costituisce la possibilita' della  connessione tra l'essere e le leggi in quanto  esterno ad  ambedue (72). Nel momento in cui  tra l'essere e le leggi il concetto stabilisce un rapporto, questo  assume la forma della  necessita', che e' qualcosa di esterno ad ognuna delle due  categorie.  Questa forma fa si' che la scienza si inserisca nel  piano dell'esperienza reale, che non rimanga sul piano della validita' ideale assolutamente indifferente delle leggi.

Nel senso in cui queste considerazioni hanno reso esplicito   il   concetto   di   legge in Simmel si puo' conclbdere che la legge cui la conoscenza scientifica mira, come necessaria forma di rapporto tra le rappresentazioni, e' riconducibile anch'essa, come il concetto, all'universale. Il significato che gia' la riflessione simmeliana sul concetto attribuiva a tale universale nella scienza moderna viene qui ribadito ora per quanto riguarda la legge: sia l'uno che l'altra si configurano come universali concreti, empirici, proprio in quanto amredue esprimenti una funzione, e quindi legati al particolare. Mentre il concetto si e' definito come l'universale forma di unione delle rappresentazioni, la legge si configura come l'universale forma del rapporto reciproco tra le  rappresentazioni (73).

4.11 La verita' come rapporto tra le singole rappresentazioni che formano un sistema di conoscenza. Verita' della singola rappresentazione e verita' del sistema: il rapporto tra il singolo contenuto di conoscenza e il sistema.

 Dopo aver considerato il rapporto tra concetto e idea e quello tra concetto e legge, possiamo soffermarci sul rapporto tra il singolo contenuto di conoscenza e il sistema di cui fa parte. La concezione simmeliana dei contenuti della conoscenza come funzioni e non come sostanze da' al problema del rapporto tra conoscenza e realta' un nuovo significato che modifica di conseguenza il contenuto di verita' di ogni singolo concetto.

Traslando sul piano gnoseologico le riflessioni che Simmel elabora raguardo al denaro come strumento di misura dei valori economici, si puo' affermare che per l'Autore non e' necessario che tra sistema di misura e sistema da misurare esista una identita', un'omogeneita' sostanziale, bensi' e' sufficiente un'analogia funzionale. "Sarebbe giusto ritenere che la merce e cio' che la misura debbano avere la stessa natura, se vi fosse un'unica merce da equiparare con un valore monetario. Ma [...] basta determinare il rapporto di diverse (o di tutte) le merci tra di loro [...] e porre l'equivalenza di tale rapporto con la frazione corrispondente dell'offerta di moneta disponibile." (74). Se l'analogia che vorrei stabilire non e' illegittima, e si considerano ora il singolo concetto e il singolo oggetto della conoscenza l'uno come strumento di misura dell'altbo analogamente al denaro e alla merce, si puo' forse dire che come la confrontabilita' tra la singola somma di denaro e la singola merce non e' immediata ma e' resa possibile dall'assunzione di una corrispondenza tra la totalita' del denaro e la totalita' delle merci, cosi' la confrontabilita' tra il singolo oggetto della conoscenza e il singolo concetto non attiene ad un rapporto diretto tra questi due termini. Cosi', mentre il rapporto tra le due totalita' e' un assioma, il rapporto, fondato su quello, tra le due particolarita' - il singolo oggetto e il singolo concetto - e' una dimostrazione. "Questo rapporto di  totalita' tra di loro ha in un certo senso il significato di un assioma che non e' vero nello stesso modo in cui lo sono le singole proposizioni che si fondano su di esso; le proposizioni sono dimostrabili, mentre l'assioma non puo' riferirsi a nulla da cui lo si possa dedurre logicamente." (75). La verita' del rapporto tra le due totalita' pertanto non e' vera nello stesso senso in cui e' vera la verita' del rapporto tra le due particonarita'. La prima verita', quella del sistema  della  conoscenza, puo' trovarsi soltanto fuori dal sistema: e' posta q priori dal soggetto trascendentale,  e' esterna, e' il fondamento. La seconda, in quanto e' interna al sistema stesso, e' scoperta a posteriori dal soggetto empirico, e pertanto ha fondamento. Cio' vuol dire che la verita' della singola proposizione scientifica esiste in quanto e' sostenuta dall'intero sistema delle proposizioni scientifiche cui essa si riferisce. La verita' dell'intero sistema invece esiste in quanto posta in essere dal seggetto trascendentale, come posizione a priori: "La totalita' del conoscere sarebbe cosi' altrettanto poco "vera" di quanto la totalita' della materia e' pesante; le proprieta', che non si potrebbero attribuire senza controddizione al tutto, varrebbero soltanto nel rapporto delle parti tra loro." (76). Si delinea qui la concezione che Simmel ha della scienza come conoscenza che si sviluppa all'infinito secondo un doppio movimento (77), da un lato circolare, dall'altro lineare: "La necessita' propria del nostro spirito di conoscere la verita' mediante prove, sposta all'infinito la possibilita' di conoscere, eppure si muove in un circolo  [...]"  (78).  Il movimento della conoscenza e' circolare in quanto ogni verita' e' sostegno ed e' sostenuta da ogni altra all'interno del sistema della scienza considerato come sistema chiuso: "[...] cio' significa che ogni legge diventa valida in quanto tale soltanto mediante un'altra legge, e non di per se'." (79).  E ancora: "Se la verifica di una proposizione avviene risalendo ai suoi fondamenti [...], ci si accorge spesso che la verifica e' possibile soltanto, cioe' e' verificabile a sua volta, se si presuppone che la prima proposizione da verificare e' gia' verificata. [...] Se non vogliamo una volta per tutte fermarci dogmaticamente su una verita' che non richieda per sua natura di essere dimostrata, e' facile ritenere questa forma di prova reciproca come la forma fondamentale della conoscenza, pensata come chiusa in se'." (80).

D'altronde, il movimento della conoscenza e' lineare, in quanto ogni verita' prima e inconcussa, che funge da fondamento esterno al sistema, e' destinata col progresso scientifico ad essere a sua volta sostituita.  In tal modo non e' necessaria un'immediatezza della conoscenza: si ribadisce la distanza qualitativa insormontabile tra concetto e  realta', ma  parimenti si fa salva la verita' del concetto. 

In  tale prospettiva, la verita' viene a cunfigurarsi come un rapporto tra il singolo concetto e la totalita' del sistema dei concetti stessi. Bisogna sottolineare che tale possibilita' di confronto tra concetto e oggetto cosi' stabilita ha carattere relativo e non assoluto appunto perche' mediata dal sistema della conoscenza in cui e' inserita, non immediata; ma cio' non toglie ad essa il carattere di proporzione oggettiva, dal momento che si assume a priori come valida la proporzione tra i due sistemi totali. Inoltre, la relativita' del rapporto, ontreche' al suo essere indiretto, si deve al suo riferimento al soggetto che lo stabilisce. Il soggetto di cui qui si parla e' il soggetto trascendentale, e non quello che verifica individualmente il singolo contenuto concettuale in rapporto al singolo oggetto che in una data frazione spazio-temporale lo interessa in base ai propri scopi pratici. E' quel soggetto trascendentale che assume a priori come valida la proporzione tra i due sistemi totali di cui si e' detto, e cio' spiega il carattere inconsapevole che tale assunzione riveste per il  seggetto empirico di volta in volta interessato alla ricerca di un singolo contenuto di verita'. "L'equazione si forma assumendo a priori, per scopi pratici, che le due somme siano tra loro equivalenti; o meglio: il rapporto pratico in base al quale utilizziamo le due categorie, si riflette a livello di coscienza teorica in forma di equivalenza. Ora, questa equazione costituisce la spiegazione generale di tutte le equazioni tra singoli prodotti e singoli prezzi, percio' essa non viene percepita, ma costituisce [...] il fattore che agisce a livello inconscio, senza il quale prezzi e prodotti non avrebbero nessuna possibilita' di entrare in un qualsiasi tipo di rapporto." (81).  Si chiarisce cosi' come sia possibile che il concetto si offra al soggetto come criterio e unita' di misura del reale pur nel necessario riconoscimento della distanza tra i due sistemi e della conseguente impossibilita' di qualunque analogia o rapporto diretto. Il punto focale della questione mi sembra il superamento dell'impasse costituita dalla confusione di piani  che Simmel inrividua tra la necessita' della causalita' da un punto di vista trascendentale e la necessita' della causalita' da  un  punto  di vista ontologico. La fecondita'  della prospettiva simmeliana risiede nell'assunzione di una proporzione aprioristicamente costituita da un  soggetto empirico-trascendentale. Cio' che fonda la proporzione, e che, essendo altro rispetto di suoi due termini, la rende indiretta e' il soggetto empirico-trascendentale, che si pone come terzo elemento medio tra due elementi qualitativamente distanti: il reale e l'ideale. Secondo quest'interpretazione, viene conservata la fertilita' dello schematismo trascendentale, ma viene altresi' ribadita la relativita' di tale proporzione, il suo non essere assoluta, e dunque quello schematismo stesso viene arricchito di una prospettiva relativistica che lo radicalizza sino alle estreme conseguenze, ponendo nel soggetto empirico-trascendentale e solo in esso il fondamento della corrispondenza tra oggetto e concetto, ossia il fondamento dblla verita' (82).

Abstract:

La critica al realismo ingenuo. Il rapporto tra scienza e senso comune. Il prospettivismo della verita'. La verita' della singola rappresentazione: dal punto di vista pratico, l'utilita'; logico, l'idea; psicologico, il   sentimento  di  validita'.   Il  contenuto   della conoscenzn: il concetto come forma. Forma stabile e forma dinamica. La forma come universale concreto. Il fenomeno come punto di incrocio di innumerevoli liree interpretative: il fenomeno come forma-funzione.Il passaggio dalla sostanza alla funzione. Il sistema dvlle conoscenze e la differenza tra verita' del singolo concetto e verita' del sistema. Il problema della misura tra universi distinti e la possibilita' di un loro rapporto: il denaro e le merci, il concetto e la realta'. La verita' come rapporto tra sistemi o universi distinti, rapporto reale perche' instaurato dal soggetto trascendentale.

                Note al capitolo quarto

1: Ad esempio nei Problemi della Filosofia della storia, dove mette in discussione la possibilita' di una descrizione dei fatti storici, che basa il suo assunto sull'identita' sostanziale tra soggetto e oggetto del conoscere. Cfr. Simmel G., I problemi della filorofia della storia, Marietti, Casale Monferrato, 1982.

2: Simmel G., Kant cit., p.54. Per Carlo Mongardini in quest'interpretazione simmeliana della conoscenza, e ancor piu' in quella del soggetto come funzione unitaria che come pura attivita' ininterrotta produce  conoscenza (vedi piu' avanti, Ibid., b.51), e' individuabile una profonda influenza del pensiero di Nietzsche. Cfr. Mongardini C., Introduzione a Simmel G., Il conflitto della cultura moderna cit., p. LXIV sg. e n.177.

3: La possibilita' di parlare di realismo concettuale per quanto riguarda la concezione gnoseologica di Simmel viene forse dalla consapevolezza critica con la quale l'Autore  affronta  l'argomento. Di realismo concettuale parla Gaqtano Calabro' a proposito del tema dominante dell'Introduzione alla scienza morale di Simmel: il distacco delle norme etiche dalla vita che le ha prodotte come sue oggettivazioni. Cfr. Calabro' G., Introduzione a Simmel G., L'etica e i problemi della cultura moderna, Guida, Napoli, 1968, p.9.

4: Racinaro evidenzia questo aspetto di Simmel in un denso saggio sul tema dell'oggettivazione. Cfr. Racinaro R., Il futuro della memoria, Guida, Napoli, 1985, pe.217- 244, in partc. pp.225-227.

5: Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., pp.362-665.

6: Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.58, e piu' in generale pp.58-60.

7: La stessa interpretazione di una linea di continuita' esistente tra pensiero comune e pensiero scientifico e' riscontrabile anche in Ernst Mach. Veqi Mach E., op. cit., pp.3-5 e pp.228-231.

8: L'interrelazione tra scienza e senso comune puo' forse essere intesa secondo due direzioni inverse. Una prima e' appunto quella cui si fa riferimento nxl testo e che e' condivisa da Simmel come da Popper. Una seconda puo' essere forse individuata in una sorta di feadback che la scienza eserciterebbe sul senso comune, un'inversione rispetto al rapporto precedente. Cosi' il senso comune sarebbe da un lato punto di partenza per la scienza della sua epoca, dall'altro  volgarizzazione dello stato della scienza specifico dell'epoca precedente. Il mondo avrebbe cosi', per la visione comune di una determinata epoca, l'aspetto che una scienza ormai superata gli attribuiva, mentre il sapere scientifico ancora in fieri del presente influerzerebbe il senso comune dell'epoca successiva. La costitutivita' per la visione comune del mondo qui attribuita alla scienza e' per  Simmel propria dell'arte: "[...] per ogni epoca la natura ha l'aspetto che l'arte degli artisti dell'epoca le attribuiscono. Noi cioe' non vedremmo la realta' obiettivamente,   ma  attraverso gli occhi degli actisti." Cfr. Simmel G., Intuizione della vita cit., p.86.

9: Idem, Sociologia cit., p.4

10: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Sociologia cit., p.XIII, cfr. anche Ivi, p.18.

11: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.161-164.

12: Idem, Intuizione della vita cit., p.69, e, per l'argomento che qui si sta trattando, in generale le pp.66-71.

13: Idem, Filosofia del denaro cit., p.163.

14: Cfr. per la legge individuale dal punto di vista etico, Idem, Kant cit., X lezione, in partc. p.186 sgg., Idem, L'etica e i problemi della cultura moderna cit., p.50 e in partc. il cap. "La legge individuale, realta' e dovere", p.61 sgg., dove la critica all'etica kantiana viene portata a fondo a partire dalla fondamentale distinzione tra individuale e soggettivo, che vuol far salva l'oggettivita' e dunque la legittimita' della scelta individuale.

15: Gaetano Calabro', nell'Introduzione a Simmel G., L'etica e i problemi della cultura moderna cit., p. 10 sgg., sottolinea questa funzionalizzazione con particolare riferimento al campo morale, individuando nel dogmatismo l'obiettivo polemico di Simmel.

16: L'Autore collega infatti questo concetto di verita' del senso comune a quella che chiama la conoscenza vitale, ossia la conoscenza che ha un rapporto immediato con la vita, intesa come vita pratica, e che dunque e' ad essa funzionale in quanto serve alla sua conservazione. Ma l'apparente pragmatismo di questa concezione della verita' e' solo il punto di partenza per un indirizzo di pensiero che ne e' negli esiti lontanissimo. L'intento di Simmel infatti e' ricondurre qualunque contenuto, compresi quelli scientifici, al flusso  vitale ininterrotto da cui emergono all'infinito nuove oggetgivazioni. Il loro significato e valore piu' profondi risiedono appunto per lui in questo rapporto con la vita, che nelle teorizzazioni dell'ultimo Simmel assume accenti metafisici. Ma questo argomento esula dall'ambito del presente lavoro, anche se alcuni cenni se ne ritrovano nel cap.V, parr.5.4 e 5.5. Cfr. Simmel G., Intuizione della vita cit., passim, e anche l'interpretazione di Mongardini C., Introduzione a Simmel G., Il conflitto della cultura moderna cit., p. LXIII e p. XC sgg.

17: Simmel G., Sociologia cit., p.30

18: Sigfried Kracauer riconosce la presenza di un forte interesse epistemologico in tutte le opere simmeliane e afferma che la ricerca di un concetto di verita' che conservasse al relativismo tutta la sua ricchezza di prospettive fu sempre uno degli obiettivi principali di Simmel, assieme al problema del rapporto tra soggetto e oggento della conoscenza. Cfr. Kracauer S., "Georg Simmel", in Idem, La massa come ornamento, Prismi, Napoli, 1982, p.40. Interessantissimo e originale, il saggio cerca di evidenziare non solo e non tanto i nodi problematici del pensiero di Simmel, quanto il suo modo di procedere, direi il suo modo di ragionare, facendo entrare il lettore quasi in un rapporto empatico col pensiero di Simmel.

19: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.637 sgg.

20: Idem, Intuizione della vita cit., p.67 sgg.

21: Idem, Filocofia del denaro, p.638, e, piu' in generale, Simmel tratta quest'argomento alle pp. 637-639.

22: Altrove Simmel considera la verita' in rapporto alla temporalita', e da' cosi' un diverso senso alla possibilita'. La verita' presuppone sempre l'universale validita' (Kant), l'insieme dei soggetti che la riconoscano come tale. Questo riconoscimento puo' essere attuale o possibile, ma e' comunque necessario che non sia  impossibile.   Infatti   almeno  un  soggetto  deve riconoscere un contenuto cume vero perche' in un tempo possibile  quel contenuto possa venire riconosciuto anche da altri, divenendo patrimonio comune. Se infatti nessun soggetto attuale o possibile riconosce quel contenuto come vero, esso trapassa nello status di falso e il suo valore si annulla. Cfr. Idem, La differenziazione sociale cit., pp.105 sgg.

23: Simmel fa esplicitamente l'esempio della legge di gravita' di Newton. Cfr. Idem, Filosofia del denaro cit., pp.635 sg.

24: Popper evidenzia il dogmatismo del senso comune che attribuisce immediatezza alla conoscenza, e vi oppone la concezione scientifica che il "dato" e' sempre il risultato di un processo culturale di decodificaziore e interpretazione del reale che con l'esperienza diviene "quasi automutico" - ossia abituale - per cui sembra immediato. Cfr. Popper K., op.cit., p. 62 e p.97 sgg. L'esperienza percio' non e' il punto di partenza della conoscenza, ma interviene a posteriori con funzione di critica "falsificante". Essa non ha un ruolo produttivo nei confronti della conoscenza, ma di risposta a problemi sorti per lo scontro tra aspettative e scoperte nuove o ipotesi nuove. Tra conoscenza ed esperienza vi e' per Popper un salto logico di tipo qualitativo. Cfr. Ibid., pp.5-13 e pp.341-389. La stessa critica al concetto di "esperienza pura, sciolta da ogni presupposto concettuale" propria dell'empirismo, e' svolta da Cassirer: "L'astratta teoria non si trova mai da un lato, mentre si contrappone ad essa, dall'altro lato, il materiale di osservazione isolato in se stesso e senza alcuna interpretazione concettuale. Questo materiale, invece, deve gia' necessariamente recare in se' [...] i tratti di

 una certa elaborazione formale di carattere concettuale. Non possiamo mai opporre ai concetti [...] i dati di esperienza, come nudi 'fatti'[...]." Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.147.

25: Cfr. cap. II, par.2.3 di questo lavoro

26: Simmel G., La differenziazione sociale cit., pp.4 sgg.

27: La formazione dei concetti  traspone la conoscenza  dal piano della percezione immediata a quello dell'intelletto: l'astrazione unifica in una forma concettuale  l'eterogeneita' delle impressioni sensibili fornite dall'intuizione. Cfr. Ibidem, p.119 sg.

28: Questo tema viene toccato da Simmel nella Differenziazione sociale cit., nella Filosofia del denaro cit., nella Sociologia cit., in Forme e giochi di societa', Feltrinelli, Milano, 1983, ne Il gruppo e l'individuo, Laterza, Bari, 1982, in Individuo e societa', Feltrinelli, Milano, nel saggio "La metropoli e la vita mentale" concenuto in Wright Mills C., Immagini dell'uomo,  Ed. di Comunita', Milano, 1982, ecc.

29: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.23. Tutta l'opera puo'essere letta in chiave epistemologica come un'analisi del rapporto universale-particolare e delle connessioni tra questo rapporto e il concetto di forma.

30: Idem, Filosofia del denaro cit., p.687.

31: Ibidem, p.296 sg.

32: A questo cqncetto del risparmio di energia Simmel dedica un capitolo della Diffesenziazione sociale, e ne parla diffusamente anche nella Filosofia del denaro a proposito della funzione del denaro e del suo rapporto con l'intelletto. Anche Mach  ha in comune con Simmel la concezione della scienza come rispondente al principio del risparmio di energia da parte del pensiero, per cui l'intelletto e' il mezzo per scegliere il comportamento piu' economico e vantaggioso: vedi Mach E., op.cit., p.76 sg., p.127, p.176. p.278, p.448. Questa concezione psicologistica ed evoluzionistica della conoscenza in generale come processo di adattamento a fini di sopravvivenza, che in Simmel non e' cosi' accentuata, viene ampiamente riportata, per cio' che riguarda Mach, da Robert Musil (vedi Musil R., Sulle teorie di Mach, Adelphi, Milano, 1983, p.10 sgg.) e condivisa da Popper: la scienza  e'  l'ultimo  piu'  sofisticato strumento di selezione naturale nella lotta per la sopravvivenza, e ha come fine di dominare i fatti, presupponendo dunque il realismo.

33: Quest'idea di un continuum noetico della conoscenza e' venuta dalla lettura di Desideri F., Introduzione a Simmel G., La forma della storia cit., in partc. p.22. Ne iedividuerei la matrice nella tematica rickertiana del rapporto tra cogtinuum eterogeneo del reale e astrazione del pensiero, di cui si e' gia' accennato nel cap.II, par.2.3 di questo lavoro.

34: Simmel G., I problemi della filosofia della storia cit., p.62.

35: Ibid., p.19. L'obiettivo polemico sottinteso a tutta l'opera e' ancora una volta quello del naturalismo e del realismo gnoseologico, come si evince in particolare dal secondo capitolo, che e' quello a cui qui ci si riferisce.

36: Idem, La differenziazione sociale cit., pp.89-82

37: Cosi' nel cammino della scienza la differenziazione  progressiva di ogni concetto, che conduce alla  specializzazione scientifica, ossia alla nascita di nuovi ambiti, procede di pari passo con la scoperta di omogeneita' e parallelismi esistenti fra ambiti concettuali e scientifici distanti tra loro, che mettono in relazione  sulla base di concetti di volta in volta sempre piu' omnicomprensivi fenomeni lontanissimi tra loro. Via via che la conoscenza progredisce, si scoprono per Simmel tra i fenomeni piu' diversi interrelazioni e somiglianze, analogie e correlazioni che li legano in una rete inestricabile: "[...] la differenziazione e l'individualizzazione allentano il legame con i piu' vicini per tessere un nuovo legame  - reale e ideale - con i piu' lontani." Cfr. Ibidem, p.57. Cfr. anche, a proposito dell'analogia e della similitudine, delle loro differenze e del frequente uso che ne fa Simmel nei suoi scritti, le pagine ricche di spunti e suggestioni che Sigfried Kracauer dedica all'argomento nell'opera La massa come ornamento cit., pp.44-49.

38: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.158.

39: Ibid., p.159.

40: Ibid., p.168 sg.

41: Idem, Filosofia del denaro cit., p.297

42: Idem, Sociologia cit., p.13.

43: Idem, La differenziazione sociale cit., p.104.

44: Cfr. infatti queste parole di Simmel: "Cosi' e' [...] l'identita' funzionale e non l'esteriorita' accidentale a dominare la sintesi. [...] Il punto di vista unitario in base al quale [...] avviene la sintesi  [...] e' la loro relazione con uno scopo unitario [...]: cioe' la loro relazione con il terminus ad quem [...]", Ibid., p.129.

45: Mongardini C., Introduzione a Simmel G., Il conflitto della cultura moderna cit., p. CIC. Per tutto il discorso relativo all'interpretazione del pensiero simmeliano come formalismo, che pero' viene condotto in riferimento al Simmel sociologo, piu' in generale da p. XCV a p. CIV. I critici cui l'Autore fa riferimento sono L.von Wiese, R.Aron, F.H.Tenbruck, H.J.Lieber.

46: A proposito del rapporto tra individuo e gruppo sociale, Simmel afferma: "[...] l'elemento specifico dell'individualita' e' garantito dalla combinazione delle cerchie [...]". Cfr. Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.126.

47: Ad esempio quando, parlando della rappresentazione della personalita' degli individui, dice: "Quando trattiamo con un ufficiale,  o un sacerdote, [...] anche di cose che non hanno attinenza con la loro professione, non li trattiamo affatto come individui, bensi' [...] come esemplari [sottolineatura mia] [...] della professione generica di cui fanno parte [...] noi non vediamo affatto l'individualita' pura [...] [ma] una sintesi  di   concetti  psicologici  generici  [...] che esprimono il loro carattere di universalita' [...] noi non possiamo fare a meno di tradurre l'individuo in termini siffattamente generali." Cfr. Idem, Intuizione della vita cit., p.91 sg.

48: Idem, La differenziazione sociale cit., p.123, e piu' in generale per questo tema pp.121-126.

49: Idem, Filosofia del denaro cit., p.296.

50: Ibid., p.297.

51: La funzionalizzazione cui Simmel sottopone la sostanza, cosi' come tutto il mutamento di prospettiva da cui guarda al rapporto tra pensiero e realta', richiama Eraclito, cui Simmel medesimo fa esplicito riferimento considerandolo il primo filosofo che imposta sul piano del logos, sul piano della conoscenza, il problema dell'essere. Dal punto di vista del logos, la sostanza non esiste, ma e' continuo divenire senza ne' inizio ne' fine: in Simmel la corrente vitale e inarrestabile del Leben. Eraclito scopre il logos, e lo fonda come rapporto tra le cose del mondo, come legge, come funzione, non come sostanza immobile: in esso il mondo del mutamento perenne, della negazione e del divenire, delle determinazioni in continua trasformazione, ha la sua regola interna, la sua forma. La medesima interpretazione di Eraclito si ritrova  anche in Cassirer: per primo il presocratico opera una trasformazione dell'essere in funzione del logos, che diviene la norma assoluta e inviolabile, il fondamento, il "[...] rapporto generale delle cose [...]". Il vero essere non e' piu' inteso in senso mitico come fondamento sostanziale di cui ricercare le origini, ma in senso filosofico come fondamento logico di cui ricercare i rapporti che danno forma al mondo. Cfr. Cassirer E., Da Talete a Platone, Laterza, Bari, 1984, p.24 sg., p.172 sg., citaz. p.33.

52: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p. 250 sgg.

53: Idem, La differenziazione sociale cit., p.16. 54: La stessa interpretazuone riguardo alla trasformazione del concetto di oggetto  dalla sostanza alla funzione si ritrova in Cassirer, il quale pero' a differenza di Simmel ne ricostruisce puntualmente le tappe nella storia del sapere filosofico a partire dal Rinascimento. Nel presentare un quadro della filosofia di questo periodo, il filosofo mette in rilievo come uno degli aspetti unitari che lo caratterizzano sia la "lotta contro le forme sostanziali", che accomuna le discipline piu' diverse, dalla logica alla grammatica, dalla psicologia alla retorica, ma che in prima istanza viene condotta nel campo della scienza della natura, in particolare nella fisica. Al Medioevo scolastico, teso a sostanzializzare e ipostatizzare tutte le qualita' e le attivita' in sostantivi astratti e oggettivi, si sostituisce la mutata visione dell'umanesimo e del Rinascimento, che spiega queste produzioni terminologiche come involucri di una determinata struttura categoriale. Rinascimento significa dunque crisi dell'aristotelismo, e in particolare del suo realismo conoscitivo basato su di una psicologia sensistica: la filosofia della natura ribadisce che la distinzione tra sostanza e accidenti, materia e forma, potenza e atto ha carattere puramente metodologico e valore logico, non verita' ontologica. Telesio, Campanella, Patrizzi, preparano una nuova concezione che supera il dualismo percezione/intelletto,  aprendo cosi' la strada alla sperimentazione della scienza della natura. Ma l'affrancamento dalle forme aristoteliche sara' compiuto solo quando dal piano delle esigenze e delle enunciazioni di principio si passera' al piano concreto dell'elaborazione di nuovi strumenti e nuovi metodi, cioe' fintanto che non emergera' la coscienza del valore conoscitivo della matematica, e fintanto che la riscoperta del pensiero pitagorico di un'armonia universale non si distacchera' dall'originario valore simbolico-ideale di derivazione neoplatonica per connnttersi alla ricerca empirica di precisi contenuti e di precisi rapporpi tra i fenomeni. Soltanto allora l'induzione assumera' il significato di un metodo fecondo e contenutisticamente pregno: l'oggetto della scienza della natura non e' piu' l'essere ma il divenire,  e  l'essere  si  trasferisce  dal  campo  dei fenomeni, della realta', al campo del pensiero, delle forme pure che il pensiero matematico e geometrico costruisce per dominare la realta'. L'essere diviene il rapporto costante nella serie fenomenica, ossia la legge.  E' necessario, dice Cassirer,  "[...] rinunciare conseguentemente al concetto di oggetto assoluto al di fuori di ogni relazione con la conoscenza, e fondare le differenze dell'essere in differenze della conoscenza.". Oggettivo diventa in questo caso solo l'intelletto scientifico, e l'oggetto in se' scompare per lasciare il posto all'oggetto della conoscenza: la pars destruens, ossia quella dell'inconoscibilita' dell'assoluto che autribuisce al concetto di sostanza un campo rigorosamente limitato al pensiero trova ora nella matematica la possibilita' di riempire di contenuti positivi quel concetto, aprendo la strada alla successiva pars costruens di Kant dell'intelletto come "creatore della natura". La riduzione delle cose-sostanze a funzioni e raeporti matematici segna il passaggio dalla filosofia della natura alla scienza della natura: dalle spiegazioni antropomorfiche di tipo empaktco e animistico che fanno riferimento alla particolarita' e specificita' delle cose in se', la nuova scienza passa all'indagine matematica che mette in luce l'universalita' del movimento, la costanza dei rapporti. La cososcenza e' ora non piu' riproduzione, e peraltro attraverso i sensi riproduzione immediata, adaequatio rei et intellectus. La scienza della natura da' ora al concetto di causa un nuovo significato, abbandonandone le connotazioni teleologiche e finalistiche: la causa e' ora la legge, ossia "[...] un insieme di condizioni matematiche [...]" che esprimono un processo, un movimento necessario dei fenomeni. L'enorme carica innovativa di Cartesio risiede proprio nell'incentrare la riflessione non piu' sulla costanza delle cose, ma su quella delle leggi che gnvernano i fenomeni: all'incommensurabilita' delle qualita' egli sostituisce la misurazione matematica delle quantita', la misura comune rispetto alla quale la diversita' diviene omogeneita', la mathesis universalis. Le nuove scoperte nel campo della scienza della natura ad opera di Galilei, Keplero, Copernico si riverberano dunque sul sistema  concettuale  della  filosofia:  il  concetto di spazia ad esempio, legato a un corpo nella visione peripatetica come una sua prcprieta' o qualita' tra le altre, si trasforma in un campo di relazioni in cui nessun punto ha piu' valore di un altro. La reductio ad unum che la scienza ha come compito non ha piu' il senso scolastico della ricerca della sostanza, bensi' il senso della riduzione ad una comune misura quantitativa e dalla comparazione dei valori cosi' ottenuti. Cambia conseguentemente il concetto stesso di verita': essa non ha piu' riferimento ai fenomeni, ma alla validita' del rapporto tra le idee, ed e' quindi situata tutta all'interno di un orizzonte di relazioni puramente ideali, le uniche eternamente valide in quanto non toccate dal divenire e dall'esistenza. "Le nostre conoscenze fondamentali non ci garantiscono mai direttamente le cose, ma soltanto un determinato nesso di condizioni. Quando poniamo il concetto di materia dobbiamo senz'altro attribuirgli anche le sue qualita' e caratteristiche [...] ma l'esistenza effettiva della materia non e' una qualita' [...]": il passaggio dall'idea all'esistenza, dalla logica all'ontologia e' dunque illegittimo. Questa fondamentale svolta del pensiero dall'esistenza all'idea, dal piano della realta' al piano rella conoscenza, che e' resa possibile concretamente dalla scienza dei numeri, riceve un ulteriore impulso quando cio' che costituisce la sua vera innovazione viene indicato non nel numero o nella grandezza geometrica, concetti troppo specifici per poter essere proficuamente estesi fbori dal loro campo, ma nel concetto di funzione, che peraltro li precede da un punto di vista logico, includendoli: da qui soltanto sara' possibile trasferire in ogni campo della conoscenza le acquisizioni concettuali che si   sono velocemente ripercorse sin qui. Con Leibnitz, "L'intero schema della scienza universale subisce cosi' una trasformazione caratteristica. Mentre l'interesse era sinora rivolto essenzialmente alla determinazione degli elementi, onde dovevano essere costituiti gli oggetti cumposti, ora per contro s'indirizza anzitutto alle forme della connessione.". La variazione del contenuto non indica piu' la contrapposizione qualitativa perche' viene spiegata e resa comprensibile a partire da una norma  che  ne  esprime  l'ordine  di  successione  e di variazione, la relazione fissa e immutabile tra le parti: la legge che la esprime e' formale e dunque universale. L'universalita' si sposta dal contenuto alla connessione che la legge esprime: le idee non sono copie del reale, ma rappresentazioni delle leggi del reale, dunque simboli in quanto ne riproducono non i contenuti ma i modi di funzionamento, le funzioni. Il problema del rapporto tra piano reale e piano ideale dunque si traduce dalla riproduzione delle cose alla riproduzione del rapporto tra le cose. La relazione tra le idee e' vera quando corrisponde alla relazione tra le cose, non alle cose stesse: tra le due serie vi e' dunque analogia, non identita'. "Cio' che appartiene alla sfera ideale non trova nell'esistenza concreta alcun immediato oggettd corrispondente, tuttavia il reale e' ordinato come se le norme puramente ideali fossero delle realta' perfette.". La realta' non e' mai perfettamente adeguata alle norme, cioe' perfetta: la scienza e' dunque un costrutto ipotetico .  Cfr. Cassirer E., Storia della filosofia moderna cit., in partc. voll.I p II. Le citazioni sono prese dalle pp. 292, 399 e 622 del vol.I e dalle pp. 173 e 239 del vol.II. Cfr. anche Windelband W., Storia della filosofia, Sandron, Firenze, 1967, vol.II, p.54 sg. Questa lunga parentesi storica ci consentira' di comprendere meglio l'articolarsi del discorso sulla logica della conoscenza scientifica. 

55: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.17 sg. Come si vede, gia' qui, nel primo scritto simmeliano, si ritrova in germe l'impostazione del suo relativismo e del concetto di funzione.

56: Ibidem, p.16.

57: Ibidem, p.38 sgg.

58: Cfr. Idem, Filosofia del denaro cit., p. 249: "[...] infatti, il valore sostanziale del denaro non e' altro che un valore funzionale."

59: Ibidem, p.297.

60: Ibidem, p.249.

61: Ibidem, p.193.

62: Ibidem, p.157.

63: Idem, La differenziazione sociale cit., p.18 sg.

64: Idem, Filosofia del denaro cit.,  p.157 sg.

65: Simmel stesso si riferisce al caso delle facolta' dell'anima nella vecchia psicologia e lo paragona  a quello delle forme economiche della moderna sociologia: in ambedue i casi si tratta per lui dunque soltanto di concetti che rispondono a criteri di utilita' per il pensiero, e che hanno quindi solo valore euristico per la conoscenza, non valore ontologico. Cfr. Ivi, p.172 sg.

63: Cassirer E., Da Talete a Platone cit.,  pp.111-126, citaz. p.121.

67: E' Racinaro a parlare di costitutivita' del concetto in Simmel. Cfr. Racinaro R., Il futuro della memoria cit., p.228. L'Autore fa riferimento anche ad Hegel, per il quale il concetto rappresenta non un'astrazione ma l'obiettivita' delle cose, perche' si riferisce all'idea. Cfr. Ivi, p. 232.

68: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.129.       

69: Idem, Filosofia dsl denaro cit.,  p.439, e piu' in generale, p.538 sgg.

70: Sul concetto di legge come relazione, come rapporto, come astrazione che esprime la connessione dei fenomeni tra loro considerati come elementi di una serie, si sofferma ia modo molto piu' approfondito Cassirer. Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., passim.

71: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.166.                                            

72: Idem, I problemi della filosofia della storia cit., pp.57-99 e p.102.                                 

73: Ibidem, p.76.

74: Idem, Filogofia del denaro cit., p.202.

75: Ivi, p.209.

76: Ivi, p.161.

77: A proposito di questo complesso movimento della conoscenza, Boudon, richiamando Albert, parla di "trilemma di Munchhausen". Cfr. Boudon R., "La teoria della conoscenza nella Filosofia del denaro di Simmel" cit, r.479 e Albert H., Traktat uber Kritische Vernunft, Mohr, Tubingen, 1975.

78: Ancora Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.161.

79: Ivi, p.160.

80: Ivi, p.160-161.

81: Ivi, p.204.

82: Ivi, pp.197-220.  

 

Capitolo quinto

L'oggettivazione dei valori come punto di contatto per un'inversione di lettura dal Simmel epistemologo al Simmel metafisico

5.1 Oggettivazione dei valori: il rapporto tra la conoscenza come oggettivazione dell'essere e la conoscenza come forma di oggettivazione del valore

L'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero, di cui si e' parlato nel capitolo precedente, ha condotto il discorso sul piano della costituzione dolla forma come oggetto della conoscenza - identificata nella conoscenza dell'oggetto - e lo ha specificato in direzione della conoscenza scientifica.

Considerare ora l'oggettivazione dei  valori significa porsi all'interno della riflessione simmeliana sulle forme della cultura. Ma essendo questo tra i temi predominanti negli scritti filosofici di Simmel (1), e conseguentemente da lui ampiamente trattato oltreche' ricco di letteratura critica, sarebbe impresa opinabile il volerlo fare oggetto non di un poderoso lavoro ma di un capitolo conclusivo. L'intento di questa tesi e' stato  di esperire un itinerario trasversale  nell'opera simmeliana, per far emergere dal filosofo etico e dal sociologo, collegati dal tema oel conflitto della cultura moderna, il Simmel epistemologo. Cosi'  anche il tema delle forme della cultura, che caratterizza assieme al contrasto vita-forme il Simmel filosofo, verra' qui preso in considerazione tangenzialmente, soltanto cioe' per quegli aspetti che lo collegano al discorso sin qui svolto. Di conseguenza, tutta questa tematica verra' in questa sede data per acquisita, rimandando alla vasta bibliografia critica sull'argomento per una approfondita riflessione su di essa, che qui avrebbe potuto soltanto, se non altro per l'esiguita' dello spazio rimastoci, ricalcarne le orme (2).

Possiamo tornare ora, dopo queste necessarie precisazioni, al nostro discorso. Oggettivazione dei contenuti logici del pensiero e oggettivazione delle forme della cultura  riconfermano cosi' ancora una volta  essere e valore come i due modi dell'oggettivazione secondo i quali il soggetto struttura la propria esperienza, e nel contempo i due piani all'interno dei quali tale esperienza si divide. A me sembra pero', come cerchero'  di  mostrare,  che  per  Simmel la logica cui questi  due ordini di oggettivazioni sottostanno nella loro costituzione sia sostanzialmecte diversa: nell'un caso il movimento e' interno all'ordine stesso, nell'altro deve trovare fuori di se' la possibilita' stessa della propria esistenza.

Sul piano dell'essere infatti, cioe' quello dell'oggetto della conoscenza, Simmel  articola il discorso in relazione  a problemi interni al sistema stesso della conoscenza: oggetiivita' e verita' delle rappresentazioni costituiscono in una prospettiva epistemologica  appunto tali problemi. Essi chiamano in causa, come si e' mostrato,  per un verso il rapporto tra piano della realta' fenomenica e sistema delle conoscenze e per l'altro il rapporto tra questo stesso sistema e i  suoi singoli contenuti: nel primo caso faccio riferimento al problema dell'analogia e nel secondo al rapporto tutto-parte.

Il piano dell'oggettivazione dei valori in forme stabili, invece, devia il discorso simmeliano in direzione del contrasto vita-forme, ponendo alla nostra attenzione non piu' il tema della forma che si oggettiva sul  piano  dell'essere, ma  il tema dell'interrelazione in cui la forma, come costituzione oggettiva del valore, si trova con la vita. Voglio dire che la logica di oggettivarione dei valori, al contrario di quella della conoscenza, individua al di fuori di se' un elemento essenziale alla sua stessa costituzione: la sua interrelazione con la vita. E' l'interrelazione che  consente l'oggettivazione dei valori nel suo stesso movimento, e che sola rende possibile la costituzione della forma oggettiva come valore. La logica dell'oggettivazione della conoscenza, invece, trova all'interno di se' soltanto sufficiente stimolo per la costituzione della forma oggettiva come essere (3).

Questa diversita' riceve una spiegazione dal fatto che per Simmel la conoscenza, pur costituendo il piano dell'essere come  una delle modalita' del soggetto accanto al piano del valore, e' al tempo stesso  per questo medesimo soggetto, vista da una diversa prospettiva,  una forma tra altre di oggettivazione, accanto alla religione, all'arte, al diritto, alle istituzioni , ecc., che nel loro complesso esprimono la capacita' specifica che ha l'uomo di oggettivare le proprie  rappresantazioni.   La  conoscenza scientifica, cosi' come quella del senso comune, costituisce in tal senso una particolare configurazione di tale capacita' di oggettivazione: e' anch'essa una forma oggettiva della cultura. Dice infatti Simmel: "[...] noi parliamo di cultura quando il moto creatore della vita ha espresso certe formazioni, nelle quali esso trova la propria estronsecazione, le forme della sua realizzazione [...]. Tali sono le costituzioni sociali e le opere d'arte, le religiori e le conoscenze scientifiche [...]." (4). Ricondurre anche la conoscenza nell'ambito del valore significa appunto considerarla una delle  forme culturali in cui il valore si oggettiva, un caso specifico di tale oggettivazione. Pertanto la conoscenza,  finora considerata dalla prospettiva dell'essere, verrebbe ricompresa da questa diversa prospettiva all'interno dell'oggettivazione dei valori.

Sarebbe qui rinvenibile, nella trattazione simmeliana, una sfasatura di livello  tra oggettivazione dell'essere e oggettivazione del valore: la prima, come forma specifica della cultura avente pertanto una logica propria  per  la  costituzione  della sua forma-oggetto, viene da Simmel indagata dall'interno nel suo movimento; la seconda  viceversa, che appunto possiede una logica condivisa da tutte le forme di cultura e dunque anche dalla conoscenza, viene indagata secondo la sua interrelazione con la vita. Si vede come qui, sul piano del valore, il significato che Simmel attribuisce alla forma sembri attenere non al risultato dell'oggettivazione - la forma-concetto, la forma-fenomeno del piano dell'essere - ma ai  diversi campi cui il processo di oggettivazione da' vita: arte, diritto, religione, ecc.

5.6 L 'intersoggettivita' delle forme della cultura: la forma come ponte tra soggetti.  

La capacita' di oggettivare in forme stabili le proprie acquisizioni culturali costituisce per Simmel la possibilita' che ha il soggetto di conservarle nel corso del tempo come patrimonio indistruttibile: "Con la oggettivazione dello spirito si raggiunge la forma che consente di conservare e di accumulare il lavoro della mente;  essa  e'  la  piu' importante e la piu' ricca di conseguenze tra le categorie storiche dell'umanita'. Perche' con essa diviene un fatto storico cio' che sul piano biologico e' ccsi' dubbio: la trasmissione ereditaria di cio' che e' acquisito." (5).   E' in questo senso dell'oggettivazione come produzione di forme oggettive della cultura che Cavalli parla di oggettivazione (6).

Si potrebbe forse affermare che queste forme oggettive della cultura costituiscono, nel loro complesso, il terzo mondo nel senso che Popper ha dato a questa espressione. Mentre nel significato simmeliano, infatti, il terzo mondo non e' quello delle forme, ma della validita' logica delle forme, e dunque non oggetto ma norma della conoscenza, nel significato  popperiano il terzo mondo e' il vero oggetto della conoscenza dell'uomo, e parimenti, come patrimonio comune a tutti gli uomini, quello che rende possibile la fondazione dell'intersoggettivita'. Popper cioe' sembra dare al suo terzo mondo lo stesso significato che sia Cassirer che Simmel danno alle forme culturali. Cio' sarebbe verificato dal fatto che questi ultimi attribuiscono alle   forme  culturali la possibilita' dell'intersoggettivita'. 

Nel saggio dedicato al tema simmeliano delle forme della cultura, Cassirer infatti, dopo aver citato un passo nel quale Simmel si sofferma sul contrasto tra il soggetto che crea tali forme e l'oggettivita' con cui esse, una volta create, gli si oppongono, mette in evidenza la funzione cui le forme assolvono nel percorso spirituale del soggetto: "Al termine [...] sta non l'opera nella cui perdurante esistenza si solidifica il processo creativo, ma il 'tu', l'altro soggetto che accoglie tale opera per includerla nella sua sfera vitale e cosi' ritrasformarla nel medio da cui originariamente deriva. [...] per quanto significativa, solida e stabile su se stessa un'opera possa essere, essa rimane soltanto un punto di passaggio. Non e' un 'assoluto' in cui l'io si trovi a cozzare, ma un ponte sulla polarita' tra un po e un altro. E' qui la sua specifica e principale funzione. Il processo vitale della cultura consiste appunto nel fatto che essa e' inesauribile nel creare un tale genere di mediazione e di passaggi." (7). Quest'interpretazione delle forme culturali come fondanti l'intersoggettivita' da'   pertanto   all'oggetto   culturale,  come Cassirer esplicita con chiarezza,  il significato di potenziale relazionale: cgni oggetto culturale e' per sua natura intersoggettivo, e' ponte tra soggetti. E l'oggetto puo' fungere da ponte proprio perche' il suo significato non e' stabile e determinato una volta per tutte:  la forma e' risoggettivizzabile proprio perche' il suo il contenuto, il suo significato e' mobile e dinamico. Questa forma e' un mondo nel quale e' garantita al soggetto empirico   la possibilita' di infinite acquisizioni, regolate in forme socialmente riconosciute e dunque oggettive: arte, cultura, ideali, sono a tutti accessibili per infinite volte, senza che il loro valore diminuisca, ma anzi subendo nel tempo un incremento di significato, e senza che l'acquisizione da parte di uno voglia dire esclusione degli altri, ma anzi rendendo possibile proprio la comunicazione tra soggetti. In tal senso, la forma e' un "[...] concentrato di immense energie potenziali, che attendono solo di venir fuori [...]." (8). Nella forma culturale cosi' intesa si attua quella sintesi fra tradizione e innovazione, conservazione e rinnovamento che consente cio' che Nietzsche   in   campo   storiografico  chiama   "storia critica", ossia storia che si fa vita, e che in campo genericamente culturale e' il tratto caratteristico del soggetto.

5.3 La forma culturale come valore

Se si intendono le forme oggettive come ponte che rende possibile l'intersoggettivita', le si riconosce implicitamente come  valori culturali.  Ma in Simmel esse,  mentre costituiscono un patrimonio oggettivo della societa', sono un possesso potenziale del soggetto empirico, possesso che solo quando diviene  consapevole, attuale, si fa valore culturale. Valore culturale e' infatti cio' che determina lo stile di vita di un soggetto, innalzandone la consapevolezza e sviluppandone le pntenzialita'.  La distanza che intercorre tra    spirito oggettivo e valore culturale e',    pertanto, indicativa del livello di civilta' raggiunto da una determinata societa' in un dato momento storico. Cosicche' si puo' individuare in Simmel una distinzione tra   valore culturale, ad un tempo premessa e risultato del rapporto tra soggetti, ossia dell'intersoggettivita',  e valore dell'oggetto, che corrisponde al suo contenuto logico, alla sua verita'. "Non esiste alcun valore di cultura che sia soltanto un valore di cultura; ognuno piuttosto, per conquistare questo significato, deve essere un valore anche in un ordine obiettivo. Ma dovunque e' presente un valore di questo tipo e un interesse o una capacita' della nostra natura progrediscono per suo mezzo, questo valore significa un valore di cultura solo quando questo parziale sviluppo solleva contemporaneamente di un grado verso l'unita' del suo compimento la totalita' del nostro Io." (9).

Valore logico  e valore  culturale dell'oggetto sono dunque distinti. Possono esserci, esemplifica Simmel, ricerche scientifiche che dal punto di vista della loro oggettiva validita' intrinseca sono corrette, mentre non hanno alcun valore culturale poiche' sono sterili per lo sviluppo dello spirito oggettivo (10): la correttezza del metedo e dei risultati non garantisce del loro valore. Vi e' pertanto una differenza tra la logica concettuale   e   la  logica  culturale.    Se il valore dell'oggetto e' un essere-per-se' che si forma secondo una logica immanente del contenuto (11), ossia fa riferimento alla validita' oggettiva del contenuto stesso,  il valore culturale e' un essere-per-noi che ha la sua radice nello scambio, possibile o attuale, tra soggetti, nel rapporto Io-Tu che e' la forma fondamentale nella quale si oggettiva la soggettivita'.

Si puo' sostenere che Simmel attribuisca al concetto di scambio un'area di significato che va ben al di la' del solo campo economico: egli sembra suggerire che lo scambio sia in generale la categoria secondo la quale avvengono le azioni degli uomini, direi quasi quel "commercio col mondo" di cui parla Heidegger. In tal senso oggetto dello scambio puo' essere inteso anche tutto cio' che non ha caratteristiche oggettuali.

Il valore culturale e' appunto il risultato di quel processo di interazione tra soggettivita' che e' lo scambio. Nello scambio il valore soggettivo della cosa si oggettiva, si rende manifesto, viene all'essere, e in questo oggettivarsi diviene autonomo, trascendendo il suo  originario  significato  soggettivo (12). Quindi il fondamento del valore risulta essere la soggettivita' (una soggettivita' pero' che come rapporto Io-Tu e' originariamente plurale), mentre il fondamenco oggettivo, ossia l'oggettivazione del valore, e' lo scambio. Lo scambio presuppone sempre per poter avvenire una differenza di valore tra gli oggetti di scambio, differenza complementare tra le due soggettivita' che lo operano, e dunque reciproca.

Ma mentre lo scambio rende esplicito il valore, lo forma, lo porta all'essere, e' il sacrificio  cio' che da' la misura del valore (13): il sacrificio e' il valore, in quanto si pone come ostacolo nello scambio, come antitesi interna allo scambio visto come processo dialettico, antitesi necessaria e costitutiva dello scambio, che la presuppone implicitamente o esplicitamente come suo momento. E per sacrificio Simmel intende da un lato la rinuncia ad altre possibilita' di scambio, la scelta di questo scambio tra altri possibili (in tal senso il sacrificio  e'  un valore di tipo relativo e inoltre esterno allo scambio, perche' attiene al rapporto tra questo scambio e i molti altri possibili)   e  dall'altro   la   rinuncia   all'oggetto specifico di questo scambio, rinuncia che e' invece assoluta e interna allo scambio.

Da queste brevi note sulla formazione del valore in Simmel si deduce la sua posizione critica nei confronti delle teorie assolutistiche del valore, che lo vedono fondato nelle cose come loro qualita' intrinseca. Il valore, da un punto di vista logico, non e' un in se', un concetto assoluto: e' una formazione dinamica che si costituisce nel confronto, e' un concetto relativo che "[...] non e' presente nelle cose stesse [...]" (14) come loro qualita', e' un "[...] atto interno del nostro pensiero [...]" (15) che misura e valuta sempre in relazione ad altro. Cosicche', ancora una volta, nel pensiero simmeliano troviamo confermato quel principio del relativismo secondo il quale e' il nostro pensiero che produce concetti in se' assoluti, metafisici, e che giudica in base ad essi ipostatizzandoli: da un punto di vista logico il pensiero ha compiuto un processo di astrazione comparando grandezze relative. L'originarieta' e' pertanto del relativo e non dell'assoluto. Nel valore di una cosa e' come rappreso un   giudizio   che   e'   il   risultato  di un atto di comparazione  del soggetto, dal quale quel giudizio si e' pero' distanziato, oggettivandosi in un valore. Questo e' a un tempo soggettivo e oggettivo: non appartiene al mondo degli oggetti come loro qualita', ma e' un alcunche' di esterno ad essi e in questo senso e' soggettivo "[...] dal punto di vista dell'oggettivita' naturale [...]" (76); eppure si impone a noi soggetti con una forza che ci trascende e ci costringe a riconoscerne l'indipendenza dalla nostra volonta', e in questo senso e' oggettivo. Cosi' il valore e' esterno all'oggetto come al soggetto, si trova al di la' del dualismo soggetto-oggetto, ma e' con essi al tempo stesso in relazione (17). Il valore e' anzi la relazione stessa. L'oggettivita' del valore non significa infatti la sua inerenza all'oggetto, ma il fatto che in tutti i soggetti si rinviene un'uguale impressione che fa apparire l'oggetto in questione come dotato di valore: "[...] impressioni del tutto diverse possono nella loro diversita' essere imputabili ai soggetti che le percepiscono, ma la loro uguaglianza [...] puo' risalire soltanto al fatto che l'oggetto cosi' qualificato si rispecchia nelle nostre menti [...]" (18) Cosicche' il valore e' un concetto relativo rispetto all'oggetto, ma nello stesso tempo relativo rispetto al soggetto. La formazione del valore e' un processo alla fine del quale si e' verificato uno spostamento dal soggetto che attribuisce valore all'oggetto come dotato di valore intrinseco. Le teorie assolutistiche del valore, che lo considerano appunto come qualita' inerente alle cose, incentrano l'attenzione soltanto sul risultato e non tengono conto del processo di formazione del valore, che e' anch'esso un processo di oggettivazione. Simmel pertanto considera tale processo una formazione dinamica sempre nuova, che puo' assumere contenuti diversi in relazione a contesti diversi. L'assolutezza del valore e' cosi' da lui contestata sia sul versante dell'oggetto (valore=proprieta' intrinseca) sia sul versante del soggetto (valore=contenuto eterno, immutabile, indipendente dal soggetto). In questo secondo senso Simmel, storicizzando il valore, si allontana dalla concezione del valove di Rickert: non esistono valori astorici, universali, che si staglino al di sopra e al di la' del contingente e ne fondino la legittimita'. Per Rickert infatti il valore costituisce una sfera immutabile il cui rapporto con l'empiria e' sempre univocamente diretto. Non esiste scambio, interrelezione appunto, e dunque possibilita' di modificazione, storicita'. Simmel a questo proposito parla di "storia di fantasmi" per quanto riguarda la concezione rickertiana della storia, e quindi dei valori, cosi' come parla di un'"etica di fantasmi" per quanto riguarda l'imperativo categorico kantiano a cui la concezione rickertiana dell'etica si attiene strettamense.     

Nel concetto di valore come apporto del soggetto e non come qualita' intrinseca delle cose ritroviamo l'impostazione neokantiana; nella teoria del valore come interazione si rivela invece la relativita' del valore, la sua non assolutezza, la sua storicita': Simmel pertanto opera un'originale combinazione tra le due posizioni.

Queste brevi note rendono  forse possibile comprendere in  che senso il valore culturale e' risoggettivabile. Mentre il valore oggettivo e' in riferimento al mondo delle idee o terzo mondo simmeliano, il valore culturale e' in riferimento al mondo dello forme culturali, al terzo mondo popperiano, nel quale  appunto il valore viene risoggettivato infinite volre.

5.4 Il problema del livello della riflessione sul tema vita-forme: la distinzione tra Leben e Erleben, tra rapporto e contrasto, tra metafisica e psicologia

Questo rapporto tra soggetti e mondo delle forme culturali, che in Cassirer e' privo di conflitti, come abbiamo constatato poco sopra, in Simmel si tramuta in polarita' vita-forme (19), trasformando la forma culturale, l'oggetto, da ponte, da valore, in limite per il soggetto: "La cultura era definita dal fatto che le energie spirituali soggettive acquistano una forma, che diviene in seguito indipendente dal processo creativo della vita, e dal fatto che questa forma viene nuovamente inserita nei processi soggettivi della vita in modo da condurre chi ne costituisce il vettore al compimento del suo essere centrale. Questa corrente, diretta dai soggetti ai soggetti attraverso gli oggetti, in cui un rapporto metafisico tra soggetto e oggetto assume realta' storica, puo' perdere la sua continuita'; l'oggetto puo' in linea di principio [...] abbandonare il suo significato di mediazione e rompere cosi' i ponti per i quali passava la via della sua funzione di cultura." (20). L'oggetto culturale, dunque, per Simmel, cessa  in alcuni casi di essere ponte tra soggetto e soggetto, di avere questa funzione di medium, di essere in altre parole un valore, per trasformarsi in limite oggettivo, la cui oggettivita' e' provata proprio dalla tragicita' con la quale il soggetto empirico vi si scontra (21).

Cosi', se la capacita' di oggettivazione recide ogni legame filogenetico tra l'uomo e gli animali, d'altro canto la crescente complessita' delle forme - dovuta all'accumulo dei contenuti di ognuna e all'intellettualismo dell'epoca moderna,  che  li rende sempre piu' astratti e simbolici -  recide ogni legame tra le forme stesse e l'uomo che pure le ha prodotte. Nel loro complesso esse si stagliano percio' di fronte al soggetto empirico  con una propria autonomia e una propria logica che lo travalicano. Pertanto, la necessita' della forma come necessita' dell'oggettivazione che ad essa conduce se da un lato costituisce l'unica possibilita' di espansione del patrimonio culturale dell'umanita' - si inserisce qui il debito nei confronti di Hegel (22) - , dall'altro trasmuta nella distanza progressiva della vita dalle forme via via che queste aumentano in quantita' e in complessita', colorando di tragico l'esistenza (23). E' in questo senso  che Cavalli rimanda il tema simmeliano del contrasto vita-forme al problema marxiano dell'alienazione (24), alienazione  che in Simmel diviene estraneazione del soggetto dai contenuti spirituali, i quali, cristallizzatisi in forme autonome, lo sovrastano nella loro complessita'.

L'accento drammatico presente nella considerazione simmeliana di questo mondo di forme oggittive e' dato appunto dal contrasto in cui esse vengono a trovarsi rispetto all'Erleben, ossia al flusso della vita individuale. Lo spirito oggettivo della cultura che nella sua estraneita' si scontra con il singolo individuo fa pensare alla concezione nietzscheiana della "storia archeologica", una storia cioe' che non si fa vita, ossia interiorita' pulsante del singolo Erleben, ma rimane estranea e contrapposta ad essa (25).

Cosi', sembra necessario a questo punto  distinguere tra rapporto e contrasto vita-forme. Se e' vero infatti che le forme nascono dalla vita, e dunque non vi e' contrasto reale ma solo trasformazione all'interno della vita stessa, come sia Cassirer che Aron sottolineano (76), pure bisogna porsi il problema del livello al quale le forme debbano essere considerate come emanazioni della vita.

Se ci si pone al livello del Leben, ossia a livello metafisico, senz'altro si devono considerare le forme una promanazione della vita, necessaria perche' la vita stessa si realizzi passando, direi quasi, dalla potenza all'atto. Se e' vero, infatti, come dice Bergson, che la forma e' solo un simbolo della vita, e quindi e' falsa rispetto ad essa, che e' l'unica verita', e' pur vero che la forma e' necessaria perche' la vita "esista" (27). In tal senso il contrasto forma-vita e' risolvibile e assume anzi valore positivo (28) per la vita, perche' ne stimola lo sviluppo (59). Mentre la forma e' dominata dall'idea e da questa riceve coerenza e stabilita', la vita non si lascia imbrigliare dall'idea, perche', di fronte al movimento incessante che la caratterizza, la persistenza della forma scompare e viene travolta. Questa chiave di lettura di un piano metafisico del Leben sul quale il contrasto tra vita e forme e' risolvibile consente di sostenere che l'oggettivazione e' il movimento dialettico attraverso cui la vita, divenendo piu' che vita, diviene piu' vita (30), facendo rientrare in se' tutte le opposizioni e tutti i conflitti (31). Infatti, "Simmel [...] 'non contrappone i contenuti della vita secondo un criterio definitivo con un segno positivo o negativo, ma li dispone tutti in un'unica serie positiva'" (32), assegnando pertanto per un verso legittimita' a tutte le forme in cui la vita si oggettiva, e per l'altro, nel contempo, provvisorieta' ad ogni sintesi, nncessantemente aperta a nuovi cicli dialettici (33).In tal senso, il momento della tesi sarebbe rappresentato dalla vita intesa come Erleben e quello dell'antitesi dalle forme (piu' che vita), mentre il superamento del contrasto nella sintesi sarebbe inverato dalla Vita intesa come Leben (piu' vita) che si autotrascende. Quest'interpretazione  darebbe  al rapporto Simmel/Hegel un nuovo significato, altre quello che tradizionalmente accomuna le forme della cultura allo spirito oggettivo. Infatti, "Gia' Jankelevitch, nel suo prezioso saggio del 1925 [34], scriveva che 'l'eredita' hegeliana sembra aver lasciato tracce in questa metafisica della cultura che esige che la vita sviluppi immediatamente la sua negazione e l'assomna in una sintesi assoluta.' [...] Il tema della vita e' dominante nella Fenomenopogia dello Spirito. 'La vita non e' un genere accanto agli altri e neppure il genere sommo al di sopra degli altri, bensi' il genere semplicemente, e anzi con riferimento al fatto che il genere e' l'unico accadere in cui la vera universalita' si realizza in modo vero, l'unita' unificante si specifica in diverse forme reali senza essere spezzata' [...]." (35). In questo senso, l'essere cbe noi attribuiamo alla forma e' dunqce una pura idealita', una coerenza logica ma non reale di elementi che sone invece in continuo movimento. E' questo l'unico vero essere: la vita. "Nessuno saprebbe dire che cosa sia veramehte questo essere che distingue l'oggetto reale dal suo contenuto [...] meramente logico. Questo essere [...] appare come la corrente calda della vita, che si versa negli schemi dei concetti delle cose [...] senza badare al fatto che il loro contenuto e il loro comportamento siano diversi e reciprocamente ostili." (36). Il conflitto potrebbe allora a questo livello essere considerato analogo al contrasto tra inteltetto e Leben inteso schopenhauerianamente come Volonta' che tutto riassorbe e travolge.  "La totalita' si scinde nella contrapposizione polare tra [...] le rigide forme [...] da una parte, e l'incessante infrazione delle forme appena irrigidite, il costante mutamento [...] dall'altra." (37). Secondo tale lettura, il riferimento a Bergson e' per Simmel la possibilita' di andare ancora piu' indietro nell'esperienza (38): se il neokantismo e l'oggettivazione lo allontanavano dal realismo conoscitivo per approdare al simbolo, Bergson e il flusso vitale lo allontanano dal simbolo per approdare al suo fondamento, il Leben. Cosi', se, come si e' or ora visto, ponendosi al livello del Leben il conflitto e' risolvibile, se ci si pone a livello di Erleben, ossia non di vita come  flusso universale inteso alla maniera bergsoniana, ma di vita vissuta individuale, il conflitto tra vita e forme diviene insanabile, diviene tragedia, perche' si gioca sul livello empirico del singolo individuo, sul livello storico-psicologico (39), (anche se e' necessario sottolineare che nell'ultimo Simmel il conflitto non si situera' piu' solo al livello di Erleben, ma si polarizzera' ontologizzandosi a livello metafisico: tutta l'oggettivita' da una parte e tutta la soggettivita' dall'altra). In tal senso il conflitto potrebbe venir considerato analogo al contrasto  tra universalizzazione e individualizzazione,  norma e liberta', sostanza e funzione, oggettivita' e soggettivita'.

Cosicche', mentre l'umanita' tutta riesce attraverso la cultura a dominare sempre piu' la natura, il singolo non riesce a dominare la cultura. Livello universale - metafisico - e livello individuale - empirico - danno ognuno del contrasto vita-forme une propria lettura secondo prospettive diverse, ma, come sempre in Simmel, non esclusive: dal punto di vista del Leben, il contrasto assume un significato e un contenuto diversi che dal punto di vista dell'Erleben. 

5.5 Conclusioni: inversione di lettura dal Simmel epistemologo al Simmel metafisico. I gradi di oggettivazione del Leben.

Questa deviazione del discorso in direzione metafisica mi consente di aprire a una possibile lettura in questa  chiave di tutto il percorso sin qui esperito  nel pensiero simmeliano. In tal senso appaiono illuminanti alcune riflessioni di Kracauer. Nel suggerire che la tensione verso il "dominio della totalita'",  sotteso a tutto il pensiero simmeliano, e' propria sia della metafisica che dell'epistemologia, il critico infatti afferma che Simmel: "[...] per raggiungere il suo scopo percorre due vie: la via della teoria della conoscenza e quello metafisica. La prima lo porta al relativismo negatore dell'assoluto, alla rinuncia di una sua propria comprensione della totalita' e alla raffigurazione di molteplici immagini tipiche del mondo. La seconda sfocia in una metafisica della vita, in un grandioso tentativo di analizzare il mondo dei fenomeni a partire da un principio assoluto." (40). Per Kracauer dunque epistemologia e metafisica sono due metodi paralleli e non   esaustivi  per abbracciare la totalita' del reale, metodi di cui il primo ha appunto condotto a quel prospettivismo conoscitivo cui qui si e' piu' volte concluso nell'esaminare la teoria della conoscenza di Simmel.

Dopo esserci dunque garantiti sulla liceita' di una tale dualita' di letture del pensiero simmeliano, si puo' ora per brevi cenni tentare di indicare alcune possibili  linee di lavoro per un itinerario in chiave metafisica nell'opera qell'Autore, e concludere cosi' la nostra ricerca epistemologica.   

Nel parallelo tra Simmel e Spinoza fatto nel terzo capitolo a proposito di essere e valore come i due modi nei quali si estrinseca una stessa sostanza, non si e' approfondito ulteriormente l'argomento.  Infatti si sarebbero potuti indagare sia il significato che Simmel attribuisce a tale sostanza, sia il movimento secondo cui essa si estrinseca.

Anche se in Simmel non si riscontra, come ad esempio in Hegel, un movimento della sostanza assoluta secondo stadi fissi e immutabili che racchiudono la ricchezza del reale in un sistema - e cio' rientra perfettamente in  quell'asistematicita'  e apertura di pensiero che lo caratterizzano -, pure e' forse possibile individuare una legge di movimento che determina i gradi attraverso i quali quella sostanza si estrinseca.

Ma prima di tutto e' necessario, per poter proseguire questa lettura di un Simmel forse inconsapevolmente metafisico in tutta la sua opera e non solo nell'ultima fase del suo pensiero, esplicitare a quale sostanza Simmel si riferisca quando propone un parallelo con Spinoza: quest'inconoscibile che nell'oggettivarsi "si fa" mondo e' il Leben, il vero simbolo metafisico, il flusso vitale inarrestabile che nella sua stessa essenza e' movimento puro.

Il processo di oggettivazione cui sin qui il mio lavoro ha fatto riferimento leggendolo in chiave epistemologica puo' quindi essere letto in chiave metafisica come processo di oggettivazione del Leben.

E' possirile dunque forse individuare nel dualismo tra essere e valore il primo passaggio della legge di movimento della sostanza che conduce alle forze del  reale. In quest'interpretazione essere e valore sarebbero cosi' i due modi attraverso i quali avviene ia passaggio  dal  livello  metafisico del Leben al livello empirico dei molteplici Erleben.

A loro volta essere e valore, che al livello del Leben sono i modi del suo estrinsecarsi, al livello degli Erleben devono ulteriormente specificarsi in categorie  o norme originarie degli Erleben - estetiche, religiose, giuridiche, ecc. - perche' ciascuno  di essi possa costituirsi la propria visione del mondo. Con queste forme avverrebbe cioe' il passaggio dall'unita' dell'Erleben alla molteplicita' degli Erlebnisse. Mentre  dal punto di vista del processo, del movimento, le forme  sono categorie psicologiche originarie, dal punto di vista dell'oggetto, del risultato, secondo il modo dell'essere danno vita al diritto, alla religione, ecc., secondo il modo del valore costituiscono le forme oggettive della cultura attraverso le quali si oggettiva il Leben inafferrabile.

L'irrigidimento cui questa lettura conduce il pensiero simmeliano viene forse attenuato dalla considerazione che la legge di movimento qui solo intuitivamente abbozzata indicherebbe non gia' i contenuti, ossia gli stadi fissi di Hegel  o di Cassirer (41), ma soltanto i gradi   di   oggettivazione del Leben (42). Il passo che segue sembrerebbe poter confermare quanto fin qui supposto: "La cultura non avviene per un fine che la 'comprende'. Cassirer vede bene nella Fenomenologia hegeliana quell'unificazione che in realta' divide in quadri, atti, pieces il suo insieme. [...] L'introduzione di una necessita' che fonda ed esclude richiede che essa sia a sua volta pensata 'fuori' o 'piu' in la''. E' il segreto di ogni metafisica che gradualizza, gerarchizza. Ma se questo luogo fuori mostra d'essere superfluo, un debito teologico che la coscienza filosofica decide che e' saldato, allora l'oggetto necessitato diviene auto-teleologico. Nel caso della cultura cadono le gradualita' - arte, religione, filosofia - e restano le variabili come coesistenti. Le forme sono 'formazioni storiche che non accolgono mai in modo assolutamente adeguato la totalita' di quanto il mondo contiene', ma sono certamente tutto cio' che ha senso in un'unita', indederminata, di tempo, anche se, proprio per il fatto di non essere esaustive delle possibilita', sono variabili." (40). Cio' esclude il pericolo di trovarsi di fronte ad una filosofia della storia:   Simmel  non  ha  una  concezione  della storia finalisticamente intesa, che procede in modo lineare con stadi fissi individuabili con precisione, come avviene invece in Cassirer e Hegel. La storia e' per lui soltanto un continuo divenire, un processo di differenziazione verso forme sempro piu' complesse, una forma il cui contenuto non e' predeterminato ne' predeterminabile aprioristicamente, ed e' quindi un risultato sempre aperto: essa procede asintoticamente.  In questa impostazione, oltreche' nella polarizzazione metafisica tra vita e forme, consiste la modernita' del pensiero simmeliano. Tra metafisica e psicologia si inserisce dunque l'epistemologia: tra Leben e Erleben le forme, nel loro contenuto logico, hanno costituito il nucleo focale del mio itinerario di ricerca. Ora puo' forse emergere in tutte le sue sfaccettature la legittimita' di una lettura epistemologica del pensiero simmeliano.

Abstract:

La logica dell'oggettivazione del valore e la logica dell'oggettivazione dell'essere: l'interrelazione con la vita e il movimento interno alla conoscenza come forma-valore. Forme oggettive della cultura e terzo mondo popperiano. L'intersoggettivita' della forma culturale e la sua dinamicita'. Valore della forma (culturale) e valore del suo contenxto (logico). Logica culturale e logica concettuale: l'oggetto come essere-per-noi e come essere-per-se'. Scambio e formazione del valore: il valore come sacrificio. Simmel in rapporto all'assolutezza del valore: il relativismo fondato nel Giudizio di un soggetto empirico-trascendentale. Oggettivita' e intrinsecita' del valore come risultati di un processo di oggettivazione: un paragone con Rickert. La trasformazione della forma culturale da ponte a limite per il soggetto: la tragicita' del rapporto vita-forme. Il piano del Leben: il contrasto vita-forme come rapporto di antitesi dialettica e il rimando a Hegel. Il piano dell'Erleben: il contrasto vita-forme diviene irrisolvibile. Simmel filosofo della totalita' asistematica, epistemologicamente e metafisicamente: la legge di movimento della sostanza come legge di oggettivazione del Leben. I gradi dell'oggettivazione: essere e valore a livello del Leben come modi, dell'Erleben come forme. La differenza con Hegel e con Cassirer: i gradi dell'oggettivazione nelle forme sono variabili nel loro contenuto. La legittimita' di una lettura epistemologica tra metafisica e psicologia: le forme nel loro contenuto logico tra Leben e Erleben.  

 

Note al  capitolo quinto

1: Si puo' fare riferimento, tra gli altri,  agli scritti:I problemi della filosofia della storia cit., Einleitung in die Moralwissesschaft. Eine Kritik der ethischen Grundbegriffe, Hertz, Berlin, 1892-1896, Schopenhauer e Nietzsche, Paravia, Torino, 1923, Il conflitto della cultura moderna e altri saggi cit., Brucke und Tur. Essays des Philosophen zur Geschichte, Religion, Kunst und Gesellschaft, Koehler, Stuttgart, 1957, L 'etica e i problemi della cultura moderna cit., Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici cit., ecc.

2: Tra la bibliografia critica su questo argomento vorrei ricordare, oltre alle introduzioni spesso illustri apposte alle opere simmeliane, come quelle di Banfi: Bauer I., Die Tragik in der Oxistenz des modernen Menschen bei Georg Simmel, Duncker&Humblot, Berlin, 1962, Calabro' G., "Situazione e decisazione. Sui conflitti morali in Georg Simmel", in AA.VV., L'etica della situazione, Guida, Napoli, 1968, Cassirer E., Sulla logica delle scienze della cultura, La Nuova Italia , Firenze, 1979, Cavalli A., "Scambio e valore nel pensiero di Georg Simmel", in Riv. "Il Politico", XLIA, sett.1977, Pavia, Dal Lago A., "Georg Simmel. Conflitto e tragedia", in Idem, Il politeismo moderno, Unicopli, Milano, 1985, D'Anna V., Georg Simmel cit., Habermas J., "Simmel come diagnostico del tempo", in Riv. "Laboratorio di Sociologia", n.7, 1988, Landmann M., "Konflikt und Tragodie. Zur Philosophie Georg Simmels", in Riv. "Zeitschrift fur philosophische Forschung", 1951-52, Muller H., Lebensphilosophie und Religion bei Georg Simmel, Duncker&Humblot, Berlin-Munqcen, 1960, ecc.

3: Simmel considera il reale una forma, una categoria della vita accanto al concettuale, l'artistico, il valutativo, ecc. Cfr. Simmel G., Intuizione della vita cit., p.171 sg.

4: Idem, Il conflitto della cultura moderna cit., p.105.

5: Idem, Filosofia del denaro cit., p.636 sg.

6: Cfr. Cavalli A., Introduzione a Ibidem, p.31 sgg. Nel chiarire l'accezione epistemologica in cui si assumeva in questa sede il concetto dd oggettivazione, si era gia' fatto riferimento al diverso significato datogli da Cavalli. Vedi cap.III, par.3.1 del  presente lavoro.

7: Cassirer E., Sulla logica delle scienze della cultura, La Nuova Italia , Firenze, 1979, p.103.

8: Ibid., p.106.

9: Cfr. Simmel G., Arte e civilta' cit., p.92, e in gen. pp.90-97.

10: Ibid., p.103.

11: La si e' ampiamente descritta nei capp.III e IV di questo lavoro.  Simmel afferma che nella creazione di un'opera il soggetto guarda al significato obiettivo, all'idea di quell'opera,  e non al suo  valore culturale. Cfr. Ibid., p.107.

12: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.22-39.

13: Cfr., anche per il proseguimento del discorso, Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.129-137.

14: Ibid., p.131.

15: Ivi.

16: Ibid., p.106.

17: Ibid., p.119.

18: Ibid., p.513.

19: Partendo proprio dal contrasto vita-forme, Dino Formaggio da' una nuova lettura di Simmel come filosofo della controprassi, rappresentata dalla forma che si oppone alla prassi della vita sino a ucciderla. La vita avrebbe dunque dentro di se' un impulso di morte, un'antivita che le si opporrebbe come nella freudiana lotta tra Eros e Thanatos. Cfr. Formaggio D., Introduzione a Simmel G., Arte e civilta' cit., pp.10-12.    La   conferma   simmeliana    a   questa   strana

interpretazione e' nel bellissimo saggio "Metafisica della morte", in cui Simmel tra l'altro dice che la forma, come  confine della cosa, ha rapporto con il suo Non-piu'-essere. Vedi Simmel G., Arte e civilta' cit., in partc. p.67.

20: Cfr. Ibid., p.100.

21: Cfr. Idem, Intuizione della vita cit., p.112.

22: Le forme oggettive della cultura di cui parla Simmel sono state paragonate da molti suoi critici  allo spirito oggettivo di Hegel. Tra gli altri, Racinaro, che, riferendosi al Simmel dei Problemi fondamentali della filosofia, considera lo spirito oggettivo di Hegel la categoria che rende possibile a Simmel l'individuazione del concetto di vita come mediatore tra gnoseologia e metafisica. Cfr. Racinaro R., Il futuro della memoria cit., p.231, e piu' in gen. le pp.232 sgg.; e ancora Cfr. Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.31 sg.

23: Cfr. Simmel G., Filosofia del denaro cit., p. 634 sg.

24: Come si e' gia' ricordato nel cap.IAI, n.1, a questo tema dell'alienazione e al rapporto Simmel-Marx Cavalli dedica un paragrafo della sua introduzione alla Filosofia del denaro. Cfr. Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.31-37.

25: Cfr. il saggio di Simmel G., "La metropoli e la vita mentale", contenuto in Wright Mills C., Immagini dell'uomo cit., passim.

26: Cfr. Cassirer E., Sulla logica delle scienze della cultura cit., p.100 sg., e Arpn J.P., La philosophie critique de l'histoire. Essai sur une theorie allemande de l'histoire (oppure:la theorie de l'histoire dans l'Allemagne contemporaine), Vrin, Paris, 1966, cap.III pp.159-218 e nota p.307.

27: E' questa la critica che Simmel muove a Bergson. Cfr. Simmel G., "Henry Bergson" cit., p.91 sg. A proposito di questo saggio, Raymond Aron, nell'op. cit., afferma che l'influenza di Bergson su Simmel si arresta alla centralita' del concetto di vita, e non comprende anche l'inclusione all'interno di tale concetto del contrasto vita-forme come necessario modo della vita di esistere. Per questo rapporto tra forma e attivita', e per la necessita' dell'oggettivazione in una forma, vedi cap.III, par.3.5

28: Mi sembra interessante ricordare che dal punto di vista sociologico Simmel da' al conflitto un valore positivo:   rappresenta anch'esso una forma di associazione, una forma di interazione reciproca tra individui, perche' e' dotato di un'unita' di senso che soltanto l'apparenza non svela. Cfr. Simmel G., Sociologia cit.

29: E' questa quella che viene considerata la svolta matafisica dell'ultimo Simmel, il Simmel dell'Intuizione della vita.

30: Cfc. Simmel G., Intuizione della vita cit., p.111 sg.

31: In cio' il Leben potrebbe esser considerato analogo all'universale.

32: Cfr. Calabro' G., Introduzione a Simmel G., L'etica e i problemi della cultura moderna cit., p.22.

33: Introducendo implicitamente una lettura dialettica del rapporto vita-forme, Calabro' sottolinea che e' necessario "escludere ogni sintesi risolutrice e pacificatrice". Cfr. Ibid., p.28.

34: Cfr. Jankelevitch V., "Georg Simmel. Philosophie de la vie", in Riv. "Revue de Metaphisique et de Morale", 32, pp.213-257 e pp.373-366.

35: Papi F., Prefazione a Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit., p. XXXV.

36: Cfr. Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.692-697, pp.714-718 e citaz. p.699.

37: Cfr. Kracauer S., La massa come ornamento cit., p.50.

38: Vedi Racinaro R., Il futuro della memoria cit., p.233.

39: In riferimento alla n.29, questo e' invece il livello che include anche le analisi sociologiche di Simmel, a partire dalla Filosofia del denaro.

70: Cfr. Kracauer S., La massa come ornamento cit., p.49 e, per la citaz., p.50.

41: Vedi lo sviluppo delle forme simboliche in Cassirer E., Filosofia delle forme simboliche, La Nuova Italia , Firenze, 1961.

42: Nonostante cio', Papi afferma che nelle forme oggettive di Simmel "Non c'e' reale indipendenza teorica sul modello concettuale dell'idealismo hegeliano." Cfr. Papi F., Prefazione a Simmel G., I problemi fondamentali della filosofia cit., p.XXXVII.

43: Cfr. Ibid., p. XXII.  

 

Nota bibliografica Opere dall'Autore

Per le opere dell'Autore, si e' seguito il solo criterio cronologico, lasciando alle regole bibliografiche usate il compito di rendere possibile la distinzione tra saggi, articoli, opuscoli e volumi.

Si e' pero' contemporaneamente voluto dare rilievo a quei saggi, articoli e opuscoli tradotti in miscellanee italiane, anche se cio' ha provocato a volte la ripetizione di alcuni titoli in originale, perche' inclusi in piu' miscellanee. Cosi', si sono citati i titoli in lingua originale, seguiti dalla sede della loro prima pubblicazione, ma, proprio per dare risalto  alle raccolte disponibili in lingua italiana, si e' preso, come riferimento cronologico per la posizione nell'elenco bibliografico, il primo titolo che compare nel volume in italiano, a cui fanno seguito tutti gli altri secondo il loro ordine nel medesimo volume. Cio' ha comportato che spesso alcuni saggi, opuscoli o articoli pubblicati in lingua originale in anni piu' tardi si trovino nell'elenco, per la loro presenza in tali miscellanee italiane, in posizione avanzata rispetto ad altri, scritti invece dall'Autore in precedenza.

Per quanto riguarda il titolo in italiano di saggi, opuscoli o articoli confluiti in volumi miscellanei ovviamente nella nostra lingua, lo si e' riportato soltanto nei casi in cui il volume miscellaneo nel quale compaiono comprende non solo "pezzi" dell'Autore, ma anche di altri.

Yorrei precisare, inoltre, che la bibliografia delle opere di Simmel, cosi' come quella sulla letteratura critica che a lui fa riferimento, qui di seguito riportate, comprendono non soltanto i titoli consultati, ma anche numerosi altri, pur non volendo tali bibliografie risultare in alcun mido esaustive del materiale a disposizione degli studiosi, che e' vastissimo in ognuno dei due settori. Per maggiori approfondimenti, si rimanda percio' all'accurata "Nota bibliogracica" di Lucio Perucchi, inclusa nella Filosofia del denaro, oppure al classico Buch des Dankes an Georg Simmel, a cura di Michael Landmann e Margarithe Susman.

Infine, vorrei segnalare, tra la letteratura critica, un recentissimo volume sull'epistemologia simmeliana di cui mi e' giunta voce, ma di cui pero' posso soltanto sfortunatamente fornire il luogo di pubblibazione, Monaco.

SIMMEL G.,        Uber Soziale Differenzierung.

                        Soziologische und Psychologische Untersuchungen, Duncker&Humblot,                         Leipzig, 1890, trad.if. 

                        La differenziazione sociale, Laterza, Bari, 1982.

                                          Die Probleme der Geschhchtsphilosophie, Duncker&Humblot, Leipzig ,                         1892, trad.it.                         

                        I problemi della filosofia della storia, Marietti, Casale Monferrato, 1982.

                                          "Von den psychologischen Voraussetzungen in der

                        Geschichtsforschung", in Die

                                           Probleme der Geschichtsphilosophie,

                         Duncker&Humblot, Leipzig , 1892, trad. it. 

                        "I prusupposti psicologici della ricerca storica"; 

                        "Das Problem der Soziologie", in Soziologie. Untersuchungen uber die                          Formen der Gergesellschaft, 1908, trad. it. 

                        "Il problema della  sociologia" 

                        e Vom Wesen des historischen verstehens,        

                        Berlin, 1918, trad. it. 

                        "L'essenza del  comprendere storico", 

                        tutti tradotti in it. in Rossi Pietro (a cura di), 

                        Lo storicismo tedesco, Utet, Torino, 1977.

                        Einleitung in die Moralwissenschaft. 

                        Eine Kritik der ethischen Grundbegriffe,

                                          Hertz, Berlin , 1892-1893.

                                          "Das Problem der Soziologie", 

                        in Riv. "Jahrbuch fur Gesetzebung, Verwaltung 

                        und Volkswirtschaft im Deutschen Reich", XVIII, 1894; 

                       "Exkurs uber das Problem:

                                        wie ist die Gesellschaft moglich?", in Soziologie. 

                       Untersuchungen uber sie Formen der Vergesellschaftung,

                                        Duncker&Humblot, Leipzig und Berlin ,1908; 

                      "Comment les formes sociales se xaintiennent", in Riv. 

                      "L'Annee Sociologique", I, 1896-1897; 

                      "Der Streit", in Soziozogie. Untersuchungen uber die Formen der

                      Vergesellschaftung, Duncker&Bumblot, Leipzig-Berlin, 1908;

                                       Der Konflikt der modernen Kultur, Duncker&Hdmblot, 

                      Munchen-Leipzig, 1918;

                      tutti tradotti in Il conflitto della cultura moderna e altri saggi, Roma, 1976.

                      "Uber eine Beziehung der Selektionstheorie zur Erkennitnistheorie", 

                      in Riv. "Archiv fur systematische Philosonhie", I, 1895.

                                     "Die Soziologie der Religion", in Riv. "Neue Deutsche Rundschau", IP, 1898,                       trad. ingl. Sociology of Religion,

                      Philosophical Library, New York , 1960

                                      Philosophie des Geldes, Duncker&Humblot, Leipzig, 1900, 

                      trad.it. Filosofia del denaro, Utet, Torino , 1984.

                                    "De la religion au point de vue de la theorie de la connaissance", in

                                    "Bibliotheque du Congres Internationale de Philosophie", Paris , 1903.

                                    "Die Grossstadte und das Geistesleben", 

                      in Riv. "Jahrbuch der Gehe-Stiftung",IX, 1903, 

                      trad. it. "La metropoli e la vita spirituale",in Maldonado T. (a cura di),                       Tecnica e cultura, Feltrinelli, Milano, 1979; 

                      e anche "La metropoli e la vita mentale", in Wright-Mills C. (a cura di),                       Immagini dell'uomo, Ed. di Comunita', Milano, 1982.

                                       Kant. Sechzen Vorlesungen gehalt en an der Berliner

                      Universitat,Duncker&Humblot, Leipzig , 1904, trad.it.

                                      Kant. Sedici lezioni berlinesi, Unicopli, Milano, 1987.

                                      Philosophie der mode, Berlin, 1905,ediz. accresciuta col titolo 

                      "Die mode", in Philosophische Kultur. Gesammelte Essais, Leipzig, 1911,                       trad.it. La moda, Ed. Riuniti, Roma, 1985, e anche La moda e altri saggi di                       cultura filosofica, Longanesi, Milano, 1985.

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                                    "Soziologie der uber - und Unterordnung", 

                     in Riv. "Archiv fur Sozialwissenschaft und Sozialpolitik", XXIV, 1907, 

                     trad.it. Il dominio, Bulzoni, Roma, 1979.

                                     Schopenhauer und Nietzsche. 

                     Ein Vortrageyklfs, Duncker&Humblot, Leipzig , 1907, 

                     trad.it. Schopenhauer e Nietzsche, Paravia, Torino, 1923.

                     Soziologie. Untersuckungen uber die   

                     Formen der Vergeselnschaftung, Duncker&Humblot, 

                     Leipzig und Berlin , 1908, trad.it. Sociologia, 

                     Ed. di Comunita', Milano, 1989.

                     "Brucke und Tur", in Riv. "Der Tag",

Berlin , 1909, e in Brucke und Tur. Essays des Philosophen sur Geschichte, Religion, Kunst und Gesellschaft, Koehler, Stuttgart, 1956; "Aus dem nachgelassenem Tagebuche", in Fragmente und Aufsatze aus dem Nachlass und Veroffentlichungen der setzten Jahre, Hildesheim, Munchen, 1023,"Das Christentum und die Kunst", in Riv. "Morgen", I, 1907; "Germanischer und klassisch-romanischer Stil", 

                     in Riv. "Der Tag", Berlin, 1918; 

                     "Der Schauspieler und die Wirklichkeit", 

                     in Riv. "Berliner Tageblatt", 1912; "L'art pour l'art", 

                     in Riv. "Der Tag", Berlin , 1914;

"Gesetzmassigkeht im Kunstwerk", in Fragmente und Aufkatze aus dem Nachlass und Veroffennlichungen der letzten Jahre, Hildesheim , Munchen, 1923; "Zum Problem  des Naturalismus" in Fragmente und Aufsatze aus dem Nachlass und Veroffentlichungen der letzten Jahre,

                      Hildesheim, Munchen, 1923; tutti compresi nella 

                      trad.it. Saggi di Estetica, Liviana, Padova, 1970.     

                      Hauptprobleme der Philosophie, Goschen, Leipzig , 1910, 

                      trad. it.   I problemi fondamentali della filosofia, Vallecchi, Firenze, 1922, 

                      e anche ILI, Milano, 1972.

                      Philosophische Kultur. Gesammelte Essais, Wagenbach , Berlin , 1

                      "Die Ruine", 1911, 

                      trad.it. "La rovina", in "Rivista di Estetica", XXI, n.8, 4981.

                                     "Die mode", in Philosophische Kultur. Gesammelte Essais, Leipzig, 1911;  

                                     "Sociologische Aesthetik", in Riv. "Die Zukunft", XVII, 1896; 

                     "Nietzsche und Kant", in Riv. "Frankfurter Zeitung", 1906; 

                      "Uber die dritte Dimension in der Kunst", 

                      in Riv. "Zeitschrift fur Aesthetik und allgemaine Kunstwissenschaft", I,                       1206; "Zur Methaphysik des Todes",

                      in Riv. "Logos.Internationale Zeitschrift sur Philosophie der Kultur", I,                       1910-1951;

                                    "Der Henkel", in Philosophische Kultur. Gesammelte Essais, Wagenbach ,                       Berlin , 1911; 

                    "Der Begriff und die Tragodye der Kultur", 

                     in Riv. "Logos. Internationale Zeitschrift fur Philosophie der Kultur", II,                      1911-1912, tutti compresi nella trad. 

                     it. Arte e civilta', ISEDI, Milano, 1976.            

                     "Ethik und Probleme der modernen Kultur", 

                     in Riv. "Philosophische Studien", I, 1913, Berlin, trad.it. 

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                                     "Henry Bergson", in Riv. "Die Guldenkammer", IV, 1913-14, 

                    trad. in "Aut Aut", nov.-dic. 1984, Firenze .

                  Rembrandt. Ein Kunstphilosophischer Verbuch, Leipzig , 1916, 

                  trad. it. Rembrandt.  L'arte  religioso-creatrice, Doxa, Roma, 1934

                               "Das Problem der Historische Zeit", Reuther , Berlin , 1916, 

                  trad.it. "Il problema del tempo storico" e 

                  "Die Historische Formung", in Riv. "Logos", VII, 1917, 

                  trad.it. "La forma della storia", in Idem, La forma della storia,

                                Ed. 10/17, Salerno, 1987, a cura di F.Desideri.

                     Der Krieg und die geistigen Entscheidungen. 

                     Reaen und Aufsatze, Munchen-Leipzig, 1917.

                                    Grundfragen der Soziologie (Indiciduum und Gesellschaft), Goschen

                     Bedlin-Leipzig, 1917, trad.it. Forme e giochi di societa'. 

                     Problemi fondamentali della sociologia, Feltrinelli, Milano, 1983; 

                     il cap. IV dell'opera originale, "Individuum und Gesellschaft", e' 

                     trad. in it. col titolo "Individuo e societa'", 

                     in Riv. "Controcorrente", n.4, ott.-dic. 1974

                                    Der Konflikt der modernen Kultur, Duncker&Humblot, 

                     Munchen-Leipzig, 1918, 

                    trad. it. Il conflitto della civilta' moderna, Bocca, Torino, 1925; 

                    e anche Il conflitto della cultura moderna e altri saggi, Bulzoni, Roma, 1976.

                    Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, Duncker&Humblot,                                         Munchen-Leipzig, 1918, 

                    trad.it. Intuizione della Vita. 

                    Quattro capitoli metafisici, Bompiani, Milano, 1938.

                    "Fragmente uber Biebe. Aus dem Nachlass Georg Simmels", 

                    in Riv. "Logos", X, 1921-1922 e poi, col titolo "Uber die Liebe (Fragment)",                                         in Fragmente und Aufsatze aus dem Nachlass 

                    und Veroffentlichungen der letzten                             

                                   Jahre, Hildesheim ,Munchen,1923, trad.it. 

                    Frammento sull'amore, Athena, Milano, s.d. (1927).

                    Il relativismo, Carabba, Lanciano, 1922.

                    Brucke und Tur. Essays der Philosophen zur Geschichte, Religion, 

                    Kunst und Gesellschaft, (a cura di Kusman M., Landmann M.), Koehler,                                         Stuttgart, 1957.

                    Il volto e il ritratto. Saggi sull'arte, Il Mulino, Bologna, 1985.

                                  "Alcune lettere di Georg Simmel a R. Michels", 

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                   SIMMEL G., TONNIES F.,  "Marxismo, filosofia della vita e sociologia                                       formalistica", in Coser L.A. (a cura di), 

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                   Letteratura critica

AA.VV.         "Emile  Durkheim-Georg Simmel 1838-1958", in Riv. "American Journal                     of                    Sociology",

                                   n.6, Chicago University Press, Chicago, 1957-1958.

                                   "Studi su Georg Simmel", numero monografico della Riv. "Rassegna                     Italiana                     di Sociologia", XXX, a.4, ott.-dic. 1989. 

                    I singoli saggi vengono citati sotto i rispettivi autori.

ACCARINO B., "Il fidanzamento sociale. Sfera pubblica e decisione individiale in Georg                                          Simmel", in Riv. "Il Centauro", n.1, 198

                    La democrazia insicura. Etica e politica in Georg Simmel, Guida, 

                    Napoli, 1982

                                   Introduzione a Simmel G., La differenziazione sociale, Laterza, Bari, 1982.

ALBERT H.,    Traktat uber Krytische Vernunft, Mohr, Tubingen , 1979.

ARON R.,       La  philosophie critique de l'histoire. Essais sur une theorie allemande de                                         l'histoire, Vrin, Paris, 1964.

ATOJI Y.,      Georg Simmel and  Max  Weber, in Riv. "Sociologica", VII, n.2, 1982.          

BANFI A.,       "Il pensiero filosofico e pedagogico di Georg Simmel", 

                    in "Rivista pedagogiga", n.4, 1931.

                                   "Introduzione" a Simmel G., Rembrandt. 

                    L'arte religioso-creatrice, Doxa, Roma, 1931.

                    "Simmel e la filosofia della vita", in Simmel G., Intuizione della vita. 

                    Quattro capitoli metafisici, Bompiani, Milano, 1938, ristampato in Idem,                                         Filosofi contemporanei, Parrenti, Milano-Firenze, 1961.

                    La filosofia degli ultimi 50 anni, La Goliardica, Milano, 1957.

                                 "Il relativismo critico e l'intuizione filosofica della vita nel pensiero diGeorg                                         Simmel", in Simmel G., 

                    I problemi fondamentali della filosofia, ILI, Milano, 1972.

BAUER I. ,      Die  Tragik in der Existenz des modernen Menschen bei Georg 

                    Simmel, Duncker & Humblot , Berlin , 1962.

BLUMEMBERG H., "Gold oder Leben", in Bohringer H., Grundee K. (a cura di), Aesthetic                                          und Soziologie um die Jahrhundertwende: 

                    Georg Simmel, Klostermann, Frankfurt a.M., 1978

BOELLA L.,     Dietro il paesaggio, Unicopli, Milano, 1989.

BOHRINGER H., GRUNDER K. (a cura di), Aesthetic und Soziologie um die   Jahrhundertwende: Georg                       Simmel, Klostermann, Frankfurt a.M., 1978.

BOUDON R.,     "La teoria della conoscenza nella 'Filosofia del denaro' di Simmel", in

                        Riv. "Rassegna Italiana di Sociologia", UXX, n.4, 0tt.-dic. 1989.

CACCIARI M.,    "Introduzione" a Simmel G., Saggi di Estetica, Liviana, Padova, 1970.

         (a cura di), Metropolis. Saggi sulla grande citta' di Sombart, 

         Endel, Scheffler e Simmel, Officina, Roma, 1973.

CALABRO' G.,     "Introduzione" a Simmel G., L'etica e i problemi della cultura                         moderna,                        Guida, Napoli, 1968.

                       "Situazione e decisazione. Sui conflitti morali in Georg Simmel", in AA.VV.,                        L'etica della situazione, Guida, Napoli, 1974.

CASSIRER E.,     Filosofia delle forme simboliche

                        La NuovaItalia , Firenze,1961.                       

                                          Sostanza e funzione, La Nuova Italia ,  Firenze, 1973.

                                          Storia della filosofia moderna, Einaudi, Torino, 1978, voll. I-IV.

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